di Paolo Salom
Legalità. Equidistanza. Fiducia. Queste, nel lontano Occidente, sono le qualità che di norma si attribuiscono all’Unione Europea quando si affronta il conflitto mediorientale. Non tutti si troveranno d’accordo con questo enunciato. Ma non è questo il punto. L’Ue, come gli Stati Uniti, è considerata un mediatore tra Israele e i palestinesi, e il suo ruolo, nonostante le differenze di vedute politiche – soprattutto tra Bruxelles e Gerusalemme – è riconosciuto internazionalmente. Vero, molti accusano l’Ue, e la sua diplomazia, di difendere i palestinesi (visti come la “parte debole”) e di essere sbilanciata nell’attribuire responsabilità e critiche verso la “parte forte”, Israele. Un conto, tuttavia, è avere un’inclinazione verso una parte, un conto è entrare fisicamente nel conflitto a favore di quella parte. Ma questo è proprio quanto sta accadendo, secondo un articolo pubblicato dal Jerusalem Post che riporta una denuncia della Ong israeliana Regavim.
I fatti sono questi: se l’Ue è sempre pronta a criticare aspramente le attività edilizie di Gerusalemme nei Territori come “un passo contro la pace” (nonostante si costruisca solo in zone destinate a rimanere parte di Israele anche in un ipotetico futuro a due Stati), come giudicare l’aiuto fornito ai palestinesi nel fondare insediamenti illegali nelle zone che ogni accordo da Oslo in qua attribuisce all’amministrazione di Israele?
Le foto del Jerusalem Post sono inequivocabili: mostrano delle case prefabbricate, con il logo blu e le stelle dell’Ue, posate su colate di cemento nel corridoio E1 che si trova nell’Area C della West Bank. Israele non le ha demolite finora per non esasperare le tensioni diplomatiche con Bruxelles. Ma è evidente che l’aiuto materiale fornito ai palestinesi è, in prima istanza, una inosservanza della (presunta, ormai) imparzialità del ruolo, oltre che una chiara violazione delle leggi in vigore in uno Stato estero (Israele). “L’idea – sostiene Regavim – è quella di aiutare i palestinesi a costruire uno Stato de facto evitando la necessità di siglare accordi con Israele”. La questione è complessa, ma può anche essere spiegata senza troppi giri di parole: l’Unione Europea ha cessato di essere un mediatore neutrale e agisce attivamente per favorire una delle due parti, a costo di andare contro i propri principi di “legalità internazionale”. Considerando che l’attuale Amministrazione americana è forse la più distante da Israele degli ultimi decenni, è legittimo porsi il problema di quanto l’Occidente sia sempre più lontano. A un passo dall’ostilità.
(Il blog di Paolo Salom è sul sito www.mosaico-cem.it)