La sinagoga di Rue de la Clinique a Bruxelles

Vendute e in declino le sinagoghe del centro di Bruxelles

Mondo

di Ilaria Ester Ramazzotti
Un tempo attive e frequentate, le sinagoghe del centro storico di Bruxelles mostrano oggi segni di declino e perdita di appartenenti. Fra le cause, l’aumento dell’emigrazione di famiglie ebraiche e di giovani all’estero e in Israele, ma anche lo spostamento della comunità nel sud della città. Ne ha parlato la scorsa settimana il Jerusalem Post.

Nella via Stalingrado della capitale belga, c’è la sinagoga che per decenni ha ospitato le preghiere e gli studi degli ebrei della città. Oggi, questo tempio, il secondo più antico della zona, “sta morendo”. Lo ha riferito il presidente comunitario Daniel Rozenberg. Non lontano, in via Pavillion e in via Rogier, gli edifici di due altre sinagoghe sono stati venduti nel 2016. Il tempio del quartiere Clinique (nella foto), un imponente edificio dalla capienza di oltre 500 persone, rimane invece per lo più vuoto. La zona circostante, per decenni cuore pulsante della comunità ebraica di Bruxelles, di circa 20 mila persone, ha poi visto la chiusura della scuola Maimonides, un altro punto di riferimento comunitario.

A giocare un ruolo chiave nell’abbandono delle storiche strutture ebraiche di Bruxelles sono stati l’insicurezza della zona e l’antisemitismo legato agli attacchi terroristici accaduti nel Paese, ma anche le recenti normative del Governo contro le macellazioni rituali religiose, che hanno contribuito a gettare sconforto e difficoltà. La situazione riflette tuttavia anche altri aspetti. La comunità ebraica sta riconsolidandosi nella zona sud della capitale, più sicura e ricca del centro storico, adattandosi con successo ai cambiamenti demografici urbani.

“Mi rattrista che un’istituzione così importante per la nostra comunità [come la scuola Maimonide] chiuda e muoia a causa delle preoccupazioni per la sicurezza”, ha detto Yohan Benizri, presidente della federazione belga delle comunità ebraiche francofone CCOJB. Ma la chiusura e la vendita di due sinagoghe del centro riflette “più di ogni altra cosa il fatto che gli ebrei in Belgio e in tutta l’Europa occidentale siano meno interessati ad andare al tempio”. Per contro, le due scuole ebraiche che si trovano nel sud della capitale “non hanno mai avuto presenze più alte”, ha sottolineato Benizri, aggiungendo che la stessa area ha visto l’apertura di almeno tre sinagoghe negli ultimi trent’anni.

Il centro storico di Bruxelles fra antisemitismo e insicurezza

Il cambiamento della vita ebraica di Bruxelles è iniziato negli anni ’70 con l’arrivo di immigrati arabi e africani, che si stabilirono nei quartieri più economici del centro, dove gli ebrei originari dell’Europa orientale vivevano da circa un secolo. Tuttavia, verso la metà degli anni ’80 molte famiglie ebraiche si erano già trasferite in quartieri più ricchi, ma sinagoghe e le principali istituzioni culturali rimasero in centro fino agli anni ’90, diventato oggi, come riporta sempre il Jerusalem Post, luogo di attività estremiste e criminali.

Storicamente, “la comunità ebraica fece uno sforzo per integrarsi nella società belga che l’aveva accolta – ha ricordato Rozenberg – . Oggi, dove viveva la generazione dei nostri genitori, ci sono solo musulmani che non mostrano lo stesso desiderio di integrarsi e non impiegano lo stesso livello di energia per generare prosperità”.

In seguito all’antisemitismo diffusosi e agli attacchi terroristici accaduti, come il tentato incendio doloso a Clinique e l’assassinio di quattro persone al Museo ebraico di Bruxelles nel 2014, l’immigrazione in Israele e verso altri Paesi dal Belgio è aumentata dando vita a “un esodo silenzioso”, come ha detto Joel Rubinfeld, leader della Lega belga contro l’antisemitismo.

Aliyot e vita ebraica in Belgio

Dal 2010 al 2018 in media 205 ebrei belgi all’anno hanno fatto aliya,  segnando un aumento del 54% rispetto alla media annuale di 133 immigrati in Israele dal Belgio dal 2005 al 2009, secondo i dati del governo israeliano. Generalmente più benestanti e più poliglotti delle loro controparti francesi, molti altri ebrei belgi sono invece partiti per Paesi di lingua inglese.

Oltre all’antisemitismo e al terrorismo, hanno contribuito a complicare la vita ebraica belga le leggi contro la macellazione kosher varate in due delle tre regioni del Paese, sebbene non a Bruxelles. Pensati per limitare il mercato di carne halal, i divieti danneggiano anche la produzione kasher. Ciò preoccupa anche le famiglie più laiche, che temono si possano intaccare libertà religiose come la circoncisione.

A livello personale, ha svelato Benizri, si sentirebbe “a disagio a vivere in Belgio” a meno che la sua comunità non riesca legalmente a cambiare questi divieti. Ma Benizri non ritiene che la sua comunità sia in declino: a Bruxelles ci sono circa una dozzina di sinagoghe, due scuole e una stazione radio. “Il fulcro della vita ebraica si è spostato dalla sinagoga alle attività culturali – ha sottolineato -. Abbiamo ancora un forte senso di identità ebraica. Le comunità in declino tendono a ingrigirsi, con pochi giovani membri. Non penso tuttavia che questa sia la nostra situazione”, anche se, a proposito di futuro, “nessuno ha una sfera di cristallo”.