di David Zebuloni
A partire dal 7 ottobre, ovvero dal giorno in cui il governo di Abdel Fattah al-Sisi è diventato il mediatore ultimativo tra Israele e Hamas, pare che gli Stati Uniti e l’Egitto abbiano rafforzato le loro relazioni diplomatiche più di quanto abbiano mai fatto prima. Il Cairo è presto diventato un fedele alleato di Washington, nonostante in passato lo stesso governo americano abbia criticato duramente la politica egiziana circa alcune questioni umanitarie cruciali come quella dei diritti umani.
Questa settimana, la loro alleanza sembra aver raggiunto un nuovo livello. Gli Stati Uniti hanno infatti annunciato un importante accordo per la vendita di equipaggiamenti militari all’Egitto del valore di oltre 5 miliardi di dollari. Un accordo privo di precedenti che include delle armi avanzate destinate alla manutenzione e al potenziamento di 555 carri armati Abrams M1A1 per un valore di 4.69 miliardi di dollari, 2.138 missili Hellfire per un valore di 630 milioni di dollari e munizioni di precisione il cui valore è stimato in 30 milioni di dollari.
Una domanda sorge dunque spontanea e sembra preoccupare l’intero Medio Oriente: perché l’Egitto ha bisogno di così tante armi? A quale guerra si sta preparando? “Si tratta di un evento insolito, ma non nuovo”, spiega Yoel Guzansky, ricercatore senior e capo del programma del Golfo presso l’Istituto per la Ricerca sulla Sicurezza Nazionale (INSS) e fellow senior al Middle East Institute di Washington, in un’intervista a Makor Rishon.
“Il potenziamento delle forze armate egiziane dovrebbe assolutamente preoccupare Israele”, continua il ricercatore. “Negli ultimi anni lo Stato ebraico ha come distolto lo sguardo da questo insolito fatto e non gli ha dato, almeno pubblicamente, l’attenzione che merita. Tuttavia, come ha detto questa settimana l’ex ambasciatore al Cairo, David Govrin, non c’è dubbio che l’Egitto stia violando l’accordo militare del trattato di pace”.
In un’intervista pubblicata su Ynet questa settimana, l’ambasciatore uscente ha per l’appunto affermato che l’Egitto ha recentemente inviato un numero di forze armate nel Sinai maggiore rispetto a quanto concordato con Israele. E non è tutto. “L’Egitto si sta armando notevolmente e Israele deve assolutamente prendere in considerazione le sue nuove e notevoli capacità militari”, ha detto Govrin. “Come abbiamo imparato il 7 ottobre, non possiamo più fare affidamento alle intenzioni dei nostri vicini, poiché potrebbero cambiare da un momento all’altro”.
Guzansky conferma l’avvertimento dell’ormai ex ambasciatore. “Penso che Israele sbagli a non affrontare la questione”, aggiunge. “Ciò che l’Egitto sta facendo è una vera e propria violazione degli accordi del protocollo di sicurezza tra i due paesi”. Un fenomeno, come già detto, che suscita grande preoccupazione, nonostante Israele mantenga dei solidi rapporti di pace con l’Egitto da quattro decenni.
Infatti, dal 1979 ad oggi, l’accordo di pace firmato dal presidente egiziano Anwar Sadat, dal primo ministro israeliano Menachem Begin e dal presidente statunitense Jimmy Carter nei giardini della Casa Bianca, non ha mai mostrato segni di cedimento. “Il Medio Oriente è sempre più instabile e la pace con l’Egitto rappresenta per Israele una grande risorsa. Una risorsa che va protetta”, osserva il ricercatore.
“Israele non vuole ulteriori nemici”, sottolinea. “Le minacce che le arrivano da ogni fronte sono decisamente sufficienti, dunque decide di affidarsi alla pace garantita dagli Stati Uniti, il principale patrocinatore di questo accordo, ma con quale garanzia? Nessuna. Pertanto, io credo che l’attuale accordo tra Israele ed Egitto vada messo in discussione a favore di un nuovo accordo, meno ambiguo, che confermi il sodalizio tra i due Stati”.
L’immagine sembra schiarirsi, ma una domanda rimane irrisolta: perché l’esercito egiziano ha bisogno di tante armi? Contro chi deve (o vuole) combattere? “Non contro Israele, mi auguro”, risponde Guzansky. “Alcuni ricercatori esperti sostengono che queste armi siano in realtà destinate al rafforzamento dell’immagine dell’esercito egiziano, e nulla di più”. In altre parole, le armi in questione non sono necessariamente destinate a fronteggiare una minaccia militare specifica, ma a mantenere solamente la propria posizione di potere.
“Nonostante l’Egitto non abbia dei nemici dichiarati, vi sono comunque alcune minacce che il paese deve affrontare”, afferma Guzansky. “C’è instabilità in Libia, ci sono gli etiopi che si ribellano all’attuale gestione delle risorse idriche, c’è la Turchia che sta rafforzando la sua presenza nel Mediterraneo. Ecco, forse dal punto di vista israeliano è difficile capirlo, ma è possibile che secondo la percezione egiziana le armi americane servano a mantenere il loro status nella regione e rispondere ad eventuali guerre future”.
Come dice il proverbio: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. In un Medio Oriente che cambia a vista d’occhio, è certamente il caso che Israele tenga d’occhio anche l’allarmante fenomeno che vede coinvolto un paese amico. Amico, almeno per ora.