di Sofia Tranchina
Nella notte tra sabato 13 e domenica 14 aprile 2024, dopo che Hezbollah ha lanciato dozzine di razzi contro una caserma israeliana sulle alture di Golan, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) in Iran ha lanciato l’operazione True Promise contro Israele.
I fatti antecedenti
Il nome dell’operazione True Promise (vera promessa) è volto a dimostrare che Teheran ha mantenuto la promessa di vendetta dopo che il primo aprile sono stati uccisi in un complesso diplomatico a Damasco il comandante senior della IRGC Mohammad Reza Zahedi (capo della forza élite Quds iraniana in Libano, che svolgeva un ruolo chiave nella spedizione di armi a Hezbollah e nei collegamenti con l’intelligence siriana), il generale Mohammad Hadi Haj Rahimi, e altri cinque ufficiali.
L’operazione a Damasco, che ha seguito un precedente attacco di droni contro una base navale israeliana a Eilat rivendicato da militanti allineati di Iran e Iraq, è stata attribuita a Israele, nonostante quest’ultimo non abbia confermato il proprio coinvolgimento.
Il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha subito avvisato che «la risposta iraniana sarebbe inevitabilmente arrivata».
Operazione True Promise
Da quando – in seguito alla rivoluzione islamica del 1979 – l’Iran ha tagliato i rapporti diplomatici con Israele, i due paesi hanno combattuto una guerra ombra in tutto il Medio Oriente, fatta di attacchi via terra, mare, aria, e nel cyberspazio.
La raffica di droni e missili lanciati sabato notte, tuttavia, rappresenta uno spartiacque, poiché è la prima volta che l’Iran colpisce Israele direttamente dal proprio territorio, anziché affidare la vendetta a partner esteri: anche se una piccola percentuale di lanci proveniva dall’Iraq, dallo Yemen e dal Libano, la maggior parte è partita dall’Iran.
Durante l’attacco, Israele ha chiuso l’aeroporto ai voli civili e ha emesso un ordine di sicurezza per la chiusura di tutte le scuole e università fino al 15 aprile.
Una dozzina di persone, per lo più ferite da schegge dei razzi, sono state portate al Centro medico Soroka, nel sud di Israele: tra questi, una bambina beduina di 7 anni gravemente ferita dai frammenti di un missile è stata portata in sala operatoria ed è attualmente in terapia intensiva.
Israele si è più volte dovuta difendere da attacchi aerei da parte di Hamas e della Jihad islamica, il cui arsenale comprende razzi da 122 millimetri a corto raggio (dai 19 ai 40 km) della famiglia Grad, razzi iraniani Fajr-5 con una gittata di circa 80 km, e razzi siriani M-302 con un’autonomia di circa 160 km.
Tuttavia, le armi usate dall’Iran sabato possono viaggiare molto più lontano e più velocemente: il missile da crociera da attacco terrestre Paveh 351, sviluppato dalla IRGC, ha una gittata di oltre 1.930 km e può trasportare fino a una tonnellata di esplosivi.
Ciononostante, dei 185 droni, 110 missili balistici (con traiettoria prefissata) e 36 missili da crociera (con un motore controllabile e una rotta modificabile), il 99% è stato intercettato e neutralizzato, mentre quelli che hanno avuto un impatto hanno causato lievi danni alla base aerea di Nevatim, nel deserto del Negev.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha scritto domenica mattina su X: «abbiamo intercettato. Abbiamo bloccato. Insieme vinceremo”.
Le forze di difesa israeliane
Lo scontro tra Israele e Iran è avvenuto in un momento di tensione tra Biden e Netanyahu: in una telefonata di dieci giorni fa, il presidente americano ha minacciato di riconsiderare il suo sostegno durante la guerra a Gaza, a meno che Netanyahu non si fosse impegnato ad alleviare le sofferenze dei civili palestinesi.
