di Anna Lesnevskaya
Troppo tardi, troppo poco, ma comunque è “un passo storico in avanti” rispetto ai ripetuti e imbarazzanti “No” con cui il Comitato Olimpico Internazionale ha risposto per 44 anni alle richieste delle vedove degli atleti israeliani presi in ostaggio, torturati e uccisi in mondovisione dai terroristi palestinesi nel 1972 a Monaco. Lo ha detto una delle vedove, Ankie Spitzer, in un’intervista alla BBC.
La donna ha guidato in tutti questi anni la campagna a favore di un minuto di silenzio durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi per ricordare suo marito, l’allenatore di scherma Andre Spitzer e altri 10 sportivi e membri della delegazione israeliana assassinati a Monaco dall’organizzazione terroristica palestinese Settembre Nero. Richiesta accolta dal Cio solo in parte attraverso una serie di iniziative previste durante i Giochi di Rio.
Il 14 agosto, in concomitanza con la ricorrenza ebraica di Tisha b’Av, il “più triste giorno nella storia ebraica”, presso il municipio di Rio, si svolgerà una cerimonia ad inviti, durante la quale Ankie Spitzer, insieme a Ilana Romano, la vedova del pesista Yossef Romano, accenderanno 11 candele per ricordare gli sportivi trucidati. L’evento si svolgerà sotto gli auspici del Cio e dei Comitati Olimpici del Brasile e di Israele. Sarà presente anche il ministro della Cultura e dello Sport israeliano, Miri Regev.
Mentre, a pochi giorni dall’apertura dei Giochi, nel villaggio olimpico di Rio, alla presenza delle due vedove,il presidente del Cio Thomas Bach, visibilmente commosso, ha inaugurato un memoriale dedicato ad alcune vittime delle passate Olimpiadi, compresi gli atleti israeliani. Il monumento viaggerà anche ai Giochi di Tokyo 2020.
Invece durante la cerimonia di chiusura del 21 agosto avrà luogo un “momento di riflessione” che ricorderà tutti gli atleti morti durante i Giochi passati. Le vedove sono fiduciose che Thomas Bach menzionerà anche i nomi degli atleti israeliani uccisi, ma non ne hanno avuto nessuna conferma.
Il Cio ha sempre evitato di commemorare pubblicamente gli atleti israeliani durante i Gochi, con la scusa di non voler mischiare sport e politica. Sul rifiuto ha pesato inoltre la paura di suscitare l’ira dei partecipanti arabi. In vista delle Olimpiadi di Londra 2012, non è valsa a nulla neanche la petizione di Ankie Spitzer che aveva raccolto più di 100 mila firme a favore di un minuto di silenzio alla cerimonia di apertura.
“Pensavamo che i nostri mariti, i nostri padri e figli facessero parte della famiglia olimpica, e dovessero essere ricordati come parte di essa, e non in qualche stanza di albergo. Ma hanno sempre negato”, ha detto Spitzer in un’intervista alla BBC. “La lettera del 2004 diceva che non era previsto dal protocollo della cerimonia olimpica. E io ho risposto: “Supponiamo che anche l’omicidio dei nostri cari non fosse mai previsto dal protocollo””, ha raccontato la vedova.
Quello che ha concesso Thomas Bach, per ironia della sorte un tedesco, e campione di scherma, arrivato alla guida del Cio nel 2013, ha rappresentato per Ankie Spitzer una sorta di “chiusura” di questa annosa vicenda. “Non è proprio quello che volevamo, ma dopo 44 anni di battaglia contro il Cio, abbiamo deciso di accettarlo”, ha detto la vedova al sito newyorkese The Jewish Week. “Siamo soddisfatte dal progresso che abbiamo compiuto”, ha concluso.