di Nathan Greppi
Dopo il 7 ottobre, in tutta Europa si è levata un’ondata di antisemitismo come non se ne vedevano da decenni. Non fa eccezione il Belgio, dove solo tra il 7 ottobre e il 7 dicembre 2023 si sono registrati 91 episodi di antisemitismo, contro i 57 registrati nel corso di tutto il 2022. Tra i fatti di cronaca più salienti, ne spicca uno avvenuto il 13 febbraio 2024, quando un imam ha recitato dentro uno dei Parlamenti di Bruxelles un versetto del Corano che invita i musulmani ad uccidere gli ebrei (la città è divisa in Comuni, e ognuno ha un suo parlamento).
Per capire qual è la situazione nel paese, dove oggi vivono circa 29.000 ebrei, Bet Magazine ha parlato con lo storico e politologo belga Joël Kotek, consigliere presso il Parlamento francofono di Bruxelles e già dirigente del Mémorial de la Shoah di Parigi. Ha scritto numerosi saggi sulla Shoah e l’antisemitismo, ed è stato docente presso la Libera Università di Bruxelles e l’Istituto di studi politici di Parigi.
Oggi, quanto è diffuso l’antisionismo in Belgio?
Nel Belgio del terzo millennio, l’antisionismo ha acquisito un ruolo ben preciso. L’opposizione a Israele serve gli interessi delle varie componenti della società: sinistra e destra, cattolici e laici, immigrati, valloni e fiamminghi.
L’ostilità verso lo Stato Ebraico è diventata bipartisan, il che è dovuto a diversi fattori: prima di tutto, una tradizione giudeofobica cristiana, unita al fatto che sin dal XIX secolo l’ebreo è un simbolo del capitalismo nella visione dell’estrema sinistra. Inoltre, vi è il fattore demografico: al declino dell’ebraismo belga, ha fatto da contraltare il formidabile dinamismo delle comunità di religione musulmana, che si stima rappresentino quasi il 30% della popolazione nella Regione di Bruxelles-Capitale. Il problema non è che Israele venga criticato, ma il fatto che venga criticato in modo insensato e manipolatorio. Il problema non è che la Palestina sia amata e difesa, ma che occupi tutto lo spazio politico e mediatico, e che sia invocata da qualunque politico in cerca di una copertura mediatica.
Il 28 ottobre, lei ha firmato un appello apparso sul quotidiano “La Libre Belgique” per denunciare il silenzio della sinistra belga dopo il 7 ottobre. Tra i partiti politici belgi, quali sono i più ostili verso gli ebrei e Israele?
L’isteria antisraeliana riguardo a Gaza testimonia come, sia all’interno dell’estrema destra che della sinistra radicale, vi sia un sentimento antisemita totalmente estraneo alla causa palestinese. Le infami calunnie contro Israele derivano anche da posizioni opportunistiche, dettate da puri calcoli elettorali. I belgi di fede musulmana sono centinaia di migliaia, molti di più di quelli di origine ebraica. Questo fattore demografico spiega perché i partiti progressisti e centristi fanno molte concessioni ai musulmani su questioni che non percepiscono come vitali, quali il conflitto israelo-palestinese o la macellazione rituale.
Tra i partiti francofoni, il PS (Partito Socialista), il partito ambientalista Ecolo e il PTB (Partito del Lavoro del Belgio) sono quelli più ostili nei confronti di Israele. Ma di questi tre, quello più visceralmente antisraeliano e antiebraico è il PTB, erede della corrente maoista del comunismo belga.
Per quanto riguarda la diffusione dell’antisemitismo e dell’antisionismo, ci sono delle differenze tra la regione francofona e quella fiamminga?
L’antisionismo è diventato uno dei pochi comuni denominatori tra le due grandi comunità che compongono il Belgio. In quella francofona, vi è un consenso diffuso nell’odio contro Israele e un forte appoggio alla causa intentata dal Sudafrica all’Aja. In tutta la Vallonia, c’è un solo partito che difende Israele: il Movimento Riformatore, di matrice liberale. Tuttavia, anche loro stanno cambiando atteggiamento: lo dimostra il fatto che il Ministro degli Esteri belga Hadja Lahbib, musulmana di origini algerine, pur facendone parte ha accusato Joe Biden di appoggiare Israele per denaro, richiamando stereotipi antisemiti. E lei fa parte dell’unico partito nel Belgio francofono che ha mostrato sostegno nei confronti d’Israele.
