di Ilaria Myr
Una destra rafforzata. Macron rieletto ma con la perdita secca di milioni di voti dalla scorsa tornata. E la Francia ebraica? Come si è espressa? «Chi pensa che esista un “voto ebraico” in Francia si sbaglia. I cittadini ebrei si posizionano, in maniera generale, esattamente come gli altri cittadini», ha dichiarato Elie Korchia, presidente del CRIF
Il 25 aprile Emmanuel Macron è stato rieletto presidente della repubblica francese con il 58,5%, contro il 41,5% della sfidante Marine Le Pen. Una vittoria che, sebbene netta, ha comunque fatto emergere quanto sia forte oggi in Francia l’estrema destra: lo stesso Macron è arrivato a dichiarare che questi risultati gli “impongono degli obblighi per i prossimi anni” nei confronti della grossa fetta di popolazione che ha votato contro di lui, e la stessa Le Pen, seppure delusa dalla sconfitta, afferma, in diretta tv, che «il risultato delle urne rappresenta per noi ugualmente un’eclatante vittoria».
Ma come ha votato il mondo ebraico francese? Sebbene non esistano dati ufficiali – un sondaggio dell’istituto Ifop sulle preferenze di voto da parte dei gruppi religiosi non contiene gli ebrei per mancanza di un campione solido – da ciò che è stato pubblicato sui media, francesi e no, prima e dopo il secondo turno, è però possibile comprendere meglio il contesto.
Esiste un voto ebraico?
«Chi pensa che esista un voto ebraico in Francia si sbaglia. I cittadini ebrei si posizionano, in maniera generale, come gli altri cittadini». La dichiarazione di Elie Korchia, presidente del CRIF, l’istituzione rappresentativa degli ebrei di Francia, rilasciata in un’intervista a Le Monde a metà aprile, fa capire quanto al suo interno il mondo ebraico contenga le diverse preferenze politiche, riflettendo così l’andamento della società francese. Ed è proprio per questo che il rabbino capo di Francia, Haïm Korsia, e lo stesso Korchia, hanno sentito la necessità di fare un appello agli ebrei francesi di votare a favore del presidente uscente, contro la rappresentante dell’estrema destra.
“Sono in gioco le nostre libertà individuali, la nostra diversità sociale, la nostra tradizione e la stabilità del nostro Paese”, ha affermato il Crif nella sua dichiarazione. “Il Crif chiede di causare una sconfitta elettorale a Marine Le Pen e di votare in modo massiccio per Emmanuel Macron”.
“Per la prima volta, c’è una reale possibilità che un candidato di estrema destra possa vincere le elezioni”, aveva dichiarato Korchia a Le Monde.
In particolare, al centro della denuncia la volontà di Marine Le Pen di vietare la macellazione rituale, quindi quella kasher e halal, espressa dal presidente ad interim del partito Jordan Bardella a Franceinfo il 19 aprile. “La carne macellata sul territorio francese lo sarà con previo stordimento in nome della dignità animale e della sofferenza degli animali”, ha spiegato. I musulmani ed ebrei potranno “importare carne kosher o halal che sarà macellata secondo un rito perfettamente religioso” in altri paesi, ritenendo che “non sia ipocrita” autorizzare tali importazioni mentre la pratica sarà vietata in Francia. Interrogato invece su un eventuale divieto della corrida e della caccia in nome di questa stessa dignità animale, il presidente della RN ha assicurato che nessuna delle due sarebbe stata vietata (la corrida solo ai minori) in quanto “tradizioni culturali, francesi ed europee da diversi anni”.
In realtà, non era la prima volta che i gruppi ebraici invitavano gli ebrei a votare contro la candidata di estrema destra Marine Le Pen. Ma questa volta l’appello ha innescato un dibattito a livello comunitario sul ruolo delle istituzioni ebraiche francesi che ha messo in evidenza la crescente polarizzazione degli ebrei francesi. Altre istituzioni e figure ebraiche hanno criticato la lettera congiunta del Crif e del rabbino come una mossa eccessivamente partigiana da parte di due gruppi che si sforzano di rappresentare tutti gli ebrei francesi.
