di Nathan Greppi
Quando, il 5 luglio, Keir Starmer è diventato Primo Ministro del Regno Unito, in molti nella comunità ebraica britannica hanno tirato un sospiro di sollievo: sposato con un’ebrea, sionista dichiarato, da quando è diventato leader del Partito Laburista ha cercato di fare piazza pulita dell’antisemitismo cresciuto tra le loro fila sotto la guida del suo predecessore Jeremy Corbyn, quest’ultimo rieletto in parlamento ma come indipendente.
Tuttavia, malgrado le aspettative, non sono mancati in seguito gli episodi che fanno pensare ad una inversione di marcia rispetto a quanto detto in campagna elettorale: a settembre Starmer ha decretato un blocco sull’invio di armi a Israele, e non si è opposto alla richiesta della Corte Penale Internazionale di far arrestare Netanyahu qualora dovesse mettere piede sul suolo britannico.
Per capire qual è la situazione al di là della Manica, abbiamo parlato con Michael Whine: dirigente dal 1986 al 2021 del Community Security Trust (CST), la più importante organizzazione britannica per la lotta all’antisemitismo, oggi è un membro della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI in inglese). È stato consulente per il contrasto dei crimini d’odio per diverse istituzioni, tra le quali il World Jewish Congress e il Ministero della Giustizia britannico.
A oltre un anno dal 7 ottobre, come è cambiata la diffusione dell’antisemitismo nel Regno Unito?
Il CST ha registrato 1.978 episodi di antisemitismo nei primi sei mesi del 2024, un aumento del 105% rispetto ai 964 episodi avvenuti nei primi sei mesi del 2023. Ciò riflette la grande quantità di odio antiebraico registrata dopo l’attacco terroristico di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023.
Nello stesso periodo, il CST ha anche registrato un drammatico aumento dei discorsi d’odio antiebraici sui media mainstream e nella politica. Ciò sta giocando un ruolo significativo nel discorso pubblico in Gran Bretagna. Gli estremisti che attraversano lo spettro politico hanno sfruttato l’attacco di Hamas per portare avanti narrazioni antisemite.
Che cosa è cambiato, invece, nelle relazioni con Israele dopo l’elezione di Starmer?
Avendo espulso o messo ai margini la frangia antisionista di estrema sinistra, il nuovo governo laburista è dedito alla salvaguardia d’Israele. Ma certe sue recenti decisioni, come l’aver fatto marcia indietro sulla sua precedente opposizione alla decisione della Corte Penale Internazionale di incriminare Israele, rivelano una crescente influenza sul governo di Keir Starmer da parte della lobby musulmana filopalestinese.
È stato anche ampiamente dimostrato che vi è un forte pregiudizio antisraeliano nel riportare notizie sul Medio Oriente da parte del Guardian e della BBC, il che ha portato al licenziamento di alcuni loro redattori che si occupavano di Medio Oriente e ad una continua campagna contro il pregiudizio antisemita, portata avanti dalla comunità ebraica e anche dai loro stessi redattori ebrei.
Lei ha parlato di una lobby musulmana filopalestinese. Che peso esercitano gli elettori musulmani sulle decisioni del Primo Ministro?
In certi collegi elettorali, ad esempio nel nordovest dell’Inghilterra e nella zona est di Londra, gli elettori musulmani costituiscono la maggioranza o quantomeno una minoranza influente. Questi elettori si sono fatti sentire nel sostenere l’attacco di Hamas e nel criticare la risposta israeliana. Inoltre, i gruppi filopalestinesi sono diventati sempre più determinati, tanto da coprire di vernice le facciate di uffici e fabbriche che appartengono a compagnie che fanno affari con Israele, oltre a manifestare fuori da eventi e concerti ebraici. La maggioranza parlamentare dei laburisti, che detengono 402 seggi su un totale di 650 alla Camera dei Comuni, è abbastanza ampia per tenere testa alle pressioni, ma in ogni caso il governo non può ignorarle del tutto.
Allo stesso tempo una nostra iniziativa, il CST Security Advice for Everyone (CST SAFE), ha avuto molto successo nel fornire consigli sulla sicurezza ai rappresentanti di moschee, chiese, templi indù e gurdwara (luoghi di culto dei sikh, ndr), in virtù dell’esperienza e degli insegnamenti acquisiti dalla comunità ebraica negli ultimi quarant’anni. Al punto da venire coinvolti dal governo e dalla polizia nelle loro iniziative per rafforzare la sicurezza delle istituzioni religiose.
Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, il Regno Unito è stato dilaniato da rivolte a sfondo etnico. Ci sono state ripercussioni significative per la comunità ebraica?
Le rivolte scoppiate nell’estate 2024 non hanno avuto alcun impatto sulla comunità ebraica, e si sono verificate in aree dove vivono pochi o nessun ebreo. Prendevano di mira soprattutto i migranti.
La neoeletta segretaria del Partito Conservatore, Kemi Badenoch, è considerata vicina a Israele. In generale, come sono schierati i partiti d’opposizione sulla guerra in corso?
Il Partito Conservatore rimane solidamente filoisraeliano, in continuità con le politiche di Boris Johnson e Rishi Sunak. Gli altri partiti minori presenti in parlamento hanno posizioni diverse, ma non esercitano un peso significativo.
Esistono dei rischi a lungo termine per la sicurezza della comunità ebraica britannica?
A differenza di altre volte, sia l’attuale governo che quello precedente hanno adottato forti misure contro l’antisemitismo, portando avanti una stretta collaborazione tra i corpi di polizia e la comunità ebraica. Il Regno Unito possiede una legislazione solida, che consente di perseguire coloro che promuovono l’antisemitismo quando questo varca la soglia dell’attività criminale.
Gli ebrei presenti nell’attuale governo, come il Procuratore generale Richard Hermer e la Solicitor general Sarah Backman, sono entrambi apertamente fieri di essere ebrei e frequentano la sinagoga, oltre ad avere nei loro curriculum campagne per i diritti umani e attività antifasciste. E la comunità ebraica possiede una leadership politica solida e unita, tenuta in grande considerazione dal governo.
Se vi sono dei timori in seno alla comunità ebraica, riguardano il crescente peso politico delle comunità musulmane, nonché il modo in cui la propaganda palestinese e iraniana stanno influenzando la politica.