Era un discorso inneggiante alla libertà e all’uguaglianza quello che Ayaan Hirsi Ali, intellettuale somala nota per la difesa dei diritti delle donne e la polemica contro l’islamismo, che doveva essere insignita di una laurea honoris causa dall’Ateneo. Ma, come ha riportato nei giorni scorsi Il Foglio, una rivolta dei docenti e degli studenti contro “l’islamofobia” di Hirsi Ali ha costretto l’università a ritirare il titolo.
Un insulto, questo, alla storia della celebre Università, fondata dopo l’Olocausto.
Il discorso che avrebbe dovuto tenere Ayaan Hirsi Ali
Di seguito pubblichiamo uno stralcio del discorso che avrebbe dovuto tenere, da cui si può rendersi chiaramente conto di quanto insensata sia l’accusa di “islamofobia”.
“La mal definita primavera araba è stata una rivoluzione piena di delusioni. Penso tuttavia che abbia creato l’opportunità di sfidare le forme di autorità tradizionale – compresa l’autorità patriarcale –, e perfino di mettere in discussione le giustificazioni religiose per l’oppressione delle donne. Ma per soddisfare questa opportunità, noi occidentali dobbiamo offrire la giusta dose di aiuto. Esattamente come la città di Boston un tempo è stata la culla di un nuovo ideale di libertà, dobbiamo ritornare alle nostre radici diventando ancora una volta il faro del libero pensiero e della libertà del Ventunesimo secolo. Davanti a un’ingiustizia dobbiamo reagire, non soltanto con la condanna, ma con azioni concrete.
Uno dei posti migliori per farlo è nei nostri istituti di istruzione superiore. Dobbiamo rendere le nostre università dei templi non dell’ortodossia dogmatica, ma del vero pensiero critico, dove tutte le idee sono le benvenute e dove il dibattito civile è incoraggiato. Sono abituata a essere fischiata nelle università, per cui sono grata dell’opportunità di potervi parlare oggi. Non mi aspetto che tutti voi siate d’accordo con me, ma apprezzo tantissimo la vostra apertura all’ascolto.
Sono qui davanti a voi come qualcuno che sta combattendo per i diritti delle donne e delle ragazze in tutto il mondo. E sono davanti a voi come qualcuno che non è spaventato di fare domande scomode sul ruolo della religione in questa battaglia. La connessione tra la violenza, soprattutto la violenza contro le donne, e l’islam è troppo chiara per essere ignorata. Non aiutiamo gli studenti, le università, gli atei e i credenti quando chiudiamo gli occhi davanti a questa connessione, quando cerchiamo scuse anziché riflettere.
Per questo chiedo: il concetto di guerra santa è compatibile con il nostro ideale di tolleranza religiosa? E’ blasfemia – punibile con la morte – mettere in discussione l’applicazione alla nostra èra di certe dottrine risalenti al Settimo secolo? Sia il cristianesimo sia l’ebraismo hanno avuto le loro riforme. E’ arrivato il tempo anche per una riforma dell’islam.
Queste argomentazioni sono inammissibili? Di certo non dovrebbero esserlo in un’università che è stata fondata dopo lo scandalo dell’Olocausto in un tempo in cui molte università americane ancora imponevano restrizioni agli studenti ebrei. Il motto della Brandeis University è “La verità, anche quella più inaccessibile”. E’ anche il mio motto. Perché è solo mediante la verità, la verità spietata, che la vostra generazione può sperare di fare meglio della mia nella lotta per la pace, la libertà e l’uguaglianza dei sessi”.
Ayaan Hirsi Ali è un’intellettuale somala naturalizzata olandese, è nota per la difesa dei diritti delle donne e la polemica contro l’islamismo. E’ stata sceneggiatrice del film “Submission”, costato la vita al regista Theo van Gogh.