di Paolo Castellano
Secondo un nuovo studio pubblicato il 13 luglio e condotto dall’UNESCO con il supporto del World Jewish Congress, Telegram è una delle principali fonti di negazionismo e banalizzazione della Shoah. In base ai risultati della ricerca, quasi la metà dei contenuti pubblici che riguardano l’Olocausto sono problematici e sdoganano persino l’antisemitismo.
Telegram è una piattaforma social che è cresciuta molto durante la pandemia per il trattamento sicuro dei dati dei suoi utenti. A gennaio del 2021 erano circa 500 milioni i profili attivi su questa applicazione.
Come riporta il Washington Post, lo studio UNESCO è basato su una selezione manuale di quasi 4mila post riconducibili alla Shoah che sono stati pubblicati su Facebook, Instagram, Telegram, TikTok e Twitter.
Audrey Azoulay, direttrice generale dell’UNESCO, ha toccato con mano le denunce sulla proliferazione della banalizzazione della Shoah e dell’antisemitismo nei social network. Lo studio è stato infatti una buona occasione per raccogliere prove su “un certo riavvicinamento tra teorie del complotto, no-vax, razziste e antisemite”.
«La distorsione della Shoah segue gli eventi mondiali e cambia forma a seconda dell’attualità, delle aree di profonda preoccupazione pubblica e dell’evolversi del flusso di notizie», si legge nel rapporto, in cui inoltre si sottolinea che spesso le proteste anti-lockdown hanno utilizzato toni antisemiti associando gli ebrei alle malattie.
Lo studio ha preso in esame contenuti in inglese, francese, tedesco e spagnolo. Ha rilevato che la percentuale di contenuti negazionisti varia a seconda delle lingua e della piattaforma. Su Telegram, il 49% dei contenuti sui canali pubblici che discutono di Olocausto negano o falsificano gli avvenimenti storici. In inglese e francese, circa la metà dei post affermano che lo sterminio degli ebrei non è mai avvenuto e che sono tutte bugie le verità storiche propugnate nei libri e nelle accademie. In tedesco, il numero sale a oltre l’80%.
Su Twitter, il 19% di tutti i messaggi nega l’Olocausto, o più comunemente, distorce il passato. Mentre sugli altri social si registrano queste percentuali: il 17% su TikTok, l’8% su Facebook e il 3% su Instagram.