di Redazione
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che giovedì 11 bambini malati di cancro sono stati evacuati dalla Striscia di Gaza per ricevere cure mediche. Questa è stata la prima evacuazione medica dal territorio da quando l’offensiva israeliana ha chiuso il valico di Rafah con l’Egitto lo scorso maggio. I bambini hanno attraversato il valico di Kerem Shalom, diretti in Giordania, accompagnati ciascuno da una scorta femminile.
Israele attualmente controlla tutti i punti di trasferimento in entrata e in uscita da Gaza, nel mezzo della guerra contro il gruppo terroristico Hamas, e ha consentito a un numero limitato di pazienti di lasciare l’enclave per ricevere cure. Lo sforzo è stato coordinato da Israele, Egitto, Stati Uniti e altri partner internazionali, secondo quanto affermato dall’esercito israeliano in una dichiarazione. Questa evacuazione è avvenuta dopo settimane di crescente pressione su Israele affinché permettesse ai palestinesi vulnerabili di lasciare Gaza, dove una guerra prolungata ha decimato il sistema sanitario.
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I gruppi umanitari sperano che questa evacuazione apra la strada a una nuova rotta per i palestinesi gravemente malati e feriti che cercano cure mediche all’estero. Tuttavia, non è ancora chiaro dove saranno trattati i pazienti e se le autorità israeliane prevedano ulteriori evacuazioni.
Questi sforzi riflettono la complessità della situazione: nonostante il conflitto e le tensioni politiche, esistono canali di cooperazione umanitaria che mirano a salvare vite umane, soprattutto quelle dei bambini, considerati le vittime più vulnerabili della guerra. Tuttavia, queste iniziative avvengono in un contesto di grande difficoltà, segnato da continui combattimenti e tensioni politiche tra Israele e i territori palestinesi.
Dettagli sull’evacuazione
Come riportato dal Times of Israel, Nermine Abu Shaaban, coordinatrice dell’evacuazione dei pazienti per l’OMS, ha confermato che i bambini sono stati trasferiti attraverso il valico di Kerem Shalom in Israele e diretti nella vicina Giordania per le cure. Sette dei bambini sono stati trasportati in ambulanza, mentre i restanti in autobus. L’evacuazione è stata organizzata dall’OMS in collaborazione con due enti di beneficenza statunitensi.
Uno dei bambini trasferiti, Mecca Zorab, di 2 anni, è già stata sottoposta a tre interventi chirurgici nella Striscia di Gaza, dopo la scoperta di un tumore alla testa tre mesi fa. Sua madre, Fatima, è stata vista mentre teneva e baciava la mano della piccola, distesa su una barella in ambulanza con un tubo respiratorio. Avendo un altro neonato di cui prendersi cura, Fatima non può accompagnare la figlia; la nonna della bambina ha quindi preso il suo posto.
Israele consente a ogni paziente di essere accompagnato da una scorta femminile, controllata dai servizi di sicurezza, che può portare con sé una borsa di vestiti, un telefono cellulare e un caricabatterie.
Intanto il ministro della Difesa Yoav Gallant ha confermato le evacuazioni, dichiarando che l’operazione, «condotta insieme a COGAT e all’IDF, ha evacuato bambini e pazienti che necessitavano di cure mediche in Giordania, a seguito di una missione umanitaria simile condotta diverse settimane fa».
La maggior parte degli ospedali a Gaza ha chiuso dopo aver esaurito carburante o scorte, oppure a causa di raid delle forze israeliane contro terroristi che utilizzavano le strutture. Israele ha presentato prove che Hamas e altri gruppi terroristici si rifugiano negli ospedali. Il Ministero della Salute di Gaza ha affermato che circa 28.000 pazienti necessitano di cure mediche fuori Gaza.
Careeman al-Farra, cinque anni, anche lei inclusa nell’evacuazione di giovedì, ha ricevuto una diagnosi di tumore del sangue da neonata e in precedenza aveva ricevuto cure fuori Gaza. Sua madre ha detto che il tumore è tornato poco prima della guerra. «Non c’era un posto pulito dove stare o dove essere ben nutrita per aiutarla con le sue condizioni mediche – ha dichiarato Zaher al-Farra –. Abbiamo cercato di fornirle queste cose, ma è stato difficile perché siamo stati sfollati da un posto all’altro».
Allarme polio a Gaza: un’azione urgente necessaria
Il conflitto ha anche contribuito alla diffusione di malattie letali come la poliomielite, che rappresenta una grave minaccia per la popolazione di Gaza. Gli operatori umanitari delle Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme, sottolineando l’importanza di un intervento immediato per fermare la trasmissione del virus.
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Secondo un aggiornamento congiunto dell’OMS e dell’UNICEF, saranno necessari almeno due cicli di vaccino antipolio orale per bloccare la diffusione del poliovirus. Questo avvertimento è arrivato dopo che il Global Polio Laboratory Network ha identificato il poliovirus di tipo 2 derivato dal vaccino in campioni di acque reflue prelevati a Khan Younis e Deir Al-Balah il 23 giugno scorso.
Paralisi: una tragica conseguenza
A fine luglio, le autorità sanitarie di Gaza hanno riportato tre casi di paralisi, con campioni inviati in Giordania per ulteriori analisi. Sebbene la “paralisi flaccida acuta” possa avere molte cause, l’OMS non esclude che il poliovirus sia all’origine di questi casi, anche se i risultati definitivi sono ancora attesi. (La paralisi flaccida acuta – PFA – è una sindrome a inizio rapido e improvviso, caratterizzato da paresi o paralisi degli arti con possibile concomitante interessamento dei muscoli respiratori e della deglutizione, che raggiunge il massimo grado di severità nel giro di 1-10 giorni).
