di Davide Foa
Szekesfehervar è una città ungherese che conta poco più di 100.000 abitanti. La giunta comunale di questa sconosciuta località ha pensato bene, grazie anche al supporto del governo centrale, di finanziare la costruzione di un monumento in memoria di uno dei più grandi sostenitori del nazismo in Ungheria, nonché firmatario, nel 1944, di un documento che decretò l’espulsione degli ebrei ungheresi: mezzo milione di ebrei furono rapidamente mandati nei campi di concentramento nazisti.
Balint Homan, questo il suo nome, fu uno storico nonché politico ungherese che arrivò a ricoprire il ruolo di Ministro della Pubblica Istruzione dal 1932 al 1942. Da sempre favorevole alla Germania hitleriana, non esitò, nel 1944, ad appoggiare il colpo di Stato da parte del partito filo nazista e antisemita, chiamato “Partito delle Croci Frecciate”.
Quando, nel dicembre del 1944, l’Armata Rossa entrò nei confini ungheresi, Homan fuggì nella regione transdanubiana, poi in Germania, dove però fu catturato dalle truppe americane. Venne quindi condannato nel 1946 all’ergastolo per crimini di guerra; incarcerato nella città di Vac, morì nel 1951.
Per questo signore sarebbe dunque pronta una statua di bronzo, con tanto di data per la cerimonia inaugurale: il 29 dicembre, ovvero il 130° anniversario della nascita di Homan.
Dietro la statua si nasconde, ma neanche troppo, la “Fondazione Balint Homan”, un ente privato a cui comune e governo hanno deciso di fornire non pochi fondi.
Determinante, ai fini del via libera per la costruzione della statua, è stata inoltre la presa di posizione di un tribunale di Budapest, che nel marzo scorso riabilitò in un certo senso la figura di Homan, sostenendo che, al momento della condanna, mancassero delle reali prove contro il nazista ungherese.
E così, domenica 13 dicembre, circa 300 persone hanno espresso tutto il loro dissenso, ritrovandosi accanto al luogo destinato ad accogliere la statua.
“Un politico dichiaratamente antisemita e fascista non dovrebbe ottenere alcuna statua in nessun luogo di questo paese”, ha affermato Andras Heisler, capo della Federazione delle comunità ebraiche ungheresi, rivolgendosi alla folla presente.
Tra i manifestanti, c’era anche Ira Forman, inviato speciale dagli Stati Uniti per il monitoraggio e la lotta all’antisemitismo. “Pensiamo che sia importante sapere cosa quest’uomo ha fatto ai cittadini ungheresi negli anni ’30 e ’40, negando loro i diritti di cittadinanza per poi favorire la loro deportazione, che alla fine significò condurli ad Auschwitz”, queste le parole di Forman, che ha aggiunto: “non c’è alcuna giustificazione per questa statua, è qualcosa su cui noi non allenteremo la pressione.”
Forman è stato quindi invitato ad accendere l’ultimo lume di Chanukkà, insieme a diplomatici israeliani e canadesi, anch’essi presenti alla protesta. “Speriamo che (…) la luce di queste candele possa mostrare la via agli abitanti di Szekesfehervar, ai leader della città, verso la giusta decisione di non erigere questa statua”, ha dichiarato Forman.
Anche Viktor Orban, primo ministro ungherese, si è visto recapitare diverse lettere di protesta, soprattutto da parte del Congresso Ebraico Mondiale.
Una vicenda questa che si riallaccia ai tanti episodi in cui lo stesso Orban fu accusato di riservare simpatie per il noto partito di estrema destra “Jobbik”, capace di assicurarsi ben il 20,5% dei voti nelle ultime elezioni.
Le pressioni hanno evidentemente avuto il loro effetto, visto che il sindaco di Szekesfehervar, Andras Cser-Palkovics, ha più o meno esplicitamente ritirato il suo supporto per la costruzione della statua, affermando che (stando a quanto riportato da Ynet) la “Fondazione Balint Homan” deve riconsiderare il suo progetto: “se la Fondazione Balint Homan dovesse decidere di costruire lo stesso la statua pianificata – cosa concessa in democrazia – allora il Consiglio Comunale di Szekesfehervar le chiederà di rimborsare i fondi che le erano stati concessi dalla città e dallo Stato.”