di Ludovica Iacovacci
L’Assemblea Generale dell’Onu ha deciso che dal 2 al 4 giugno 2025 a New York sarà convocata una conferenza internazionale per cercare di dare il via a una soluzione a due Stati, preceduta da una riunione preparatoria che si terrà a maggio 2025.
Rivolgendosi ai 193 membri dell’Assemblea, il Presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, il 77enne camerunense Philémon Yang, ha ribadito l’importanza della soluzione dei due Stati definendola “l’unica via per una pace duratura”. Yang ha aggiunto che tale soluzione, concepita per la prima volta nella risoluzione 181 del 1947 dell’Assemblea generale adottata 77 anni fa, resta ancora fuori portata e si è concentrato sulla “negazione dello Stato palestinese”.
La “Conferenza internazionale di alto livello per la soluzione pacifica del Medio Oriente e l’attuazione della soluzione dei due Stati” sarà co-presieduta da Francia e Arabia Saudita. “Nei prossimi mesi, insieme moltiplicheremo e combineremo le nostre iniziative diplomatiche per portare tutti su questo percorso”, ha detto Macron citando l’AFP.
La risoluzione ( A/79/L.23 ) è stata approvata con 157 voti favorevoli e 8 contrari (Argentina, Ungheria, Israele, Micronesia, Nauru, Palau, Papua Nuova Guinea e Stati Uniti), con 7 astensioni (Camerun, Repubblica Ceca, Ecuador, Georgia, Paraguay, Ucraina e Uruguay). L’Italia ha votato a favore.
La risoluzione ha anche chiesto la fine dell’”occupazione israeliana iniziata nel 1967”, inclusa “Gerusalemme Est”. L’Assemblea ha detto che i due Stati dovrebbero “vivere fianco a fianco in pace e sicurezza all’interno di confini riconosciuti, sulla base dei confini pre-1967”.
Su questo punto, l’Australia per la prima volta dal 2001 ha cambiato il suo posizionamento politico votando a favore della misura che chiede a Israele di ritirarsi dalla Giudea e Samaria e da Gaza. Canberra ha rotto con la sua consolidata opposizione adottata per due decenni. Peter Dutton, leader dell’opposizione australiana, ha criticato il cambiamento di politica del governo accusando il primo ministro Anthony Albanese di aver “venduto” la comunità ebraica del Paese per conquistare i cuori degli elettori progressisti. Dopo il 7 ottobre, gli attacchi antiebraici in Australia sono quadruplicati, secondo il Consiglio esecutivo dell’ebraismo australiano (ECAJ) in un rapporto pubblicato domenica. Un totale di 2.062 incidenti sono stati registrati tra ottobre 2023 e settembre 2024, molto più dei 495 incidenti rilevati un anno prima. Il totale non include le dichiarazioni antisemite fatte sui social media.
Infine, il testo della risoluzione invita le parti ad “agire in modo responsabile” per invertire “le tendenze negative, comprese tutte le misure adottate sul campo che contravvengono al diritto internazionale”. Più specificamente, l’Assemblea chiede ancora una volta che “i diritti inalienabili del popolo palestinese, primo fra tutti il diritto all’autodeterminazione e il diritto a creare uno Stato indipendente, siano realizzati”. Tolto Israele, solo 7 Stati su 193 sono contrari alla creazione dello Stato palestinese.
Parallelamente ai vertici internazionali, si muovono anche i tavoli della diplomazia palestinese per il futuro della Striscia, luogo del mondo dove la gran parte dei gazawi non vede Israele come una forza liberatrice, bensì come un nemico da combattere ad ogni costo. Hamas e Fatah, il partito del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen, hanno concordato di formare un comitato per l’amministrazione della Striscia di Gaza dopo la guerra: Hamas si riconferma, in tal modo, espressione di larghe fasce del popolo palestinese.
Inoltre, nella stessa giornata l’Assemblea Generale ha votato per altre due risoluzioni. La prima è intitolata “Divisione del Segretariato per i diritti dei palestinesi ” (documento A/79/L.24). La votazione registrata ha avuto 101 voti a favore, 27 contrari e 42 astensioni. L’Assemblea ha chiesto al Segretario generale di continuare a fornire risorse e chiede di garantire che la Divisione continui a svolgere efficacemente il suo lavoro.
La seconda risoluzione, adottata dall’Assemblea con 97 voti a favore, 8 contrari (Australia, Canada, Israele, Stati Federati di Micronesia, Palau, Papua Nuova Guinea, Regno Unito, Stati Uniti) e 64 astensioni, riguarda “Il Golan siriano” (documento A/79/L.19). Il documento dichiara che Israele non ha rispettato la risoluzione 497 (1981) del Consiglio di Sicurezza e stabilisce che la decisione di imporre la propria giurisdizione sul “Golan siriano occupato” è nulla e non valida. Si invita inoltre lo Stato ebraico a riprendere i colloqui sui binari siriani e libanesi e a ritirarsi da tutto il “Golan siriano occupato”.
Insomma, una giornata di festa per Hamas e Bashar al-Assad nel rispetto del cosiddetto “diritto internazionale”.
(Foto: screenshot)