di Roberto Zadik e Nathan Greppi
Rischia fino a tre anni di carcere chiunque definisca “polacchi” i campi di concentramento costruiti dai nazisti sul suolo polacco occupato dal Terzo Reich.
Così decreta la nuova legge entrata in vigore il 6 febbraio. Un tentativo negazionista? Un rifiuto delle proprie responsabilità durante la Shoah che indigna Israele e i sopravvissuti
È ufficialmente entrata in vigore il 6 febbraio in Polonia la controversa legge per la quale chiunque chiami “polacchi” i lager nazisti in territorio polacco rischia fino a tre anni di carcere. La norma, che di fatto discolpa la Polonia da ogni responsabilità riguardo alla Shoah, dopo essere stata approvata lo scorso 31 gennaio dal Senato, è stata firmata dal presidente polacco, che si è impegnato a inviarla alla Corte costituzionale per un esame di compatibilità, soprattutto per quanto riguarda il diritto alla libertà di espressione. In base alla norme polacche, però, la legge entra in vigore subito dopo la firma e solo la Corte potrà sospenderla nel caso ne riscontri elementi di incostituzionalità.
«Che la Shoah sia stata progettata e realizzata dai nazisti è una verità indiscutibile – ha detto in una intervista al Corriere della Sera lo storico Marcello Pezzetti, direttore del Museo della Shoah di Roma, all’indomani dell’approvazione della legge da parte del Senato -. Ma trasformare in reato un’espressione storicamente infondata come “campi polacchi” è inaccettabile. Una manovra che rivela la volontà di prendere le distanze dal passato annullandolo, una fuga». «L’intero complesso di Auschwitz – continua Pezzetti – fu istituito quando il territorio era già stato annesso al Terzo Reich: quindi non solo amministrato nell’ambito del Governatorato generale, ma a tutti gli effetti “Germania”».
Nonostante ciò, nel Paese si sono consumati un gran numero di massacri antisemiti sia nei lager, fra tutti Auschwitz, sia molto prima e anche dopo la fine della guerra. È il caso del pogrom di Kielce, il 4 luglio del 1946, dove dei 200 ebrei sopravvissuti alla Shoah, tornati alle proprie case, ne furono massacrati 46 e 80 feriti, dai “vicini di casa” polacchi. E pensare che nel 1939 gli ebrei di Kielce erano 24mila…
«Tra i polacchi ci furono i delatori, che taglieggiavano gli ebrei e li vendevano ai nazisti – spiega ancora Pezzetti –. Ma anche i Giusti, come Irena Sendler, che salvò centinaia di bambini del ghetto di Varsavia. Ricordiamo che in Polonia chiunque aiutasse un ebreo era messo a morte con l’intera famiglia. E i polacchi non lavoravano nei campi: tra le guardie c’erano polacchi-tedeschi, assimilabili ai tedeschi, e ucraini». Non è giusto, quindi, accusare una intera popolazione di collaborazionismo e complicità con il regime nazista. La popolazione polacca, però, ha sempre considerato il cattolicesimo come un elemento fondante della identità nazionale, e quindi gli ebrei sono stati relegati al ruolo di una “nazione nella Nazione”, separati, esclusi da molti incarichi pubblici: «Per questo, quando cominciano i rastrellamenti, gli ebrei formano già un blocco separato, facilmente identificabile».
REAZIONI INDIGNATE
L’approvazione della legge da parte del Senato ha subito scatenato una tempesta di critiche e di indignazione da parte del mondo politico israeliano e dei sopravvissuti alla Shoah, uniti in un coro di proteste contro questa misura governativa giudicata da molti contraria a qualsiasi etica e buon senso e totalmente anti-storica. A questo proposito il Ministero degli Esteri israeliano ha sottolineato che «nessuna legge potrà cambiare l’andamento dei fatti», ribadendo che si tratta di un provvedimento negazionista. Inoltre, Yoav Galant, Ministro delle Costruzioni del Governo Netanyahu, ha aspramente condannato su Twitter la legge descrivendola come “profondamente negazionista” e lo stesso ha detto Yisrael Katz, Ministro dei Trasporti del Likud, ha invitato Netanyahu a contattare immediatamente l’ambasciatore israeliano in Polonia per consultazioni urgenti. La legge, a detta dei politici israeliani, nega la responsabilità «della morte dei tre milioni di ebrei polacchi che furono sistematicamente perseguitati, schedati e quasi totalmente eliminati nella collaborazione del Paese con il nazismo».
