di Marina Gersony
Solidarietà e partecipazione nei confronti dei profughi afghani da parte di Israele e della diaspora ebraica dopo che il Paese è caduto in mano ai talebani. Numerose le iniziative, il supporto e gli aiuti nei confronti di coloro che, minacciati nel corpo e nell’anima dai fondamentalisti, stanno cercando di lasciare lo Stato islamico che ancora, dopo 20 anni di guerra e una stima di 130.000 vittime, si ritrova nel caos più totale a partire dalle drammatiche operazioni di evacuazione da Kabul.
Nonostante il timore di un’ondata di profughi incontenibile – il fatto che potrebbero essere portatori di antisemitismo e le difficoltà oggettive dovute a logistica, burocrazia e sicurezza – forte è l’impegno delle organizzazioni ebraiche per dirottare risorse su aiuti umanitari diretti a una popolazione allo sbando: del resto l’accoglienza è un concetto radicato nella tradizione, nei valori e nell’esperienza ebraica (zedaqah), tanto che l’asilo ai profughi ha visto un consenso bipartisan nelle comunità ebraiche spesso profondamente divise su altri argomenti.
Israele, l’aiuto ai profughi e alle donne afghane private dei loro diritti
A partire dalla dichiarazione avviata dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che chiede sicurezza per i rifugiati afghani, approvata da oltre 70 Paesi tra cui anche Israele, sono diversi i fronti su cui si sta muovendo lo Stato ebraico: dal premier israeliano Naftali Bennett – per la prima volta all’estero da quando è entrato in carica a giugno – che è atterrato negli Usa con l’intento di formare «una coalizione regionale di Paesi arabi ragionevoli» e affrontare le minacce nucleari e regionali dell’Iran, fino alla drammatica condizione femminile in Afghanistan (soprattutto attiviste e studentesse) che continua a preoccupare nonostante i talebani abbiano rassicurato la comunità internazionale che per il momento «le donne devono restare a casa», senza andare a lavoro (Vedi articolo Algemeiner). «Le donne dell’Afghanistan devono essere ascoltate», ha dichiarato senza mezzi termini l’ambasciatore israeliano Meirav Eilon Shahar alle Nazioni Unite durante una sessione speciale del Consiglio per i diritti umani sull’Afghanistan chiedendo pari diritti per gli afghani. Eilon Shahar ha affermato inoltre che Israele è anche allarmato dalle segnalazioni di uccisioni mirate di coloro che difendono i diritti delle donne e che condanna la violenza contro donne e ragazze. «Le donne e le ragazze non dovrebbero avere paura di camminare per le strade, non dovrebbero essere intimidite quando vanno a scuola e non dovrebbero essere soggette a violenza per quello che indossano», ha aggiunto.
La solidarietà dell’ebraismo britannico
Gli ebrei britannici (vedi articolo Algemeiner) stanno intensificando gli aiuti umanitari con la raccolta di migliaia di donazioni di beni, denaro e altra assistenza in sostegno dei rifugiati. Il Consiglio dei Deputati degli ebrei inglesi ha lanciato di fatto nuove risorse attraverso sinagoghe, aziende ed enti di beneficenza per raccogliere donazioni e fondi, mirati a facilitare il reclutamento di volontari per contribuire e aiutare enti di beneficenza e altre organizzazioni. Per l’occasione il Presidente del Consiglio dei Deputati, Marie van der Zyl, ha dichiarato: «Sulla scia della crisi causata dalla conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani, ci sono migliaia di rifugiati in disperato bisogno. Molte comunità ebraiche nel Regno Unito si sono già fatte avanti e stanno facendo tutto il possibile per aiutare. Sono orgogliosa che le persone stiano spendendo così tanto tempo e sforzi per fornire questo urgente aiuto umanitario».
Un paio di esempi fra tutti, la Griggs Home, una società di sviluppo e costruzione a Radlett, che sta raccogliendo donazioni di articoli da toeletta, vestiti, libri e giocattoli e il Jewish Council of Racial Equality (JCORE) che ha avviato l’Afghan Emergency Appeal per raccogliere fondi per i rifugiati nel Regno Unito con beni di prima necessità – da capispalla a biancheria intima, dentifricio, asciugamani – nonché supporto pratico, sociale e psicologico.
Piccole e grandi iniziative anche in Francia
Anche in Francia non mancano azioni di solidarietà: come il sindaco di Sarcelles, Patrick Haddad, di origini ebraico-tunisine, determinato ad accogliere i rifugiati dall’Afghanistan nonostante le capacità ormai quasi sature: «Il nostro contributo in termini di accoglienza sarà quindi limitato, anzi marginale – si legge in un articolo di Tribune Juive –. Abbiamo ancora, e ancora per qualche mese, un’ex casa di cura a disposizione dello Stato, che già accoglie e può continuare ad accogliere fino a 150 profughi, nell’ambito del loro viaggio migratorio».
Dieci modi in cui gli ebrei americani possono aiutare i rifugiati afghani
Infine, non si contano le comunità ebraiche negli Stati Uniti che stanno riattivando le loro reti di sostegno ai rifugiati mentre si preparano ad aiutare a reinsediare gli afghani fuggiti dall’occupazione talebana. In molte città sono presenti agenzie di servizi sociali partiti come sostegno degli immigrati ebrei e ora impegnati a supportare i nuovi arrivati di ogni provenienza, spesso coordinandosi con HIAS, ex Jewish Immigrant Aid Society, per identificare i rifugiati e soddisfare i loro bisogni. Un articolo del Forward a firma di Marisa Fox-Bevilacqua, riassume i dieci modi in cui gli ebrei americani possono aiutare i rifugiati afghani in modo concreto: « Mark Hetfield, Presidente e CEO di HIAS, mi ha detto che la sua organizzazione ha circa 16 siti partner comunitari istituiti in tutto il Paese per ricevere, promuovere e fornire assistenza sociale e occupazionale ai rifugiati appena arrivati e ai destinatari del visto speciale per immigrati, come corsi di inglese e formazione professionale – scrive Fox-Bevilacqua –. Ma attualmente sono sotto-finanziati e con risorse insufficienti […]. Il momento di agire è adesso… Ecco quindi 10 modi di grande impatto per aiutare i rifugiati dall’Afghanistan». (Vedi articolo Forward).