di Nathan Greppi
Le recenti elezioni in Austria, che il 29 settembre hanno visto arrivare al primo posto il partito di destra radicale FPÖ con il 28,8% dei voti, fanno riemergere una questione di lunga data: sebbene ai tempi del Terzo Reich numerosi gerarchi nazisti fossero austriaci di nascita, compreso lo stesso Adolf Hitler, per decenni l’Austria ha preferito dipingersi come vittima anziché come complice della Germania nazista, avendo dovuto subire l’Anschluss.
Alle ultime elezioni si sono manifestate anche nuove forme di ostilità, legate al contesto post-7 ottobre: tra gli altri partiti in corsa figurava la Lista Gaza, formatasi con il preciso scopo di schierare la politica austriaca contro Israele e di spingere il governo di Vienna ad appoggiare la causa intentata contro lo Stato Ebraico all’Aja. Tuttavia, questa lista ha preso solo lo 0,4% dei voti, non riuscendo a superare la soglia di sbarramento e rimanendo fuori dal parlamento.
Per capire cosa sta succedendo al di là delle Alpi, abbiamo parlato con la storica Brigitte Bailer-Galanda: già direttrice del Centro di Documentazione sulla Resistenza Austriaca dal 2004 al 2014 e vicepresidente della Commissione degli Storici della Repubblica d’Austria dal 1998 al 2003, è docente onoraria di Storia Contemporanea presso l’Università di Vienna. Ha anche fatto parte del consiglio d’amministrazione dell’Istituto Wiesenthal di Vienna per gli Studi sull’Olocausto, ed è un membro della delegazione austriaca presso l’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance).
Quanto era diffuso l’antisemitismo in Austria prima del 7 ottobre?
In Austria l’antisemitismo è sempre stato presente. Ci sono due diversi approcci alla questione: il primo sostiene che sono i nuovi migranti ad importare l’antisemitismo, ma questa è solo una parte della verità. Per il secondo approccio, l’Austria possiede un forte antisemitismo autoctono, che esiste da molto tempo e non è mai stato sradicato del tutto. Dopo la Shoah, siamo stati tutti molto naif nel pensare che l’antisemitismo fosse diminuito, ma a partire dagli anni ’80 ci siamo dovuti ricredere.
E che cosa è cambiato dopo il 7 ottobre?
La Comunità Ebraica di Vienna possiede uno sportello dove le persone possono segnalare episodi di antisemitismo. Dopo il 7 ottobre, queste segnalazioni sono diventate cinque volte più frequenti rispetto a prima. Tutti i miei amici ebrei e i rappresentanti degli studenti ebrei a Vienna mi hanno raccontato che percepiscono un aumento dei discorsi d’odio antisemiti.
L’Austria si è a lungo percepita come una vittima piuttosto che come una complice della Germania nazista. In che modo ciò ha influenzato il dibattito pubblico in merito all’antisemitismo e alla memoria della Shoah?
Non è più come una volta. La cosiddetta “teoria della prima vittima”, risalente alla Dichiarazione di Mosca del 1943 e secondo la quale gli Alleati riconoscevano l’Austria come prima vittima delle occupazioni naziste, è stata a lungo utilizzata per assolvere la politica estera austriaca, ma non è più radicata nelle menti delle persone, specialmente tra le giovani generazioni. Lo era soprattutto per le generazioni dei miei genitori e nonni, mentre nella mia generazione e in quella dei miei figli non lo è più da tempo. Oggi esistono numerosi monumenti ed eventi commemorativi per ricordare quel passato, e si fa molta attività didattica nelle scuole in questa direzione.
Alle ultime elezioni, l’FPÖ è risultato essere il partito più votato. In che modo pensa che ciò influenzerà la politica austriaca?
Il risultato di queste elezioni è stato terribile, soprattutto perché Il Partito della Libertà Austriaco possiede forti legami con altri gruppi di estrema destra in Austria e con le confraternite studentesche nazionaliste in Germania, che hanno una lunga tradizione di antisemitismo. Qualora si ritrovassero in posizioni di potere, non credo che prenderanno subito di mira la memoria della Shoah, ma il clima cambierà comunque. Avere figure legate al nazionalismo tedesco al potere potrebbe influenzare il modo in cui il governo tratterà temi come la memoria del nazionalsocialismo.
Per fare un esempio, pochi giorni prima delle elezioni è deceduto Walter Sucher, un estremista di destra assai conosciuto in Austria e dirigente storico del Partito della Libertà. Al suo funerale, tre esponenti dell’FPÖ hanno cantato l’inno delle SS. Un altro neonazista che si è formato a suo tempo nel movimento giovanile dell’FPÖ fu Norbert Burger: fondatore negli anni ’60 del Partito Nazionaldemocratico d’Austria, è stato condannato all’ergastolo in Italia per aver fatto parte di gruppi terroristici indipendentisti nel Sud Tirolo, ma non ha mai scontato la pena.
In molti paesi, abbiamo visto studenti e docenti universitari chiedere il boicottaggio di Israele. Anche le università austriache sono state colpite da questo fenomeno?
Non agli stessi livelli di altri paesi, e molto meno rispetto alle università negli Stati Uniti o in Gran Bretagna. C’è stato un accampamento dei boicottatori all’interno del campus dell’Università di Vienna. E ci sono state pressioni per andare in quella direzione, che però sono state respinte dall’amministrazione universitaria.
In diverse capitali europee, abbiamo assistito a manifestazioni dove i musulmani inneggiavano alla distruzione d’Israele. In Austria, quali sono i rapporti tra le comunità ebraiche e islamiche?
Ci sono persone che lavorano in entrambe le comunità per costruire relazioni, e ci sono anche correnti della comunità musulmana che cercano di cooptare l’antisemitismo, specialmente nel loro movimento giovanile. Così come ci sono quelli che cercano di sensibilizzarli organizzando viaggi ad Auschwitz. In Austria, la maggioranza dei musulmani non è molto attiva nelle iniziative antisraeliane. Sono soprattutto gli estremisti di sinistra che prendono parte ai boicottaggi e organizzano manifestazioni filopalestinesi.
Nel 1981, la Sinagoga di Vienna subì un attentato da parte di terroristi palestinesi. In questo periodo, le autorità austriache sono consapevoli dei rischi per gli ebrei? E nel caso, che cosa fanno per proteggere la comunità ebraica?
Qui in Austria vi è una forte presenza in particolare della polizia a guardia delle istituzioni ebraiche. Non solo davanti alle sinagoghe, ma anche per le scuole ebraiche di Vienna. Non voglio pensare quale segno lasci ciò nei bambini, che vanno ogni giorno a scuola con la polizia che deve fare la guardia.
Quando pensano che ci siano rischi particolarmente elevati, le autorità aumentano la sorveglianza. Tuttavia, il problema è che la polizia non è presente 24 ore su 24; lo è solo quando la sinagoga e gli altri luoghi ebraici sono affollati, ma non quando sono vuoti. Il risultato è che dopo il 7 ottobre, alcuni giovani, non è chiaro se estremisti di destra o semplici pazzi, hanno potuto strappare la bandiera israeliana davanti alla sinagoga. Ma nel complesso, questi luoghi sono sempre ben sorvegliati, e non puoi entrare se prima non fai vedere la carta d’identità.
(Nella foto una manifestazione per la Palestina contro Israele. Il cartello dice “genocidio non è autodifesa. Mai più è adesso”)