A queste proteste si è associato anche lo Yad Vashem di Gerusalemme che ha rilasciato una nota: «È scandaloso che nonostante tutte le proteste e i problemi nell’emanazione di questo provvedimento, la Polonia abbia deciso la sua approvazione». Nonostante questo, però, ha enfatizzato l’importanza «di combattere queste gravi falsificazioni storiche, non tanto criminalizzandole, ma rafforzando le attività educative e sostenendo la ricerca sui rapporti fra ebrei e polacchi durante la Shoah». A placare, anche se di poco, le polemiche, è stata la decisione del presidente Duda di firmare la legge sottoponendola all’esame della Corte costituzionale per un esame di compatibilità. «Prendiamo nota della decisione della presidenza di chiedere un’analisi più approfondita del testo» e «speriamo – ha detto il ministero degli esteri israeliano – che in un tempo determinato, fino a che la Corte concluda le sue deliberazioni, riusciremo a trovare un’intesa sulle modifiche e le correzioni» al controverso testo.
Lo scontro, comunque, fra Polonia e Israele rimane aperto. Da una parte ci sono le autorità polacche, che contestano le critiche alla nazione; dall’altra, i politici israeliani e i sopravvissuti agli orrori della Shoah che hanno confermato la brutalità e la violenza subita in Polonia dai loro vicini, zelanti collaboratori dei nazisti.
Intanto, dall’estrema destra polacca sono arrivate le denunce di un “complotto ebraico” che starebbe dietro alle critiche alla nuova legge. Il primo responsabile è Ryszard Czarnecki, membro del partito al governo Diritto e Giustizia (PiS in polacco) ed ex-vicepresidente del Parlamento Europeo, il quale ha accusato gli ebrei americani di complottare contro la nuova legge, nel corso di un dibattito televisivo il sabato sera, accusandoli di “aggressività” nei confronti della Polonia. Czarnecki ha anche citato una frase di Roman Dmowsky, che fu Ministro degli Esteri Polacco negli anni ’20 ed era noto per il suo fervente antisemitismo.
In Polonia, poi, dopo che le autorità hanno impedito una grossa manifestazione davanti all’Ambasciata israeliana a Varsavia, alcuni gruppi neofascisti si stanno nuovamente mobilitando contro “l’aggressione israeliana” alla nuova legge.
Lunedì 5 febbraio, il giorno prima dell’apposizione della firma alla legge da parte del presidente Andrzej Duda, i sostenitori del movimento ultranazionalista Gioventù Polacca (MW), sezione giovanile del partito noto come Movimento Nazionale, si sono riuniti davanti al Palazzo Presidenziale di Varsavia per chiedere che le procedure per far entrare la legge in vigore venissero accelerate. In quell’occasione, i manifestanti hanno gridato slogan quali “Togliti la Kippah!”. Inoltre, il capo della MW Robert Winnicki ha chiesto che l’ambasciatrice israeliana in Polonia, Anna Azari, diventasse subito «persona non grata».
L’indomani, la MW ha emanato un manifesto politico intitolato “Ferma l’Arroganza Ebraica,” che ha ricevuto molta attenzione da parte dei media polacchi. Sostenendo che la Polonia sia “un vassallo dei circoli ebraici,” il manifesto affermava che sia giunto il tempo che gli storici esaminino la “slealtà di gran parte degli ebrei polacchi verso lo Stato polacco” durante la guerra, accusando gli ebrei di aver “denunciato” i loro vicini polacchi durante l’occupazione sovietica. Slealtà di cui accusano anche gli ebrei polacchi di oggi, definiti “quinta colonna” per i loro rapporti con Israele. “Gli ebrei sono sempre stati una civiltà distinta, fondata su modelli religiosi e culturali diversi”. Il manifesto si conclude incitando i giovani polacchi a “svegliare la nostra nazione dal suo letargo svelando il vero volto dei rapporti tra polacchi ed ebrei.” Questo manifesto «è probabilmente il più radicale dagli anni ’30, e non stiamo parlando di una piccola organizzazione», ha dichiarato Rafal Pankowski, fondatore dell’ONG antifascista Nigdy Wiecej (Mai Più). Infatti, secondo un sondaggio della fondazione polacca CBOS, il 38% dei polacchi tra i 18 e i 24 anni sostiene l’MW e altri gruppi di estrema destra. A novembre, il Congresso Ebraico Europeo ha svelato che in Polonia c’è stato un notevole aumento di aggressioni antisemite.