Un attentato nel centro di Parigi, almeno cinque volte più grande di quello di Tolosa, sugli Champs Elysees durante le manifestazioni del 14 luglio in memoria della presa della Bastiglia. Questo è quello che aveva in mente Mehdi Nemmouche, l’attentatore del Museo ebraico di Bruxelles, che in maggio aveva provocato la morte di quattro persone.
Solo nello scorso week-end dai media era trapelata la notizia che Nemmouche era un torturatore dell’Isis. A rivelarlo, il quotidiano francese Le Monde, che ha pubblicato l’intervista a due giornalisti francesi che erano stati prigionieri ad Aleppo: è uno di loro, Nicolas Henin, inviato di Le Point, a riconoscere uno dei suoi aguzzini, Nemmouche appunto. Henin, insieme con il fotoreporter Pierre Torres, fu rapito in Siria il 22 giugno 2013 ma il sequestro, per desiderio della famiglia, fu tenuto segreto in Francia fino al 9 ottobre. La liberazione risale invece al 18 aprile scorso. Ad Aleppo, Nemmouche aveva l’incarico di carceriere degli ostaggi occidentali detenuti nell’ex ospedale oftalmico della città siriana, trasformato in prigione.
«Quando Nemmouche non cantava – testimonia Henin alla stampa- torturava. Faceva parte di un piccolo gruppo di francesi il cui arrivo terrorizzava la cinquantina di prigionieri siriani detenuti nelle celle vicine. Ogni sera, cominciavano a piovere colpi nella stanza in cui anch’io ero stato interrogato. La tortura durava tutta la notte. Alle urla dei prigionieri, rispondevano talvolta grida in francese».
Nemmouche, 29 anni, francese di origine algerina, è detenuto in Belgio, a Bruges, dove è incriminato per i quattro omicidi del 24 maggio al Museo ebraico. Fu arrestato durante un normale controllo doganale a Marsiglia una settimana dopo aver commesso la strage. Aveva con sé un kalashnikov, uno striscione con i simboli dello «Stato islamico» e un video della strage commessa. A fine luglio è stato estradato in Belgio. In carcere ha mantenuto un assoluto silenzio. Il 12 settembre comparirà a Bruxelles davanti alla camera di Consiglio che deve decidere sul prolungamento della sua detenzione preventiva.