L’onda oscura dell’antisemitismo sul Canada. Intervista a David Matas

Mondo

di Nathan Greppi
“In un paese come il Canada, dovrebbe e deve essere acconsentito dichiararsi sionista. Che tu sia ebreo o no, il sionismo non è una parolaccia o qualcosa per cui qualcuno merita di essere preso di mira”. Queste parole, pronunciate dal premier canadese Justin Trudeau mentre partecipava alla commemorazione di Yom HaShoah presso il National Holocaust Monument di Ottawa, giungevano dopo che negli ultimi mesi, a partire dal 7 ottobre, come nel resto del mondo anche nel paese delle foglie d’acero la comunità ebraica ha assistito ad un aumento record degli episodi di antisemitismo, spesso mascherati da critica verso Israele.

Secondo l’ultimo rapporto annuale dell’organizzazione ebraica B’nai Brith Canada, in tutto il 2023 si sono registrati 5.791 episodi di antisemitismo nel paese nordamericano, che ospita la quarta più grande comunità ebraica al mondo (398.000 persone nel 2023, dietro solo a Israele, Stati Uniti e Francia). Questi episodi erano più del doppio rispetto ai 2.769 del 2022 e ai 2.799 del 2021. Un aumento che ha riguardato soprattutto (ma non solo) i casi avvenuti nei campus universitari, mentre la grande novità dello scorso anno è stata il crescente ricorso all’intelligenza artificiale per creare contenuti antisemiti da veicolare online.

David Matas

David Matas, consulente legale senior del B’nai Brith Canada, ha potuto documentare ciò che stanno vivendo gli ebrei canadesi, forte di una lunga esperienza: avvocato, ha ricoperto importanti incarichi per conto del governo canadese presso enti internazionali quali l’Assemblea Generale dell’ONU e la Corte Penale Internazionale. Già docente di diritto presso l’Università McGill di Montreal e l’Università del Manitoba a Winnipeg, ha condotto diverse battaglie legali contro le violazioni dei diritti umani nel mondo e in particolare in Cina, tanto da venire candidato nel 2010 al Premio Nobel per la Pace.

Qual era la situazione in Canada prima del 7 ottobre? E cosa è cambiato dopo quel giorno?
L’antisemitismo era già presente, e nel corso degli anni era aumentato seppur lentamente; ma dopo il 7 ottobre, ha fatto un enorme salto in avanti, diventando molto più diffuso e pervasivo. Per fare alcuni esempi, a Montreal qualcuno ha tentato di dare fuoco ad una sinagoga e ad un centro ebraico lanciando delle molotov, mentre due scuole ebraiche sono state colpite da degli spari. O ancora: spari contro la vetrina di un ristorante di cucina israeliana a Montréal, il Falafel Yoni. Il ristorante era in un elenco di attività commerciali da boicottare pubblicato dai filopalestinesi.

Ciò che davvero colpisce non sono tanto gli episodi in sé, quanto la loro quantità. Statisticamente, la comunità ebraica in Canada subisce molti più crimini d’odio di qualsiasi altro gruppo etnico o religioso, pur rappresentando appena l’1% di tutta la popolazione.

Cosa fanno il governo e le autorità canadesi per contrastare questo fenomeno? La polizia o l’esercito sorvegliano i luoghi ebraici?
Alcune precauzioni vengono prese in seno alle istituzioni ebraiche, ma si tratta perlopiù di monitorare la zona con le videocamere; quando ci sono eventi, si controlla con attenzione chi entra e da dove viene. La sorveglianza viene perlopiù affidata ad un servizio di sicurezza privato, mentre l’esercito non si fa mai vedere. La polizia ogni tanto viene, ma solo occasionalmente, non in maniera regolare.

