di Anna Lesnevskaya
Quattro incontri nell’arco di un anno, (tre a Mosca e uno a Parigi), senza contare le numerose telefonate intercorse tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente russo Vladimir Putin. Un intensificarsi di rapporti tra Israele e la Russia che ha avuto una tappa importante durante la visita ufficiale di Netanyahu a Mosca nei giorni scorsi, il 7 e 8 giugno. Incontro, questo, previsto da tanto tempo, che nell’occasione del venticinquesimo anniversario della ripresa dei rapporti diplomatici tra i due Stati, riaccende i riflettori sui nodi cruciali delle relazioni israelo-russe.
Il principale quotidiano economico Vedomosti, ha titolato “Netanyahu verrà a Mosca per la terza volta negli ultimi 12 mesi”, sottolineando l’intensità dei rapporti tra Israele e Russia. Mentre l’emittente Russia Today, che rispecchia la posizione del Cremlino, ha riportato le dichirazioni del portavoce di Putin, Dmitri Peskov, che, parlando dei molteplici incontri dei due leader, ha sostenuto: “Sono frutto di relazioni di vecchia data, nelle quali si prendono in considerazione le preoccupazioni reciproche e dove le respettive posizioni vengono dichiarate in modo costruttivo, il che favorisce i rapporti frequenti e intensi”.
Uno dei principali quotidiani russi, con posizione moderata, Kommersant, ha dedicato all’incotro tra Putin e Netanyahu un articolo a firma del giornalista del pool presidenziale, Andrei Kolsenikov, che usa i suoi soliti toni ironici. “Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu si sono scambiati assiduamente le cortesie” come se volessero dimostrare che “non ci sia niente che possa gettare ombra” sui rapportti tra i due Stati, scrive il giornalista. E poi sintetizza: pare che i porblemi tra Irsaele e Russia (quelli riguardo al coordinamenteo aereo) siano stati risolti.
L’eredità sovietica
L’Urss fu il primo Paese a riconoscere lo Stato di Israele dopo la sua proclamazione avvenuta il 14 maggio del 1948. In Israele non hanno mai dimenticato quanto l’apporto sovietico fu cruciale nella prima guerra arabo-israeliana, scoppiata subito dopo il ’48, vinta dagli israeliani grazie a consistenti rifornimenti di armi dell’Urss. Ma se inizialmente Stalin era interessato a sostenere la creazione di uno Stato ebraico in Palestina in contrasto con il Regno Unito, in seguito la sua politica estera mutò, e si schierò con i Paesi arabi. Dopo la Guerra dei sei giorni del 1967, i sovietici ruppero le relazioni diplomatiche con Israele, ufficialmente ripristinate solo il 18 ottobre del 1991.
“Mi ricordo quei giorni, i primi anni dopo la ripresa dei rapporti diplomatici, – ha detto Netanyahu alla conferenza stampa congiunta con Putin al Cremlino. – Mi ricordo come partecipai all’incontro di Yitzhak Shamir e Andrei Gromyko a New York”, ha aggiunto il premier israeliano, all’epoca dei fatti viceministro degli Esteri.
Rapporti ‘speciali’
A Mosca i due leader hanno discusso di cooperazione bilaterale. Tra i punti salienti, citati dai principali media russi, è stata la dichiarazione di Putin riguardo all’avvio entro la fine di quest’anno dei negoziati per la creazione di un’area di libero scambio tra Israele e l’Unione economica eurasiatica, che oltre alla Russia comprende alcuni Stati dell’ex blocco sovietico.
L’attenzione dei media russi è stata rivolta anche alla promessa che il presidente russo aveva dato a Netanyahu durante il loro penultimo incontro e ora ha realizzato, ossia quella di restituire ad Israele il relitto di un carro armato utilizzato nella battaglia di Sultan Yacoub, durante la Guerra del Libano del 1982, nel quale si trovavano tre militari israeliani dispersi. Il mezzo catturato dalla Siria e in seguito condotto in Russia è l’unico ricordo per le famiglie dei soldati.
