di Roberto Zadik
Per quindici secoli la Grande Sinagoga di Aleppo ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale, non solo per la Comunità ebraica locale ma anche per lo scomparso e glorioso mondo ebraico arabo del quale gli ebrei siriani e aleppini costituivano una realtà importante e consolidata.
Tutto questo fino a quando, con le rivolte arabe del 1947, il successivo regime dittatoriale di Assad e gli scontri con i ribelli del 2016, questo edificio venne distrutto, cancellando per sempre la presenza ebraica , dopo che negli anni ’90 gli ultimi ebrei rimasti avevano lasciato definitivamente il Paese. Il Tablet Magazine, in un interessante articolo firmato da Matti Friedman e uscito lo scorso 23 giugno, rivela che la Grande Sinagoga ed i suoi antichi fasti rivivono in una mostra che è in corso all’Israel Museum di Gerusalemme.
Infatti, attraverso una cinquantina di foto scattate da un anonimo fotografo armeno nel novembre 1947 e l’uso della tecnologia e della realtà virtuale, i visitatori potranno vedere l’edificio, i suoi sontuosi locali e le preziose ed elaborate architetture, immergendosi in un mondo ebraico estremamente vitale e definitivamente scomparso.
Come è arrivato questo materiale al Museo e qual è l’intento della mostra? Il misterioso fotografo era stato ingaggiato da una certa Sarah Shammah, per immortalare la Sinagoga e i suoi locali, come se la donna avvertisse il presagio che la situazione ebraica siriana sarebbe precipitata a breve e non ne sarebbe più rimasta traccia. La sua profezia si rivelò perfettamente azzeccata; infatti, durante le devastanti rivolte arabe che causarono la distruzione di numerose case, sinagoghe e negozi ebraici della città, la Shammah, come la maggioranza dei suoi correligionari, fuggì senza mai più far ritorno in patria. Nella fuga, portò con sé i negativi di quelle immagini, che sono state custodite a Gerusalemme dalla sua famiglia, per tutti questi anni, fino a questa mostra.
Secondo una delle curatrici, Rachel Zarfaty, esposte nella sezione “Arte e Vita ebraica ” dell’edificio ci sono le 51 foto originali scattate a quel tempo ed inserite nella piattaforma virtuale da loro creata. L’esposizione è stata ideata da un gruppo di quattro persone, due residenti in Israele e due a Berlino, con solida esperienza in campo storico, cinematografico e culturale. Uno di loro, il regista israeliano 50enne Avi Dabach è nipote di Ezra Dabach, addetto alla Sinagoga che, quando lui era piccolo, gli raccontava aneddoti e storie riguardo all’edificio e che ha sottolineato la propria soddisfazione verso la mostra affermando “non posso descrivere quanto sia bella e se Israele e la Siria facessero la pace andrei subito lì”.
Si tratta di una iniziativa estremamente importante che mostra al pubblico un mondo ebraico poco conosciuto come quello siriano e una sinagoga che ha resistito fino all’ultimo; infatti, fu distrutta in parte nel 1947, ma i pochi ebrei rimasti lì continuarono a pregarvi fino agli anni ’90 e fu rasa al suolo definitivamente nel 2016, due anni dopo la sinagoga Jobar situata nella capitale siriana Damasco. Alcune immagini dell’iniziativa mostrano i guerriglieri siriani che combattevano nella sinagoga ormai devastata, con le mura bucate o ridotte a un cumulo di macerie. Tuttavia, come sottolinea l’articolo, la Grande Sinagoga di Aleppo non è l’unica ad essere stata riprodotta dall’Israel Museum. Infatti, nei suoi locali, sono state riprodotte virtualmente anche le sinagoghe di altri luoghi ebraici come le sinagoghe di Tetouan in Marocco o di Orano in Algeria; riguardo al mondo ebraico Est Europeo askenazita, quelle della Galizia e della Romania. Le simulazioni virtuali della Grande sinagoga di Aleppo, come quelle di altre realtà cancellate, portano i visitatori in un affascinante viaggio nel tempo e nello spazio all’interno degli edifici e delle atmosfere di quei luoghi di preghiera e di quei mondi lontani e affascinanti.