di Roberto Zadik
Nessuno se l’aspettava eppure è successo. Lo scorso 26 gennaio la Polonia aveva votato una legge shock dove negava qualunque responsabilità nella Shoah, essendo stata teatro di vari orrori in questo senso primo fra tutti il lager di Auschwitz e che prevedeva la condanna fino a 3 anni di reclusione a chiunque pronunciasse la frase “i campi di sterminio polacchi o alludesse a qualunque connivenza del Paese col nazismo.
Ebbene mercoledì scorso, il parlamento polacco e il premier Mateusz Morawiecki hanno indetto una riunione d’urgenza chiedendo l’abrogazione di questa misura drastica anche in seguito al vasto coro di polemiche internazionali da essa scatenate. Secondo il New York Times, il Presidente Duda l’avrebbe firmata e trasformata in legge in poche ore e questo perché, le autorità polacche punterebbero al mantenimento dei legami con Washington, visto che America e Israele erano infuriate dopo il provvedimento deresponsabilizzante polacco in materia di Shoah.
Nonostante questo è storicamente innegabile che 3 milioni di ebrei che vivevano in Polonia prima della Guerra sono stati massacrati dai nazisti e che questo enorme numero di vittime rappresenti la metà dei morti nella Shoah. Nonostante Morawiecki non abbia approfondito i motivi di questa decisione, egli ha detto che il parlamento sta facendo il possibile, affinchè la Polonia prenda coscienza del suo ruolo determinante nella Seconda Guerra Mondiale. Nonostante questa dichiarazione positiva, il governo ha ribadito che i polacchi non furono complici degli spietati massacri, come diverse fonti storiche e testimonianze hanno chiaramente dimostrato, ma vittime dei nazisti.
Con la deresponsabilizzazione della Polonia, il sito “The star” si sofferma sul tentativo di preservare la reputazione del Paese, e il partito nazionalista Legge e Giustizia ne ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia, ma in questi mesi essa è stata messa in pericolo proprio da questo provvedimento. Perfino l’ex presidente americano Obama aveva menzionato i campi in Polonia costituendo un oltraggio alla nazione Sentitosi scosso dalle polemiche suscitate internazionalmente, egli si è difeso sottolineando che “la finalità principale della legge fosse la lotta per la verità sulla Seconda Guerra Mondiale e il Dopoguerra”. Il sito www.rt.com ha aggiunto vari particolari interessanti come il fatto che secondo Morawiecki chi offende la Polonia meriterebbe comunque una punizione ma non questo è insostenibile internazionalmente e specifica la reazione favorevole del premier israeliano Netanyahu, che ha espresso la propria soddisfazione riguardo all’abrogazione parlamentare delle clausole punitive che “tanto avevano indignato e sconvolto l’opinione pubblica israeliana e internazionale” come ha sottolineato. Dure erano state fra febbraio e marzo di quest’anno i commenti sia dai membri dello Yad Vashem che accusava la Polonia di “negare le proprie responsabilità” che del Segretario di Stato americano Tillerson che definiva la legge come “contraria alla libertà di parola”.
Le autorità polacche hanno fermamente respinto le accuse riconoscendo le responsabilità antiebraiche ma opponendosi a chiunque offenda la Polonia con definizioni, a loro avviso, inappropriate come “campi di sterminio polacchi”. La discutibile legge è stata promulgata in una fase decisamente critica per la Polonia che come altri Paesi europei sta vivendo una fase dove estremismo xenofobo e ritorno di antisemitismo nella quotidianità interpersonale e sul web sono all’ordine del giorno, malgrado la presenza ebraica sia molto esigua, circa 400mila ebrei, secondo le stime fornite dallo Yad Vashem.