di Stefania Ilaria Milani
Qualche settimana fa il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha risposto con forza a un’indagine pubblicata nel mese di ottobre dall’agenzia di stampa internazionale Associated Press, trasformando in legge un provvedimento che vieta a presunti criminali di guerra nazisti di ricevere sussidi di previdenza sociale.
Con l’inchiesta dell’Associated Press, prima promotrice di questo NO legislativo, si scoprì infatti che decine di ex nazisti sono riusciti a incassare migliaia di dollari in prestazioni pensionistiche. I destinatari: guardie delle SS e uno degli scienziati che contribuirono a sviluppare il missile V-2.
La velocità con cui la giustizia si è mossa, sorpassando in toto la macchina burocratico-amministrativa, sottolinea chiaramente da un lato il tremendo oltraggio recato da questa “svista” a tutti gli attivisti e contribuenti americani e dall’altro il tentativo da parte delle autorità di risolvere per sempre una pratica di lunghissima data. Così il 2 dicembre 2014 la Camera ha approvato all’unanimità il disegno di legge, idem, soltanto due giorni a seguire, il Senato.
Abbassando la soglia di perdita della cittadinanza, un accorgimento noto come ‘denaturalizzazione’, il disegno di legge spranga definitivamente una scappatoia che per anni, pur dopo l’allontanamento coatto dal Paese per i loro ruoli assunti nelle atrocità del Terzo Reich, ha permesso a efferati criminali di continuare a usufruire di tali benefits.
Dal 1979 sino a oggi almeno 38 dei 66 sospettati già banditi dagli Stati Uniti hanno mantenuto i loro sussidi, molti dei quali ottenuti all’arrivo negli USA mentendo sui propri delitti e, grazie a questa omissione, riuscendo infine a guadagnarsi il titolo di cittadini americani.
Tra coloro i cui benefici saranno tagliati a causa della nuova legge (quattro i beneficiari viventi), ci sono il novantenne Jakob Denzinger, una ex guardia ad Auschwitz, e Martin Hartmann, ex guardia del campo di concentramento di Sachsenhausen, in Germania.
Denzinger, che ad Akron (Ohio) dirigeva un business di successo nel settore della plastica, fu esiliato nel 1989. La AP lo ha scovato in Croazia, dove viveva ricevendo un assegno di circa 1.500 dollari al mese dal governo americano. Invece Hartmann, residente a Berlino, abbandonò gli Stati Uniti nel 2007, poco prima che un tribunale federale emettesse una revoca di cittadinanza nei suoi confronti.
A detta di AP, il Dipartimento di Giustizia avrebbe conservato la sopracitata “scappatoia” al fine di convincere gli ex nazisti a lasciare il Paese il più in fretta possibile, facendo leva sui sostegni statali di cui ancora godevano. Quindi se avessero firmato un accordo transattivo con il Dipartimento, o se ne fossero andati prima di essere espulsi verso regioni dove sarebbero stati perseguiti penalmente (secondo i dati del Dipartimento di Giustizia, soltanto 10 dei sospettati non furono mai processati), i criminali avrebbero, sì, perso la cittadinanza, ma continuato a riscuotere le loro quote.
Nel frattempo, il Congresso ha stanziato 2,5 milioni di dollari per aiutare i sopravvissuti dell’Olocausto che, in terra stelle e strisce, si trovano in gravi difficoltà economiche. Inoltre l’amministrazione Obama, insieme ai legislatori Debbie Wasserman Schultz e Ileana Ros-Lehtinen, si sta muovendo per mettere sul tavolo programmi di volontariato extra e per ulteriori finanziamenti con i quali assistere i superstiti.
Secondo una stima delle Federazioni Ebraiche del Nord America (JFNA), negli Stati Uniti ci sarebbero circa 113.000 sopravvissuti della Shoah, di cui il 25% vive al di sotto della soglia di povertà.