Dialogo tra giovani ebrei e musulmani.
Domenica 2 marzo i giovani ebrei italiani e i giovani musulmani italiani si sono incontrati, alla presenza di esponenti del mondo politico, e hanno discusso di progetti e insieme in una sede simbolica: quella di Via Eupili 8, dove nel 1938, allindomani della promulgazione delle leggi razziali, ebbe sede la scuola ebraica di Milano. Quella scena ha un doppio significato.
Il primo. Dice che il dialogo è una risorsa. Liniziativa del dialogo non è una prerogativa di questi tempi. A molti e per molti appare oggi una prova ingenua di altri tempi. Non è la prima volta che il mondo giovanile musulmano italiano e quello ebraico italiano si incontrano, era già accaduto ad Asti due anni fa. Quello su cui bisogna riflettere dunque non è la novità. E linsistenza. Perché la novità può anche costituire unipotesi casuale, comunque un tentativo, una prova. Ripetersi significa crederci, ovvero scegliere che quella strada sia una strada, non solo possibile, ma preferibile.
Il secondo. Dice anche che avere una memoria ha un senso se quella memoria non si limita ad essere un promemoria per sé, ma acquista una funzione condivisa, un segno che cerca di parlare a qualcun altro.
Noi sappiamo oggi in quale clima questo incontro è avvenuto. Un clima dove la quotidianità della politica parla spesso il linguaggio dello scontro di civiltà e dove dunque la pratica del confronto è una strada non intrapresa. Eppure in questo incontro non ha avuto valore essenzialmente la possibilità di parlarsi, o limpegno, ma ha avuto peso il luogo. Il luogo non era neutro: non perché appartiene alla storia della memoria ebraica in Italia, ma perché dice di una storia pubblica italiana, fatta di espulsioni e di scommessa sulla cultura per esserci ancora, dopo.
Di intolleranza in fondo nel 1938 ci si trovava lì perché non si poteva essere da unaltra parte – ma anche di un investimento da parte di chi riconosceva al sapere lo strumento e la dotazione per rispondere alle sfide della solitudine e dellemarginazione.
Ci sono almeno due solitudini che hanno riempito quel luogo: quella del mondo ebraico che spesso soffre o percepisce la sensazione dellabbandono e quella del mondo musulmano che avverte il senso della diffidenza intorno a sé. Anche per questo incontrasi aveva un significato, prima ancora che un valore, e valeva la pena farlo non in un luogo neutro, ma in un luogo storico, segnato dallesperienza della marginalità e dalla volontà di superarla.