di Paolo Castellano
Il bando americano sui rifugiati e sugli immigrati da 7 importanti Paesi musulmani ha colpito diverse famiglie ebraiche afferma l’HIAS, un gruppo di supporto e di difesa che si occupa dei rifugiati, riporta il Jerusalem Post.
Il divieto, firmato il 27 gennaio dal Presidente Donald Trump, ha reso incerta la difficile condizione di un ventenne ebreo iraniano e di sua madre, che dallo scorso anno stanno aspettando in un anonima regione (una precauzione per garantire la sicurezza dei due) una risposta alla richiesta di asilo negli Stati Uniti. Questa storia è stata svelata il 28 gennaio con una dichiarazione di Mark Hetfield, amministratore delegato di HIAS.
Dicendo di voler tutelare gli interessi privati e di non complicare i procedimenti legali, Hertfield ha rifiutato di fare i nomi dei richiedenti asilo e di rivelare il loro luogo di residenza. Egli inoltre ha specificato che il ragazzo e sua madre stanno provando a riunirsi con le due sorelle che sono già negli Stati Uniti.
Lo scorso anno, HIAS ha gestito 159 richieste di ebrei per avere asilo negli Stati Uniti, tra loro ci sono stati 89 iraniani e diversi ebrei dallo Yemen.
Nel 1881 l’Hebrew Immigrant Aid Society fu fondata con lo scopo di assistere quegli ebrei che volevano fuggire dai progrom in Russia e nell’Est Europa. L’HIAS è stata riconosciuta ufficialmente nel 1976 dal Dipartimento americano di Giustizia come un’agenzia autorizzata a occuparsi d’immigrazione. Attualmente per l’organizzazione lavorano centinaia di persone che sono attive in più di 30 Paesi, trattando più di 4mila istanze d’asilo ogni anno: molte di queste riguardanti non ebrei.
I richiedenti di origine mediorientale dell’HIAS vengono esaminati e protetti in un processo che può essere lungo due anni: spesso chi chiede asilo politico viaggia verso gli Stati Uniti attraversando l’Ucraina o l’Austria, se hanno un visto.
L’HIAS è uno dei tanti gruppi americani ebraici che ha protestato contro l’ordine esecutivo di Trump. «Il bando danneggia centinaia di nostri clienti, i quali potrebbero rischiare la vita se respinti», ha dichiarato Hetfield.
L’ordine esecutivo proibisce infatti ai rifugiati di entrare negli Stati Uniti per 120 giorni, con un divieto indefinito per quelli che fuggono dalla Siria devastata dalla guerra. I cittadini dell’Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Siria e Yemen non sono ammessi per 90 giorni.
Hetfield ha inoltre sottolineato un caso che ha coinvolto una famiglia non ebrea siriana in cerca di asilo politico che, nonostante abbia ottenuto il 20 gennaio i visti per entrare negli Stati Uniti come rifugiati, dopo un controllo del Dipartimento di Sicurezza Interna, il 27 gennaio sono stati obbligati a tornare in Ucraina per far ritorno ai campi profughi della Giordania. La madre e le sue figlie, di 5 e 8 anni, hanno tentato di riunirsi al padre che è già negli Stati Uniti. A loro è stato permesso di ritornare in Giordania, “ma in alcuni casi, c’è il rischio che le persone che partono per diventare rifugiati negli USA non siano riaccettati, o peggio”, Hetfield ha detto.
La decisione di Trump è stata appoggiata e condivisa sui social network dal suo consigliere e genero Jared Kushner. Come riporta il Corriere Della Sera, il marito di sua figlia Ivanka, però, nelle ultime ore è stato accusato da una giornalista del giornale The Nation, Lizzy Ratner, di aver tradito la memoria di sua nonna, Rae Kushner, che nel 1982 rilasciò una testimonianza presso il Keane College of New Jersey Holocaust Center contro le decisioni di Roosvelt sui richiedenti asilo: «Non ho mai capito una cosa. Persino il nostro bravo presidente Roosevelt, come ha potuto chiudere così a lungo le porte ai rifugiati ebrei?»
La nonna di Kushner era un ebrea polacca che fu perseguitata dai nazisti e dal governo comunista: nel 1939, dopo l’entrata delle truppe sovietiche in Polonia, alla famiglia Kushner furono sequestrate la casa e l’azienda di famiglia.
Rae e il marito Joseph Kushner nel 1949 riuscirono a raggiungere gli Stati Uniti e ricominciarono una nuova vita a New York con i loro 4 figli.