di Francesco Paolo La Bionda
Dietro l’attacco terroristico su vasta scala che Hamas ha messo in atto contro Israele a partire dall’alba del 7 ottobre c’è la mano dell’Iran. Il regime di Teheran, del resto, irriducibilmente ostile allo Stato ebraico, è ormai da anni il maggior finanziatore e sostenitore del movimento islamista palestinese, ma oggi il sospetto è l’operazione che sta insanguinando lo Stato ebraico sia stata esplicitamente voluta e diretta dagli ayatollah.
A confermare esplicitamente il coinvolgimento iraniano è stato lo stesso portavoce di Hamas, Ghazi Hamad, che, interpellato dalla BBC, ha parlato di un “supporto diretto” nell’attacco. Dal canto suo, il presidente iraniano Ebrahim Raisi si è congratulato con un messaggio pubblico per la “brillante vittoria” palestinese, invitando gli altri paesi musulmani a sostenere anch’essi le formazioni terroristiche, addossando la colpa degli avvenimenti alle politiche israeliane. Raisi, in seguito, ha anche sentito telefonicamente i leader sia di Hamas sia della Jihad Islamica, altra milizia sostenuta dall’Iran presente a Gaza, augurandosi che l’attacco si concluda con la “vittoria finale” dei palestinesi, ossia la distruzione di Israele.
Un fiume di denaro e di armi da Teheran a Gaza
Secondo le stime del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, l’Iran invia 100 milioni di dollari all’anno a Hamas, circa il 70% dei suoi introiti, e alcune decine di milioni alla Jihad islamica. Questo nonostante la crisi economica che attanaglia il paese mediorientale, con un 30% della popolazione ormai finita sotto la soglia di povertà.
Il regime di Teheran inoltre ha giocato un ruolo determinante nello sviluppo della minaccia missilistica di Hamas, come di Hezbollah, tanto che nel 2021 il comandante delle forze aerospaziali iraniane Amir Ali Hajizadeh, si spinse a dichiarare che “tutti i missili che potreste vedere a Gaza e in Libano sono stati creati con il sostegno iraniano”. L’Iran ha fornito infatti sia le conoscenze tecnologiche sia l’addestramento per la produzione, direttamente a Gaza, di razzi con gittata sempre maggiore: se i primi Qassam, nel 2001, non arrivavano a 5 chilometri, l’Ayyash 250 presentato vent’anni dopo arriva a ben 250.
L’Iran fornisce infine anche componenti e armi, contrabbandate dall’Egitto attraverso i tunnel scavati sotto il confine o via mare, tramite pacchi galleggianti che vengono poi recuperati dai pescatori palestinesi.
La normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita è il vero bersaglio per il regime iraniano
Diversi analisti politici sono convinti che questa volta l’Iran non abbia solo supportato, ma abbia voluto e diretto l’attacco di Hamas per deragliare, o almeno far slittare a tempo indefinito, la normalizzazione delle relazioni tra Israele e l’Arabia Saudita, che nei giorni precedenti all’operazione sembrava essere ormai imminente. Un’eventualità sicuramente invisa ad Hamas, che osteggia qualsiasi riconciliazione tra il mondo arabo e Israele, ma tanto più all’Iran, che vedrebbe così nascere un fronte comune ufficiale tra le due maggiori potenze regionali sue rivali.
Già nelle settimane precedenti, sia il movimento palestinese sia il governo iraniano avevano pubblicamente attaccato l’eventualità di un ulteriore allargamento degli Accordi di Abramo. Il 2 ottobre, un ufficiale di Hamas, in visita proprio in Iran, aveva dichiarato che “la minaccia più importante per la Palestina, in questo momento, è che il regime sionista cerca di normalizzare le relazioni con diversi Paesi”, mentre un giorno prima Raisi l’aveva definita “una mossa reazionaria e regressiva da parte di qualsiasi governo del mondo islamico”.
I repubblicani americani attaccano Biden per l’accordo con l’Iran
Il presidente statunitense Joe Biden è stato intanto attaccato dai suoi avversari repubblicani, in primis Donald Trump, che lo hanno accusato di aver favorito indirettamente l’attacco di Hamas a Israele tramite l’accordo stretto lo scorso 10 agosto con l’Iran. Secondo l’intesa, l’amministrazione americana ha acconsentito a sbloccare 6 miliardi di dollari di fondi iraniani sequestrati, che in teoria potranno essere usati solo per scopi umanitari, in cambio della liberazione di cinque ostaggi americani, arrestati in precedenza in Iran con vari pretesti. Un portavoce del presidente ha respinto le accuse, sottolineando che non vi siano prove che i fondi siano stati usati per scopi diversi da quelli concordati.
Il retroscena storico: come l’Iran è divenuto il principale sponsor di Hamas
I primi contatti ad alti livelli tra il regime iraniano e l’organizzazione terroristica risalgono al 1990, motivati dalla necessità di far fronte comune al processo di pace arabo-israeliano allora in corso. L’intesa fu ulteriormente rafforzata quando, nel 1992, il governo Rabin deportò in Libano oltre quattrocento esponenti di spicco di Hamas, coinvolti nella prima Intifada. Lì i terroristi palestinesi vennero ospitati e addestrati, in particolare nell’uso degli attentatori suicidi, dalle guardie rivoluzionarie iraniane e dai miliziani di Hezbollah loro affiliati, e da Teheran iniziò a fluire un copioso flusso di aiuti economici.
La cooperazione tripartita continuò durante la seconda Intifada, tra il 2002 e il 2005, durante la quale Hezbollah mise in piedi almeno tre operazioni principali per contrabbandare armi e addestratori ai miliziani palestinesi. L’Iran, inoltre, si promulgò per favorire il programma missilistico di Hamas, in cui giocò un ruolo fondamentale: nel 2014 il portavoce del ministero della difesa iraniano Ahmed Hosseini affermò pubblicamente che nel corso degli anni precedenti uomini di Hamas erano stati addestrati a riguardo sia in Libano sia direttamente in Iran.
Tuttavia, la guerra civile siriana scoppiata nel 2011 rappresentò anche un periodo di relazioni altalenanti tra l’Iran e Hamas, divise dall’appartenenza dottrinale e dal conseguente schieramento: musulmani sciiti i primi, come il presidente siriano al-Asad, e musulmani sunniti i secondi, come le principali forze di opposizione. Ulteriore fonte di tensione fu il sostegno espresso da Hamas all’Arabia Saudita nella guerra condotta in Yemen contro i ribelli houthi, altra formazione sostenuta e foraggiata invece da Teheran. Nonostante i contatti non si interruppero mai del tutto, per alcuni anni i rubinetti finanziari iraniani furono chiusi.
La frattura si ricompose nel 2017, quando l’Iran promosse la riconciliazione tra il governo siriano e Hamas, complice l’arrivo ai vertici dell’organizzazione terroristica palestinese di un nuovo leader, Yahya al-Sinwar, di orientamento maggiormente filoiraniano, che già ad agosto di quell’anno poté dichiarare che l’Iran era già tornato a essere il suo maggior finanziatore e fornitore bellico.
Foto in alto: Ali Khamenei (Creative Commons)