Per 50 anni, gli ebrei in Belgio hanno votato prevalentemente per il Partito Socialista; ma da quando quest’ultimo si è schierato sempre più palesemente contro lo Stato Ebraico, la maggior parte di loro si è spostata verso il Movimento Riformatore. Se anche questo dovesse smettere di appoggiarli, non rimarrà nessun partito a cui gli ebrei potranno fare riferimento nella regione di lingua francese.
Nella regione fiamminga, invece, anche i liberali sono contro Israele. L’unico partito con posizioni fortemente filoisraeliane è il N-VA, legato al secessionismo fiammingo, su posizioni democratiche ma fortemente nazionalista. Di contro, i movimenti neofascisti e neonazisti sono anche antisionisti.
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Lei si è occupato molto di immagini e iconografie antisemite, ad esempio nel suo libro del 2008 “Cartoons and extremism”. Oggi, che ruolo hanno vignette e caricature nel veicolare l’odio?
Se si guarda a ciò che pubblicano i giornali belgi, è soprattutto in quelli delle Fiandre che si trovano vignette antisraeliane, meno in quelli francofoni. In particolare, sul quotidiano socialista fiammingo De Morgen si possono trovare vignette ferocemente antisraeliane, che accusano gli ebrei di commettere un genocidio e di comportarsi come i nazisti.
In molte città europee, abbiamo assistito a manifestazioni dove i musulmani incitavano all’odio verso gli ebrei. In Belgio, quali sono i rapporti tra ebrei e musulmani?
Tutti gli studi sottolineano che in molti paesi europei, tra cui il Belgio, l’aumento degli episodi di antisemitismo è legato più ai giovani musulmani che all’estrema destra. Uno studio che ho condotto per la Fondazione Jean-Jaurès su 1.700 alunni delle scuole secondarie di Bruxelles, ha mostrato che l’antisemitismo era tre volte più diffuso tra i giovani che si dichiaravano musulmani rispetto a quelli che si dichiaravano laici o non credenti.
Senza voler negare l’impatto dei fallimenti del processo di pace arabo-israeliano, la rinascita del sentimento antiebraico nel mondo arabo e islamico va ricercata nel complesso rapporto dell’Islam con gli ebrei. Con la creazione dello Stato di Israele, l’ebreo ha finalmente abbandonato il ruolo di dhimmi, ossia di cittadino inferiore ai musulmani, nel quale ha vissuto per secoli nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Questa deriva spiega anche perché le folle arabe in Belgio scendono in piazza solo contro Israele, escludendo tutte le altre cause, comprese quelle dei musulmani perseguitati o vittime della guerra (curdi, uiguri, rohingya, siriani, yemeniti, ecc.)
Che impatto crede che avrà la guerra tra Israele e Hamas sulle elezioni europee di giugno?
Quest’anno, in Belgio avremo tre elezioni: oltre alle europee, avremo anche quelle regionali e federali il 24 maggio. E soprattutto a Bruxelles, i voti degli arabi sono essenziali, tanto che tutti i partiti se li contendono. Il maoista PTB è dato all’incirca al 20% nell’area di Bruxelles, dove è il più votato tra gli elettori di origine araba e turca. Non perché i musulmani siano maoisti, o perché vogliano abolire la proprietà privata, ma perché è il partito più antisraeliano in Belgio.
Quale prevede che sarà il futuro delle comunità ebraiche in Belgio?
Io credo che nel lungo periodo l’integrazione culturale dei musulmani nella società belga finirà per calmare gli animi, ma questo risultato non è prevedibile nel prossimo futuro. Nel frattempo, gli ebrei potrebbero ritrovarsi a dover scegliere tra lo status di marrani e di paria, come prima dell’emancipazione, e quello di parvenu, disposti a qualsiasi compromesso pur di essere accettati in una società che li rifiuta. E questo non vale solo per certi ebrei antisionisti in quanto marxisti, ma anche per i dirigenti delle comunità ebraiche.