Polonia: a Jedwabne alla commemorazione per le vittime del massacro del ’41 assenti cittadini e istituzioni

Mondo

di Roberto Zadik

Michael Schudrich, rabbino capo di Polonia, durante la commemorazione delle vittime della strage di Jedwabne, nel luglio del 1941

La Polonia è sempre stato un Paese complicato e sia in passato che oggi, fatica a fare i conti col suo doloroso passato e con la Shoah che in soli tre anni, dal 1942 al 1945, ha cancellato per sempre quel mondo ebraico raccontato con efficacia dal grande Isaac Singer nei suoi libri. Nonostante ormai non ci siano quasi più ebrei, ancora oggi episodi imbarazzanti di indifferenza e antisemitismo accadono nel Paese.

A questo proposito ha suscitato diverse polemiche, l’assenza delle istituzioni, durante  la recente manifestazione che si è tenuta nella cittadina di Jedwabne per ricordare il 75esimo anniversario del massacro di molti ebrei (tra 340 a 1500) nel 1941 alla quale, secondo le notizie avrebbero partecipato solo 150 persone. Alla cerimonia, tenutasi alcuni giorni fa, erano presenti solamente  persone di religione ebraica ma il sindaco non si è fatto vedere per tutta la durata dell’iniziativa.

A dare la notizia il sito Times of Israel che, nel suo articolo, descrive con giusta indignazione quanto accaduto. All’evento ha partecipato anche Jonathan Greenblatt, membro di punta dell’Anti Defamation League , che ha detto che l’evento “riguarda il nostro lavoro, che è quello di combattere antisemitismo, razzismo e bigottismo”.

In quella cittadina un gruppo di polacchi assalì il quartiere ebraco della zona bruciando vivi quasi 340 ebrei nel luglio del 1941. Nonostante questa tremenda strage e l’importanza del suo ricordo, il sindaco non ha partecipato giustificando la sua assenza motivata “da impregni precedentemente fissati”. Nemmeno gli abitanti del luogo hanno preso parte alle commemorazioni, stando a quanto ha specificato, il 90enne non ebreo Henryk Zandek che visse a Jebwabne negli anni della Shoah.

Fra le reazioni anche la disperazione di Itzhak Lewin sopravvissuto 85enne che ricorda come la popolazione ebraica della cittadina venne assalita e bruciata viva. Avvertita dalla gente del luogo, la sua famiglia riuscì a fuggire in un bosco vicino, dove una famiglia polacca li nascose. Nel suo racconto, Lewin, ha detto di aver lavorato nella cucina dell’esercito tedesco.

Sull’antisemitismo e sull’indifferenza polacca riguardo a quanto accadde a Jebwabne,che restò nell’oblio fino a 15 anni fa ha puntualizzato il rabbino capo Michael Schrudich. Egli ha continuato dicendo che “per molta gente accettare la realtà era molto difficile ma in recentemente alcuni polacchi hanno cominciato a ammettere le loro responsabilità nel massacro dei loro connazionali ebrei”. A queste reazioni si aggiungono i commenti del Sottosegretario di Stato polacco, Wojcjech Kolarski, presente alla manifestazione al posto del presidente polacco Andrzej Duda che ha così espresso il suo cordoglio riguardo a un fatto in cui “i cittadini polacchi in quel momento uccisero spietatamente i loro connazionali ebrei dopo secoli di convivenza”.

Alcune istituzioni hanno reagito duramente alle parole di Kolarski dicendo che non furono i polacchi ad aver ucciso gli ebrei a Jedwabne, incluso il senatore Jadwiga Stolarska, che nel 2001 cominciò a sostenere che dietro il massacro ci fossero i tedeschi e che “nessun polacco avrebbe potuto commettere gli omicidi in alcun modo”. Concludendo il suo approfondimento sulla notizia, il sito Times of Israel riporta vari tipi di reazioni e esternazioni, sottolineando quanto sia spinoso per la Polonia il tema della Shoah e come esso scateni vari tipi di atteggiamenti fra le istituzioni. L’anno scorso, durante una trasmissione televisiva,  il presidente Duda aveva detto “credo che sia estremamente importante per noi negare qualunque partecipazione alla Shoah e il Signore sa che i polacchi non parteciparono in nessun modo a questo orrore”.