di Paolo Castellano
Il 21 luglio la Russia ha chiesto la chiusura dell’Agenzia ebraica. La questione non è legale ma politica. Mosca non ha digerito le critiche di Israele e la condanna del presidente degli Stati Uniti Joe Biden dell’invasione dell’Ucraina. Per questo motivo la mossa del governo russo appare allora come una ritorsione nei confronti dello Stato ebraico.
Per di più, come riporta il Jerusalem Post, il 24 luglio, diverse organizzazioni ebraiche che operano in Russia hanno ricevuto lettere d’avviso in merito alle loro attività: il Ministero della Giustizia russo sostiene che potrebbero essere considerate agenti stranieri. Dunque, le associazioni ebraiche, come l’Agenzia ebraica, potrebbero essere chiuse forzatamente.
In base a fonti russe, le organizzazioni continuano a fare il loro lavoro senza particolari intoppi. I progetti ebraici sono finanziati principalmente da fondi americani o israeliani. Per evitare ulteriori disordini politici e legali, le associazioni hanno deciso di mantenere un profilo basso e impegnarsi soltanto in situazioni d’emergenza.
Le lettere d’avvertimento non sono arrivate a quelle associazioni ebraiche che sono considerate locali e non hanno nessun rapporto con stati stranieri. Nonostante la temporanea immunità, anche loro hanno scelto di non esporsi pubblicamente.
Come riportano i media israeliani, da parecchi anni l’Agenzia ebraica in Russia è sotto sorveglianza dal FSB, i servizi segreti russi.
Il modus operandi del governo di Valdimir Putin non è piaciuto al governo israeliano. In merito alla richiesta della cessazione delle attività dell’Agenzia ebraica russa, il primo ministro Yair Lapid ha sottolineato che per Israele “le relazioni diplomatiche con la Russia sono importanti”, ma “la comunità ebraica in Russia è ampia e importante ed è oggetto di discussione diplomatica con il governo di Mosca”.
Come riporta Algemeiner, la chiusura definitiva dell’Agenzia ebraica russa sarebbe “un fatto grave” che metterebbe a dura prova le relazioni diplomatiche tra Gerusalemme e Mosca.
(crediti foto: Al Jazeera)