di Nathan Greppi
Nel campo di concentramento (o ghetto ebraico) di Terezin, città della Repubblica Ceca nota un tempo col nome tedesco di Theresienstadt, furono internati circa 150.000 ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Stando a un reportage della BBC, il grosso degli edifici dove un tempo erano costretti a vivere gli ebrei oggi sono in rovina, nonostante la loro importanza storica.
Il campo fu utilizzato dalla propaganda nazista, attraverso il film del 1944 Theresienstadt, per dipingerlo come un posto dove gli ebrei vivevano felici; in realtà, 35.000 ebrei vi morirono di fame e di malattie, e molti altri furono deportati per essere trasferiti ad Auschwitz o a Treblinka. Petr Riesel, un superstite del ghetto, ha spiegato alla BBC: “Un concentrato di miseria, fame, paura e squallore. Questo era Terezin. Come altro posso descriverlo?”
Il decadimento della città è dovuto al fatto che dal 1790, quando è stata fondata, ha sempre ospitato numerosi militari dei vari eserciti che hanno governato il territorio, da quello austro-ungarico a quello cecoslovacco, che ha lasciato Terezin nei primi anni ’90. Siccome l’economia locale ruotava intorno all’esercito, la città perse in poco tempo il 75% della sua popolazione, e quella rimasta fa fatica a preservare i resti di ciò che era un tempo.
A Terezin vi è uno Memoriale della Shoah, soprannominato la “Piccola Fortezza” poiché in passato era una prigione gestita dalla Gestapo, e che prima del Covid accoglieva migliaia di visitatori ogni anno. Tuttavia, già da prima la città è in perenne decadenza, il che mette a rischio la salvaguardia dei luoghi della memoria. “Per me è molto frustrante,” ha spiegato Simon Krbec, direttore del Centro di Theresienstadt per lo Studio dei Genocidi. “Queste mura, questi edifici, sono delle prove. E senza prove, non c’è Olocausto.”