di Rav Alfonso Arbib
Il 24 aprile occorre l’anniversario del Metz Yeghern, il Genocidio Armeno, perpetrato dall’Impero Ottomano contro un milione di armeni -come pure di centinaia di migliaia di cristiani greci del Ponto e di cristiani assiri.
La Germania fu il principale complice del genocidio, ma vi furono le connivenze, più o meno estese, anche di altri Stati occidentali.
Alcuni ebrei scelsero di testimoniare per l’affermazione e la difesa della verità: sapevano che senza verità non può esservi giustizia.
Le false narrazioni rendono impossibile la giustizia. Questo processo scellerato si chiama negazionismo: esso mira all’occultamento e alla soppressione della verità al fine di rendere impossibile il ristabilimento della giustizia, negando la dignità delle vittime e delle loro comunità di appartenenza, nonché impedendo il risanamento delle società.
Tra questi ebrei ricordiamo il giurista Raphael Lemkin, che, riflettendo sulla Shoà e sullo sterminio di massa patito dagli armeni, coniò il neologismo “genocidio”.
La Memoria armena non può lasciarci indifferenti.
Ogni Memoria è sempre specifica e inerente a fatti, processi e contesti precisi che vanno ben conosciuti, assunti e compresi, e, proprio perché si possano trarre lezioni morali e politiche più universali, è necessario adoperarsi per fugare il rischio di generalizzazioni indebite.
Il Genocidio Armeno, la cui memoria è fondamentale e preziosa, esige l’impegno di noi tutti, con fermezza e chiarezza.
Questo 24 aprile, come il 27 gennaio per la Memoria della Shoà, noi ricordiamo e chiediamo a tutti di unirsi a noi, nell’assumere la responsabilità di combattere vecchi e nuovi negazionismi, rendendo testimonianza di questo atroce crimine.
Rav Alfonso P. Arbib
Presidente ARI