di Roberto Zadik
Sicuramente è stato il peggiore attentato nel Regno Unito dal 2005, dalla strage alla metro di Londra. Lunedì 22 maggio, poco dopo le 23 al concerto della celebre cantante Ariana Grande, a Manchester in uno stadio strapieno di gente, un kamikaze si è fatto esplodere durante l’esibizione. Bilancio? 22 morti e 59 feriti. Gente inerme, come sempre, colpevoli di trovarsi nel posto e al momento sbagliato. Come accade da ormai due anni e mezzo, da Charlie Hebdo, al Bataclan, a Nizza, al mondo senza sapere dove e quando il terrorismo colpirà subdolo e spietato.
Ma come stanno reagendo i 30mila ebrei presenti nella famosa città inglese? A Manchester c’è una grande comunità ebraica e ovviamente dopo i fatti di lunedì anche i suoi membri hanno espresso tensione e indignazione rivelando una notevole dose di fermezza e di coraggio. “Times of Israel” racconta come l’attentato si sia verificato a sole due miglia dalla Sinagoga del Rabbino Israel Cohen. Intervistato dal Jewish Telegraph, l’emissario Chabad, ha affermato coraggiosamente e mostrando grande fede che “non cambierà l’assetto delle misure di sicurezza della sua congregazione nonostante l’area del centro sia densamente popolata da islamici”. “La Comunità”, ha aggiunto l’uomo, “era stata ripetutamente minacciata dai terroristi ed era già in stato di allerta ben prima dell’attentato. I residenti sono stati messi in guardia e ci sono professionisti della sicurezza e della polizia che sono appostati davanti a noi fin dagli attacchi avvenuti in Belgio. Non possiamo fare altro che pregare”.
Gli ebrei della città sono concentrati tutti nell’area a nord Est in una zona piuttosto ristretta e le comunità ebraiche e islamiche vivono a stretto contatto fra di loro e questo genera molta tensione nella popolazione con alcuni scontri a volte anche molto violenti fra le due minoranze che hanno provocato aggressioni a danno di alcuni ebrei dela zona in questi anni. Il Rabbino Cohen ha quindi rassicurato gli animi dicendo che per questo motivo “La comunità probabilmente è più prudente di altre e meno sorpesa di questo gesto terroristico. D’accordo anche Paul Harris editore del settimanale ebraico “Jewish Telegraph” che però ha espresso preoccupazione riguardo all’abitudine di alcuni gruppi di ebrei religiosi di ritrovarsi fuori dalla sinagoga che, a suo parere “li esporrebbe a numerosi rischi rendendoli bersagli facili di aggressioni. Questo atteggiamento è stato invece abbandonato in Francia e in altri Paesi.Forse qualcosa cambierà anche qui, adesso. Dopo l’attentato a Manchester regna un silenzio agghiacciante”.
Sempre da parte ebraica il Rabbino Cohen ha ringraziato l’impegno delle forze dell’ordine organizzando la distribuzione di cibo e bevande gratuite alle forze di polizia che stazionavano davanti all’arena dove si è verificato l’attacco. “Siamo tutti concittadini e dobbiamo lottare tutti assieme” ha detto durante l’iniziativa.
Dopo l’attentato non sono mancate ovviamente gli interventi di vari membri delle istituzioni internazionali. Il Primo Ministro inglese Theresa May ha condannato fermamente l’attentato definendolo “un odioso atto terroristico ai danni di giovani indifesi”, mentre il Primo Ministro israeliano durante l’incontro col presidente americano Trump ha parlato dell’attacco di Manchester criticando “l’incitamento al terrorismo da parte dell’Autorità Palestinese e del suo presidente Mahmoud Abbas”.