Il fattore Éric Zemmour
Non si deve dimenticare, inoltre, che l’ultima campagna elettorale ha visto anche l’ingresso di un nuovo player, un vero outsider, il giornalista ebreo franco-algerino Éric Zemmour che, sebbene abbia ottenuto solo il 7% con il suo partito Reconquête, ha comunque reso ancora più accesi i toni e diviso la società francese. Nonostante per un certo periodo le sue posizioni apparissero non dissimili da quelle espresse da altri intellettuali e politici sia di destra sia di sinistra, si è fatto notare per dichiarazioni e atteggiamenti che hanno destato scalpore: nel 2019 ha sostenuto che il maresciallo Philippe Pétain, capo del regime collaborazionista di Vichy durante la guerra, avrebbe cercato di salvare gli ebrei francesi dalle deportazioni, quando in realtà fu complice dei nazisti anche nel mettere in atto la Shoah. Ha ripreso anche alcuni vecchi luoghi comuni dell’estrema destra francese mettendo in dubbio l’innocenza del capitano Alfred Dreyfus, accusato ingiustamente di tradimento. E, come se non bastasse, ha fatto un parallelismo fra Mohammed Merah, l’attentatore alla scuola ebraica di Tolosa, e i bambini da lui uccisi, che gli ha attirato l’indignazione del mondo ebraico e non solo. Allo stesso tempo, però, si è fatto portavoce di una visione, condivisa da molti giovani – ribattezzati appunto Genèration Zemmour -, che rimette al centro l’identità francese, intercettando così le inquietudini e le paure dei francesi in merito alla presenza islamica radicale all’indomani degli attentati al Bataclan e a Charlie Hebdo.
Queste sue prese di posizione hanno fatto in modo che venisse sostenuto anche da Jean-Marie Le Pen, fondatore del Front National espulso dalla figlia Marine nel 2015 per le sue esternazioni antisemite e negazioniste, che ha dichiarato al quotidiano Le Monde: «L’unica differenza fra Éric e me è che lui è ebreo. È difficile definirlo nazista o fascista. E questo gli dà una maggiore libertà». Ma Zemmour ha fatto parlare di sé anche dopo la fine del primo turno delle elezioni, per avere inviato a migliaia di ebrei francesi, due giorni prima del voto, un sms in cui li invitava a votarlo. Un’azione di invasione della privacy che ha spinto l’Unione dei giovani ebrei francesi (Uejf) e l’associazione J’Accuse a sporgere denuncia per reati in materia di dati personali e che ha portato all’apertura di un’istruttoria a suo carico.
I francesi in Israele preferiscono Zemmour
Eppure, il personaggio Zemmour ha sedotto molti degli ebrei francesi che vivono in Israele tanto che, secondo i dati del Ministero degli Interni, nel primo turno è stato il più votato (53,9%), seguito da Macron (con il 31,7%). La ragione principale: le sue posizioni molto nette contro l’islamismo. «Sono venuto in Francia per sionismo ma anche per la crescita dell’islamismo. La miccia che mi ha fatto decidere è stato l’attentato alla scuola ebraica di Tolosa», dichiara David, franco israeliano a i24news. E addirittura un altro, Patrice, definisce Zemmour “il Carlo Martello contemporaneo”. Al secondo turno, invece, la maggioranza dei voti è andata a Macron, che ha ottenuto in media l’80% in tutti i seggi; da notare però che, seppure in minoranza, a Gerusalemme la Le Pen ha ottenuto il 18,7%.
Al di là della paura dell’islamismo, l’altra idea che ha unito gli elettori franco-israeliani attorno a Zemmour è la sua visione della Francia e della sua influenza, alimentata da una certa nostalgia. E poi è piaciuto il fatto che il leader di Reconquête sia uno che “parla chiaro”, che “non ha paura di chiamare le cose con il loro nome”. «Già quando era polemista, Zemmour non ha mai avuto paura di far sentire una voce discordante. È come Israele, che cerca di far sentire la sua voce nel concerto spesso bugiardo delle nazioni», dice Patrice.
Ma che dire dei temi fastidiosi del programma Zemmour e che avrebbero potuto raffreddare i franco-israeliani? Che si tratti delle affermazioni del candidato su Pétain “salvatore degli ebrei”, delle sue dichiarazioni sulla famiglia Sandler o della sua visione intransigente della laicità, alcune sue posizioni non hanno mancato di suscitare una vivace polemica nelle file della comunità ebraica francese. Eppure i sostenitori franco-israeliani del candidato di estrema destra non la pensano così, anzi, sono convinti che molte delle sue osservazioni sono state distorte dalla stampa. Un vero linciaggio mediatico, denunciano, che sarebbe anche all’origine del debole risultato di Éric Zemmour in Francia.
Per Dror Even-Sapir, analista politico di i24news questo risultato dei sondaggi riflette il chiarissimo spostamento a destra della comunità ebraica in Francia, legata per molti all’antisemitismo e agli attacchi islamisti. Le origini ebraiche di Éric Zemmour, la sua immagine rispettabile e il fatto che le idee che difende sono sempre più dibattute nei media e quindi banalizzate, hanno fatto il resto, dice. «Gli ebrei francesi sono sempre stati riluttanti a votare per Marine Le Pen a causa delle uscite antisemite di suo padre e della cultura politica del Fronte Nazionale. Ma l’ebraicità di Éric Zemmour – il cui discorso è ancora più radicale di quello di RN – ha scavalcato le dighe e ha infranto il tabù dell’estrema destra», spiega Even-Sapir, rilevando che, secondo alcuni dati, il candidato di Reconquête ha ampiamente conquistato anche gli elettori ebrei in Francia.