Dimostrando comunque il proprio sostegno, gli Stati Uniti hanno aiutato Israele ad abbattere dozzine di droni e missili iraniani.
Anche la Giordania ha intercettato razzi che attraversavano il proprio spazio aereo, per proteggere la propria sicurezza, e ha permesso ai militari israeliani di accedere al proprio spazio aereo. Così come sono intervenute anche la Francia e la Gran Bretagna con dei caccia.
Ma la maggior parte delle armi iraniane è stata intercettata dai sistemi di difesa israeliani Iron Dome e Arrow 3.
I sensori miniaturizzati dell’Iron Dome intercettano i razzi a corto raggio che volano in archi alti. L’Arrow 3, che rappresenta il livello più alto del sistema di difesa aerea di Israele, può volare invece su distanze più lunghe per inseguire minacce più grandi, fermando i missili balistici fuori dall’atmosfera terrestre: è stato progettato per fermare testate nucleari e altre testate non convenzionali.
Il rapporto costo-efficacia dei missili intercettori dell’Iron Dome è di circa 150.000 dollari per ogni lancio, e l’arsenale comprende missili dell’era del Vietnam, alcuni dei quali hanno un tasso di fallimento pari al 15%.
Israele, che solo dal 7 ottobre ha dovuto affrontare 9.100 razzi da Gaza, 3.100 dal Libano, 35 dalla Siria (oltre a centinaia di razzi nemici), ha recentemente chiesto agli Stati Uniti più munizioni a guida di precisione e più missili intercettori, ma un gruppo di legislatori al Congresso statunitense, sostenuto da attivisti liberali, ha chiesto al presidente Biden di limitare o interrompere le spedizioni di armi verso Israele.
Secondo diversi esperti, senza i mezzi per finanziare l’Iron Dome Israele verrebbe raso al suolo. Infatti, l’accordo degli Stati Uniti per la continua fornitura di armi, stipulato dall’ex presidente Obama, serviva a «garantire a Israele la capacità di difendersi da tutte le minacce».
La reazione in Iran
Domenica mattina migliaia di manifestanti filogovernativi sono scesi nelle strade di Teheran, Isfahan e Kerman a dimostrare sostegno all’operazione iraniana, cantando «morte a Israele e morte all’America».
Tuttavia, la maggior parte degli iraniani, che si oppongono al regime di Khamenei, hanno condannato l’operazione.
Il principe ereditario dell’Iran Reza Pahlavi (che vive in esilio negli Stati Uniti) ha scritto su Facebook: «la guerra di Khamenei non è la guerra dell’Iran né della popolazione iraniana. Khamenei e il suo regime hanno trasformato l’Iran in un paese arretrato e isolato e, coinvolgendo la nazione e lo stato in un’altra guerra, non fanno altro che aumentare la miseria degli iraniani. Il percorso verso una pace e una sicurezza durature in Medio Oriente è sostenere il popolo iraniano, che sta lottando per rivendicare il nostro Paese e il nostro giusto posto nel mondo».
Afshin Ellian, noto professore di diritto fuggito dall’Iran per i Paesi Bassi, ha dichiarato: «la popolazione iraniana è contraria a questo regime criminale. Il movimento di resistenza iraniano è pronto a combattere il regime di Khamenei».
Le conseguenze
Nonostante nei giorni scorsi Netanyahu avesse avvertito Teheran che Israele non avrebbe esitato a rispondere a un attacco partito dal suolo iraniano, le parti in causa sembrano interessate a una strategia di de-escalation.
Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, ex generale dell’esercito, ha condannato gli “attacchi sconsiderati e senza precedenti” dell’Iran e dei suoi delegati nei paesi vicini, e ha invitato Teheran a fermare qualsiasi ulteriore attacco ricordando che gli USA non esiteranno ad agire per difendere Israele.