Graffito antisemita sulla tangenziale di Toronto


In tutto il mondo, dopo il 7 ottobre sono cresciuti considerevolmente i tentativi di boicottare Israele, soprattutto nei campus universitari. Qual è la situazione nelle università canadesi?
In tutto il Canada, le proteste e gli appelli per disinvestire da Israele e tagliare i ponti con gli accademici israeliani sono cresciuti enormemente. Ad esempio, di recente durante una cerimonia di laurea presso la facoltà di medicina dell’Università del Manitoba, un laureando ha tenuto un discorso ferocemente antisraeliano, che ovviamente non aveva nulla a che vedere con la medicina.

Credo che in Canada il problema sia più diffuso che altrove perché è un paese di immigrati, come gli Stati Uniti e l’Australia. Questo fa sì che vi siano molte persone che hanno legami oltreoceano, il che facilita anche l’afflusso nelle università canadesi di finanziamenti ambigui provenienti dall’estero.

Quindi anche negli atenei canadesi giungono finanziamenti dai paesi musulmani per influenzarne i curricula, come in quelli americani?
Il problema è che da noi vi è poca trasparenza sull’origine di questi flussi di denaro, tanto che spesso non sappiamo da dove provengono. A gennaio c’è stata una manifestazione filopalestinese nella città di Victoria, ed è emerso che una delle ONG che la organizzavano, Plenty Collective, pagava le persone per andare a manifestare. Tuttavia, non hanno spiegato da dove arrivavano quei soldi; hanno detto che venivano da donazioni, ma senza specificare da chi erano state fatte.

In molti paesi occidentali, manifestanti musulmani hanno fatto ricorso a slogan feroci nei confronti degli ebrei e Israele. In Canada, quali sono i rapporti tra la comunità ebraica e quella islamica?
Sono rapporti eterogenei: tra i musulmani, ci sono singoli individui e alcune organizzazioni disposte a dialogare con la comunità ebraica, mentre altre al contrario sono totalmente ostili, tanto da sostenere apertamente l’operato di Hamas. Nel complesso, vi è un ampio spettro di casi, e non si può generalizzare.

Come viene riportato il conflitto tra Israele e Hamas dai mass media canadesi? Sono obiettivi o prevale la partigianeria?
C’è da dire che, data la nostra vicinanza agli Stati Uniti, in Canada ci si informa molto anche sui media americani; si guardano i loro canali televisivi, si possono acquistare i loro giornali e naturalmente consultare le loro testate su internet. Generalmente, la narrazione di Hamas riceve molta più attenzione rispetto a quella israeliana. Perciò, il pubblico riceve molti servizi sulle morti a Gaza ma nei quali non vengono menzionati i crimini di Hamas, né i fatti del 7 ottobre o la questione degli ostaggi.

Che atteggiamento hanno assunto sulla guerra e l’antisemitismo i politici canadesi?

Vi è la classica situazione in cui i politici cercano di accontentare tutti, anche se non è semplice. Ad esempio, attualmente vi è un comitato governativo per combattere l’antisemitismo, per il quale io stesso sono stato interpellato come esperto. Tuttavia, l’hanno subito accompagnato ad un comitato analogo per combattere l’islamofobia, che è un problema ma non allo stesso livello dell’antisemitismo. Con la guerra a Gaza l’antisemitismo è cresciuto drammaticamente, e nei campus universitari non trovi manifestazioni di matrice islamofobica.

Qualche previsione su come evolverà la situazione in Canada nei prossimi mesi?
Difficile dirlo, perché ciò che è successo in passato non è paragonabile a quello che sta succedendo adesso. Prima di tutto, perché i massacri compiuti da Hamas il 7 ottobre erano ben peggiori di qualunque altro attacco avessero mai lanciato contro Israele. In Canada vi era una maggiore simpatia nei confronti d’Israele in passato, proprio perché Israele non era mai arrivata a tanto nel reagire militarmente agli attacchi di Hamas. Pertanto, non ci si può basare su casi passati per capire come si evolverà la situazione in futuro.

Personalmente, mi piace pensare che dopo un po’ la situazione migliorerà; ma nel frattempo, io ed altri che ci occupiamo della questione avremo molto da lavorare al riguardo.