Qualche giorno fa, nell’anniversario della Notte dei Cristalli, i suoi libri sono stati bruciati; oggi, 18 novembre, la notizia che la sua statua è stata distrutta. La memoria del poeta ungherese di origine ebraica, Miklós Radnóti – uno dei più grandi poeti ungheresi – è stata oltraggiata in maniera brutale.
Radnóti venne fucilato il 10 novembre 1944 durante la marcia che dalla Serbia dove era stato trasferito, lo stava riconducendo insieme ad altri 3000 prigionieri verso l’Ungheria. Morì con i suoi versi più belli addosso, ritrovati fra i brandelli della sua giacca nella fosse comune vicino al villaggio di Abda, nei pressi di Győr, dove fu gettato dopo essere stato ucciso.
La statua si trovava ai piedi di quella fosse comune e dei vandali ancora ignoti, nei giorni dell’anniversario della sua morte l’hanno distrutta.
Radnóti nacque nel 1905 da una famiglia ebraica assimilata di Budapest, dove si laureò in filosofia. Nella poesia contemporanea ungherese, Radnóti si colloca fra le voci emergenti di una corrente letteraria di ispirazione popolare che si formò in Ungheria a partire dagli anni ’30.
Il taccuino con le ultime poesie che gli fu ritrovato addosso diciotto mesi dopo la morte conteneva anche le istruzioni (scritte in varie lingue) sul da farsi in caso di ritrovamento: consegnare il taccuino al prof. Gyula Ortutay.
Tra i versi più noti di Radnóti c’è senz’altro la quarta strofa della poesia Razglednicák ( Cartoline ), nella quale descrive la fucilazione di un altro uomo e poi immagina la propria morte. Sono tra i versi più toccanti e agghiaccianti della letteratura della Shoah.
La distruzione dei libri e della statua di Radnóti costituiscono nell’odierna, europea, Ungheria, fatti gravissimi avvenuti fra l’indifferenza generalizzata dei media.