Il presidente Biden e la sua squadra stanno cercando di convincere il gabinetto di guerra israeliano che la difesa efficace dagli attacchi della scorsa notte è sufficiente a costituire un’importante vittoria strategica, dimostrando la capacità bellica di Israele, e che potrebbe non essere necessario un contrattacco, non avendo Israele subìto danni ingenti.
In una dichiarazione della Casa Bianca, Biden ha spiegato: «ho appena parlato con il Primo Ministro Netanyahu per riaffermare l’impegno ferreo dell’America per la sicurezza di Israele. Gli ho detto che Israele ha dimostrato una notevole capacità di difendersi e sconfiggere anche attacchi senza precedenti, inviando un chiaro messaggio ai suoi nemici che non possono minacciare efficacemente la sicurezza di Israele. Domani convocherò i miei colleghi leader del G7 per coordinare una risposta diplomatica unitaria allo sfrontato attacco dell’Iran. La mia squadra si impegnerà con le loro controparti in tutta la regione».
Il ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz ha dichiarato che Israele risponderà al momento giusto, ma nel frattempo dovrà continuare a rafforzare «le alleanze strategiche e la cooperazione regionale» che gli hanno permesso di resistere all’attacco iraniano di ieri, indicando apparentemente di non sostenere una ritorsione immediata. Tuttavia, la portata degli attacchi ha superato i limiti della guerra ombra, e se le difese non fossero state efficaci avrebbe causato centinaia di morti, pertanto non è stato immediatamente chiaro se il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo governo accetteranno di lasciare le cose come stanno.
Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha detto in una telefonata al suo omologo iraniano che la Turchia (pur essendo nemica di Israele e grande sostenitrice del gruppo terroristico Hamas) non vuole un’ulteriore escalation nella regione. Hossein Amir-Abdollahian ha risposto che l’Iran non lancerà una nuova operazione a meno che non venga attaccato ulteriormente.
La commissione dell’Iran presso le Nazioni Unite ha affermato che l’operazione è stata una mera risposta agli eventi del primo aprile, e che «la questione può essere considerata conclusa», mettendo in guardia che se Israele reagisse «la risposta sarà considerevolmente più severa».
Secondo alcuni analisti, l’intenzione leader supremo iraniano – l’Ayatollah Ali Khamenei, che è anche il comandante in capo delle forze armate – era di dare una dimostrazione di forza dopo l’uccisione dei suoi ufficiali, ma vuole evitare una vera e propria guerra con Israele o gli Stati Uniti.
In questo, l’operazione ricorderebbe quella di quattro anni fa, quando l’ex presidente Donald J. Trump ordinò un attacco aereo in Iraq, a Baghdad, per uccidere il capo della Forza Quds Maggior Generale Qassim Suleimani, e l’Iran rispose lanciando missili contro le basi americane in Iraq, ma causarono solo danni limitati e cento feriti militari.
Infatti, l’Iran ha telegrafato le sue intenzioni di attaccare per più di una settimana, e ha annunciato il lancio dei droni ore prima che raggiungessero il territorio israeliano, dando ampio preavviso.
Ciononostante, il ministro della Cultura e dello Sport Miki Zohar ha criticato l’assenza di ritorsione: «una risposta debole all’aggressione iraniana senza precedenti è la continuazione del concetto obsoleto di logica ragionevole di fronte ai terroristi brutali. Ha fallito contro Hamas e abbiamo ottenuto il 7 ottobre, ha fallito contro Hezbollah che ci attacca continuamente (portando all’evacuazione degli abitanti del nord), e fallirà contro l’Iran che non ha esitato ad attaccare direttamente Israele».
Il portavoce dell’esercito Daniel Hagari ha inoltre ricordato: «è importante dirlo: l’evento non è finito. Rimaniamo preparati e pronti per ulteriori sviluppi e minacce. Sono ancora in vigore le linee guida e le restrizioni secondo le quali non dovrebbero essere svolte attività educative, pernottamenti e viaggi».