di Nathan Greppi
Oltre 1.000 scrittori hanno recentemente firmato un appello in cui dichiarano di non voler collaborare in alcun modo con le istituzioni letterarie israeliane e di non volere che i loro libri vengano pubblicati in Israele. Tra gli scrittori che hanno aderito all’appello, lanciato in occasione del Palestine Festival of Literature, figurano l’irlandese Sally Rooney, gli americani Percival Everett e Jhumpa Lahiri e l’indiana Arundhaty Roy.
Gli autori, che hanno accusato Israele di genocidio, hanno affermato che “non coopereremo con istituzioni israeliane tra cui editori, festival, agenzie letterarie e pubblicazioni” se “sono complici nella violazione dei diritti dei palestinesi” o “non hanno mai riconosciuto pubblicamente i diritti inalienabili del popolo palestinese sanciti dal diritto internazionale”.
Molti degli autori che hanno firmato l’appello al boicottaggio avevano già espresso in precedenza posizioni ostili nei confronti d’Israele. Prima del 7 ottobre, la Rooney aveva già dichiarato nel 2021 che non avrebbe fatto tradurre i suoi libri in ebraico da una casa editrice israeliana, in quanto sostenitrice del BDS.
La reazione
In risposta al boicottaggio, più di 1.000 scrittori, accademici ed esponenti del mondo dello spettacolo hanno firmato un contro-appello, promosso dall’organizzazione no profit Creative Community for Peace. Tra i firmatari, spiccano ad esempio il filosofo Bernard Henri-Lévy, l’autore di romanzi thriller Lee Child, le autrici Premio Nobel per la Letteratura Herta Müller ed Elfriede Jelinek, lo storico Simon Schama, l’attrice Mayim Bialik e i musicisti Ozzy Osbourne e Gene Simmons.
“Noi sottoscritti scrittori, autori e professionisti dell’industria dell’intrattenimento respingiamo gli appelli a boicottare scrittori, editori, autori, festival del libro e agenzie letterarie israeliane ed ebraiche”, si legge nell’appello. “Continuiamo a essere scioccati e delusi nel vedere i membri della comunità letteraria molestare e ostracizzare i loro colleghi perché non condividono una narrazione unilaterale in risposta al più grande massacro di ebrei dai tempi della Shoah”.
“Israele sta combattendo guerre esistenziali contro Hamas e Hezbollah, designati come gruppi terroristici dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dall’Unione Europea”, affermano. “L’esclusione di chiunque non condanni unilateralmente Israele è un’inversione della moralità e un offuscamento della realtà”.
I precedenti
Nell’ultimo periodo, a causa dei crescenti boicottaggi, è capitato persino che degli scrittori si rifiutassero di partecipare ad un convegno solo perché la moderatrice sarebbe stata filoisraeliana: è quello che è successo all’autrice ebrea americana Elisa Albert, che nel settembre 2024 avrebbe dovuto moderare un incontro presso la fiera del libro della città di Albany, nello Stato di New York. Tuttavia, prima dell’incontro ha ricevuto una mail da un organizzatore del festival che la informava che l’evento era stato annullato: il motivo? Due dei tre relatori, le autrici Lisa Ko e Aisha Abdel Gawad, non volevano sedersi con la Albert perché non volevano apparire in pubblico con una “sionista”.
Ci sono stati anche autori di origini ebraiche che sono stati presi di mira pur non avendo mai preso posizione sul conflitto a Gaza: è il caso di Gabrielle Zevin, autrice americana di padre ebreo e madre coreana. Il suo romanzo Tomorrow, and Tomorrow, and Tomorrow, a lungo un bestseller negli Stati Uniti, nel luglio 2024 è stato rimosso dagli scaffali di una libreria di Chicago perché etichettata come “sionista”, in quanto nel febbraio 2023 aveva partecipato ad un evento organizzato dall’associazione femminile sionista Hadassah.