Molto risalto sui media russi ha avuto anche la notizia dell’accordo intergovernativo che prevede il versamento delle pensioni dal governo russo ai suoi connazionali che in epoche diverse hanno espatriato in Israele. Si tratta di circa 100 mila persone.
In occasione della ricorrenza nei rapporti tra gli Stati, nel Maneggio della Piazza Rossa, Netanyahu ha inaugurato una grande mostra dedicata ad Israele.
Sembra che sia proprio quello che il premier israeliano ha più volte definito come “il ponte vivente” tra i due Stati, ossia 1,5 milioni di cittadini israeliani provenienti dall’ex Urss, a rendere speciali i rapporti, non per altro privi di punti contrastanti, tra Israele e Russia. I due leader hanno evocato in diverse occasioni il ruolo dell’esercito sovietico nella sconfitta della Germania nazista e l’importanza della memoria, anche in Israele, di quella che in Russia viene chiamata la Grande guerra patriottica. Lo stesso Vladimir Putin ha detto, in occasione di una precedente visita di Netanyahu in Russia, che la consistente popolazione russofona di Israele “marca un segno speciale sui rapporti tra i nostri Stati”. “Tutte le azioni della Russia nella regione sono sempre state e saranno molto responsabili”.
Coordinamento militare
Ed è proprio la situazione nel Medio Oriente che ha fatto da cornice a quest’ulima visita di Netanyahu in Russia e che può essere considerata tra i motivi dei molteplici contatti tra i due leader durante l’ultimo anno, periodo in cui la Russia è stata impegnata nel conflitto siriano. Dal novembre scorso, almeno due volte i caccia russi hanno sconfinato nello spazio aereo israeliano. Ma, a differenza della Turchia, Israele ha sempre gestito la situazione con i guanti di velluto e qualsiasi incidente è stato evitato grazie ad un meccanismo di coordinamento coi militari russi, elaborato su iniziativa israeliana.
Come ha raccontato in un’intervista al giornale russo Kommersant l’ambasciatore israeliano a Mosca, Zvi Heifetz, già nel settembre scorso Israele aveva messo a punto delle misure di sicurezza per evitare degli incidenti con l’aviazione russa. Ed è proprio di queste misure che Netanyahu e Putin hanno discusso durante gli incontri e contatti telefonici che si sono susseguiti dall’autunno scorso. “Quando gli aerei russi sconfinavano sul nostro territorio, noi gli facevano presente che si erano un poco sbagliati. Allora viravano e volavano via”, ha detto il diplomatico israeliano.
Realpolitik in Medio Oriente
In ambito regionale, però, i contrasti tra Israele e la Russia ci sono e Netanyahu non ha mai mancato di sottolinearli. La Russia è fra i pochi Paesi occidentali a non aver ancora inserito Hamas tra le organizzazioni terroristiche. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, incontrando pochi giorni fa il suo omologo palestinese, Riyad al-Maliki, ha parlato ancora del “potenziale” del Quartetto (Ue, Russia, Usa e Onu) e dell’importanza dell’Iniziativa araba per la pace del 2002 per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Mentre Israele ha sempre insistito sui negoziati diretti con la Palestina.
Infine lo scenario siriano vede Israele e Russia su schieramenti contrapposti. Se la Russia, da una parte, sostiene il governo di Assad alleato con Hezbollah e Iran, la priorità di Israele è quella di impedire che l’organizzazione paramilitare libanese, armata dalla Siria e dall’Iran, lanci i razzi sulla frontiera israeliana al Nord. Israele insiste anche sull’importanza strategica del controllo delle Alture del Golan, rivendicate dalla Siria, che ha perso questo territorio nel ’67.
Come conciliare queste divergenze tra Russia e Israele? Risponde ancora l’ambasciatore israeliano in Russia. “Non si pensa più che il nemico del mio nemico sia un mio amico, o viceversa, – ha detto Heifetz a Kommersant. – I rapporti tra due singoli soggetti vanno considerati a parte. Non siamo imbarazzati dal fatto che la Russia sia amica dell’Iran o della Siria, finché i nostri legittimi interessi sono rispettati”.