Primarie USA: posizioni divergenti sugli aiuti a Israele

Mondo

di Nathan Greppi
Nell’ambito delle relazioni tra Israele e gli Stati Uniti, uno dei punti più delicati è il sostegno economico e militare che Gerusalemme riceve da Washington ogni anno: secondo l’ultimo accordo, a partire dal 2019 lo Stato Ebraico dovrebbe ricevere 3,8 miliardi di dollari all’anno fino al 2028, quando scadrà l’accordo. Una cifra superiore ai 3 miliardi annuali del periodo 2009 – 2019 e ai 2,6 miliardi del periodo 1999 – 2009.  Tuttavia, nella politica americana queste decisioni trovano sia sostenitori che oppositori da entrambe le parti, a destra e a sinistra.

Repubblicani

Recentemente, il tema è stato al centro di accese discussioni nel corso di un dibattito a Milwaukee trasmesso su Fox News tra otto candidati alle primarie repubblicane, in vista delle elezioni presidenziali del 2024 (l’unico a non presentarsi è stato Donald Trump, che invece è stato ospite di un programma del conduttore Tucker Carlson su Twitter).

L’argomento è stato tirato fuori da Nikki Haley, data solo al 3% dai sondaggi per le primarie ma favorita tra gli ebrei repubblicani, soprattutto per la vicinanza a Israele dimostrata quando era Ambasciatrice americana all’ONU. In particolare, si è scagliata contro un altro dei candidati, l’imprenditore Vivek Ramaswamy, il quale ha dichiarato di voler porre fine agli aiuti a Israele qualora venisse eletto Presidente (nella foto il dibattito televisivo).

Ramaswamy ha reagito spiegando la sua opinione sul tema: “Le nostre relazioni con Israele non saranno mai più forti di quanto lo saranno al termine del mio primo mandato”, ha detto. “Ma sarebbe un’amicizia, non un rapporto clientelare. E cosa fanno gli amici? Si aiutano reggendosi sulle proprie gambe”. Ha aggiunto che aiuterebbe lo Stato Ebraico a normalizzare i rapporti con gli Stati arabi sulla scia degli Accordi di Abramo, e che non permetterebbe mai all’Iran di dotarsi di armi nucleari.

Nonostante le sue rassicurazioni, la Haley non ha fatto marcia indietro: “Vuole fermare le sovvenzioni a Israele. Non è quello che fai ad un amico”, ha detto. “Non è Israele che ha bisogno dell’America. È l’America che ha bisogno d’Israele”.

Gli altri candidati repubblicani si sono astenuti dall’unirsi alla discussione tra i due, ma hanno espresso il loro sostegno a Israele con gesti simbolici: come Asa Hutchinson, già Governatore dell’Arkansas, il quale ha indossato una spilla che raffigura le bandiere americana e israeliana incrociate.

Democratici

Se tra i repubblicani la maggioranza rimane a favore degli aiuti e i contrari sono casi isolati, dall’altra parte le cose stanno diversamente: ad aprile, è stata pubblicata una lettera aperta scritta dal senatore Bernie Sanders e dal deputato Jamaal Bowman, che chiedeva al Presidente Joe Biden e al Segretario di Stato Antony Blinken di terminare il sostegno militare a Israele, accusato di violazioni dei diritti umani. Da allora, la lettera ha raccolto le firme di almeno 14 parlamentari dell’ala progressista del Partito Democratico.

Da sinistra i democratici Jamaal Bowman e Bernie Sanders

Non tutti a sinistra condividono questa posizione: ai primi di agosto, durante una visita ufficiale a Gerusalemme, il deputato democratico Hakeem Jeffries ha detto che i disordini scoppiati in Israele a seguito delle proteste per la riforma giudiziaria non dovrebbero influire sul sostegno da parte degli Stati Uniti. Così si è distinto anche da Biden, che ha più volte cercato di convincere il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu a fare marcia indietro sulla riforma.

Le ragioni della divergenza tra i due partiti si possono trovare anche nei sondaggi: secondo uno studio del Pew Research Center, dal 1978 al 2018 la percentuale di repubblicani che sul conflitto israelo-palestinese stavano con Israele è salita dal 49% al 79%; di contro, la percentuale di democratici filoisraeliani è scesa dal 44% del 1978 al 27% del 2018.