di Paolo Castellano
Serbia e Kosovo starebbero per normalizzare i reciproci rapporti diplomatici dopo anni di tensioni e conflitti grazie a un accordo stipulato il 4 settembre alla Casa Bianca di fronte al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il patto tra i due paesi dell’area dei Balcani prevede anche il trasferimento delle ambasciate di Serbia e Kosovo a Gerusalemme. L’annuncio è piaciuto molto all’attuale premier israeliano Benjamin Netanyahu che il 4 settembre ha dichiarato la sua intenzione di riconoscere il Kosovo come nazione.
Le promesse di Serbia e Kosovo di spostare le loro sedi diplomatiche nella capitale di Israele non sono però piaciute ai rappresentanti dell’Unione Europea. Come riporta Israel National News, l’UE si è detta “seriamente preoccupata e rammaricata” per le dichiarazioni dei due paesi balcanici. Infatti, il presidente della Serbia Aleksandar Vucic e il primo ministro del Kosovo Avdullah Hoti si sono incontrati a Bruxelles per altri colloqui mediati dall’UE con lo scopo di stipulare un definitivo accordo per risolvere e spegnere le diatribe tra le due nazioni.
L’UE non ha dunque accolto con favore la mossa diplomatica di Belgrado e Pristina poiché Bruxelles appoggia una “soluzione a due stati” e preferisce che le nazioni europee si allineino sulle sue strategie di politica estera. «In questa cornice, qualsiasi decisione diplomatica che possa mettere in discussione la comune posizione dell’Unione Europea su Gerusalemme è motivo di grave preoccupazione e rammarico», ha dichiarato alla stampa Peter Stano, portavoce dell’UE per gli Affari esteri. Ricordiamo infatti che negli scorsi mesi l’UE ha più volte ingaggiato un confronto con lo Stato di Israele sulla questione dell’annessione dei territori contesi della Giudea e Samaria.
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Secondo Euronews, il trasferimento delle ambasciate di Serbia e Kosovo è stato fortemente voluto dal Segretario di Stato americano Mike Pompeo. Quest’ultimo è riuscito a convincere le due parti a inserire tale condizione nell’accordo che prevede anche vantaggi economici, creando così una sorta di micro-area Schengen dei Balcani con l’inclusione dell’Albania e della Macedonia del Nord.