L’OMS aveva già avvertito che, nonostante l’elevata copertura vaccinale contro la poliomielite a Gaza prima della guerra, i mesi di conflitto hanno creato «l’ambiente perfetto» per la mutazione del virus vaccinale in una forma più virulenta, capace di provocare paralisi tra i non completamente immunizzati.
Ostacoli alla campagna di vaccinazione
Le agenzie ONU sono preoccupate per i possibili ritardi nella consegna del vaccino e delle attrezzature necessarie per la catena del freddo, fondamentali in un contesto segnato da combattimenti intensi e instabilità. Le tensioni regionali legate al conflitto a Gaza minacciano di complicare ulteriormente le operazioni di vaccinazione.
In risposta a questa emergenza, le Nazioni Unite hanno fatto appello per la realizzazione di pause umanitarie che permettano di vaccinare i bambini e ridurre il rischio di trasmissione. Il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha già approvato la distribuzione di 1,23 milioni di dosi del nuovo vaccino orale antipolio di tipo 2 (NOPV2), destinato a immunizzare oltre 640.500 bambini sotto i 10 anni a Gaza.
Per garantire il successo di questa campagna di vaccinazione di massa, le agenzie ONU hanno insistito sulla necessità di un accesso sicuro e duraturo, nonché sulla protezione degli operatori sanitari. Attualmente, solo 16 dei 36 ospedali di Gaza sono «parzialmente funzionanti», mentre solo 48 delle 107 strutture sanitarie primarie restano operative.
Un sistema sanitario al collasso
Il conflitto ha avuto un impatto devastante sul sistema sanitario di Gaza, riducendo drasticamente i tassi di immunizzazione e aumentando il rischio di malattie prevenibili. Questo, unito alla scarsa qualità dell’acqua e alla distruzione dei servizi igienico-sanitari, aggrava ulteriormente la situazione.
La copertura vaccinale di routine contro la poliomielite a Gaza è scesa dal 99% nel 2022 a meno del 90% nel primo trimestre del 2024. Senza un’azione rapida e coordinata, la poliomielite potrebbe tornare a flagellare una popolazione già stremata da anni di conflitti.
Gli ospedali israeliani e il programma “Save a Child’s Heart”
Gli ospedali israeliani, in particolare quelli situati vicino a Gaza, curano regolarmente bambini provenienti dai Paesi arabi, inclusi i territori palestinesi. Questi pazienti vengono trasportati in Israele per ricevere trattamenti avanzati per ferite da conflitto, malattie gravi o condizioni croniche non gestibili nelle strutture locali, spesso sovraccariche o danneggiate dal conflitto.
Ad esempio, l’ospedale Wolfson di Holon, vicino a Tel Aviv, è noto per il suo programma “Save a Child’s Heart” (SACH), che offre interventi chirurgici cardiaci salvavita a bambini da tutto il mondo, inclusi molti provenienti dai territori palestinesi.
A novembre 2021, il programma “Save a Child’s Heart” aveva portato in Israele più di 4.500 bambini da oltre 65 Paesi, con circa il 50% provenienti dall’Autorità Nazionale Palestinese, dalla Giordania, dall’Iraq e dal Marocco, oltre al 30% dall’Africa e il resto da Asia, Europa orientale e Americhe. (Fonte: Wikipedia).
La disputa tra Gallant e Netanyahu
Lo scorso luglio è emersa una disputa pubblica tra il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il primo ministro Benjamin Netanyahu riguardo alle cure mediche per i bambini di Gaza. Gallant aveva proposto di allestire un ospedale da campo vicino al confine con Gaza per compensare la chiusura del valico di Rafah, che impediva ai palestinesi di ricevere cure all’estero. Tuttavia, Netanyahu ha bloccato l’iniziativa, suscitando critiche da parte del Ministero della Difesa, che lo ha accusato di mettere in pericolo vite umane per motivi politici. La disputa riflette le tensioni interne al governo, con Gallant che aveva precedentemente proposto di inviare i bambini malati all’estero, proposta inizialmente accettata da Netanyahu ma mai attuata.
Bambini senza confini traumatizzati
Nel conflitto israelo-palestinese, i bambini rappresentano le vittime più vulnerabili. Durante le recenti escalation di violenza, come il conflitto tra Israele e Hamas nel 2023, centinaia di bambini palestinesi e israeliani hanno perso la vita, e molti altri sono rimasti feriti. A Gaza, dove la densità di popolazione è elevata e le infrastrutture sono gravemente compromesse dai bombardamenti, i bambini spesso si trovano intrappolati nelle aree di conflitto, senza vie di fuga sicure.
L’impatto psicologico sui bambini è altrettanto devastante. Molti soffrono di disturbi post-traumatici da stress (PTSD), ansia e depressione, vivendo in costante paura di nuovi attacchi. Le scuole, un tempo considerate rifugi sicuri, sono state talvolta colpite, privando i bambini del diritto all’istruzione e di un senso di normalità. In Israele, i bambini vivono sotto la costante minaccia dei razzi lanciati da Gaza, e anche se il sistema Iron Dome riesce a intercettare molti di questi attacchi, il trauma psicologico di vivere in una zona di conflitto è profondo.
Le organizzazioni internazionali, come UNICEF e Save the Children, continuano a lanciare appelli per la protezione dei bambini in questo conflitto, sottolineando l’importanza di garantire loro accesso a cure mediche, sostegno psicologico e un ambiente sicuro per crescere. Tuttavia, fino a quando la violenza non cesserà, i bambini continueranno a essere tra le principali vittime di questo conflitto irrisolto.