“Ho un sogno. Ed è la rinascita della vita ebraica tedesca”. Si apre così l’editoriale della nuova rivista ebraica tedesca “Jewish Voice from Germany”. Tedesca certo, anche se verrebbe da dire più che altro europea, e forse qualcosa di più visto che prevede lettori sparsi fra gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna e Israele; e vista la scelta di pubblicare non in tedesco ma in inglese. Una scelta del resto che risponde al ruolo che il direttore Rafael Seligmann attribuisce alla nuova creatura: un ponte “fra gli ebrei e i non ebrei, fra la Germania e il mondo”.
Seligmann in fondo, con questa iniziativa, risponde a sessant’anni di distanza, al rabbino Leo Baeck che lasciando la Germania per gli Stati Uniti disse che la storia dell’ebraismo tedesco era finita con i campi di concentramento e la Shoah.
Oggi la comunità ebraica tedesca è quella che registra nel mondo il tasso di crescita più rapido. In Germania vivono artisti, uomini d’affari, scrittori ebrei, ricorda Seligmann; e i berlinesi li hanno accolti a braccia aperte, come hanno fatto con Daniel Barenboim, e come hanno fatto con Michael Blumenthal, direttore del Museo Ebraico di Berlino e con molti altri.
Il giornale uscirà quattro volte l’anno in formato cartaceo; la versione online sarà invece aggiornata costantemente con notizie dalla Germania e dal resto mondo. Si rivolge ad un pubblico non vastissimo (150.000 lettori circa), ma composto per lo più da “divulgatori e leader di opinione ebrei e non ebrei”; si rivolge al “mondo politico come ai mezzi di comunicazione, alle istituzioni accademiche e ai centri di cultura ebraica”.
“The Jewish Voice from Germany” si avvale di tre corrispondenti, da New York, Tel Aviv e Roma, e otto collaboratori; terrà lo sguardo sull’attualità per fornire ai suoi lettori, più che la cronaca dei fatti, le opinioni su di essi. La voce ebraica dalla Germania infatti sembra voler prendere posizione, far sentire la sua voce – poco importa se il peso della comunità ebraica tedesca è quasi nullo, come afferma Seligman; e poco importa se le possibilità che gli ebrei tedeschi diventino un fattore decisivo nella Germania odierna siano altrettanto vicine allo zero, come sostiene lo storico Moshe Zimmerman.
Non a caso l’articolo in primo piano sul sito http://jewish-voice-from-germany.de è firmato da Heribert Prantl – giurista, giornalista vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, nonchè capo del settore politica interna della Süddeutsche Zeitung. L’articolo di Prantl ha per titolo “Al bando dalla società i demoni fascisti. Ciò che uno stato democratico deve ai suoi cittadini”. “L’antisemitismo e la xenofobia, scrive Prantl, sono problemi che la società tedesca deve affrontare insieme. La lotta contro l’antisemitismo, il razzismo e la xenofobia è un elemento centrale della democrazia tedesca. Vietare il partito neonazista NPD fa parte di questa lotta”. Oltre all’articolo di Prantl, c’è un intervento sulla crisi dell’Euro, sulle vicende sul nucleare iraniano, e i sentimenti degli ebrei tedeschi verso Israele.
Su Israele e Palestina, la posizione del giornale sembra delineata sin da questa prima uscita, da un articolo del direttore Seligman. “Israele deve diventare il primo stato a riconoscere la Palestina – scrive Seligman. “E il travolgente sostegno per l’adesione della Palestina all’Unesco nell’ottobre 2011 dovrebbe convincere lo stato ebraico del rischio di isolamento internazionale. Questo non perché la maggioranza delle nazioni sia anti-semita od opportunista, spiega ancora Seligman, ma perché molti paesi sono convinti che la Palestina come Israele abbia legittime ambizioni nazionali”.