di Paolo Castellano
L’attrice afroamericana Whoopi Goldberg ha affermato che l’odio dei nazisti verso gli ebrei non fu una questione di “razzismo” ma di “disumanità” tra bianchi. «Perché gli ebrei non sono una razza». Vero. Peccato che i nazisti la pensassero diversamente. Ma chi è sia ebreo sia “coloured” come si confronta oggi con il razzismo? Rispondono due voci della nostra Comunità
Una banalizzazione della Shoah in nome della tolleranza e dell’anti-razzismo. Uno scivolone mediatico che ha mandato in onda un’interpretazione distorta della tragedia ebraica secondo cui l’antisemitismo della Germania nazista era una manifestazione di “disumanità” dell’uomo bianco nei confronti di altri uomini bianchi. Il razzismo? Sarebbe solo quello verso i coloured, contro il white privilege, il privilegio di essere bianchi e quindi esenti da razzismo. Questa affermazione non l’ha proferita un pigro studente senza conoscenza storica, ma la popolare e pluripremiata attrice afroamericana Whoopi Goldberg. Infatti, recentemente, la star del cinema ha acceso forti polemiche da parte del mondo ebraico per aver espresso nel programma TV The View del canale americano Abc News la seguente opinione: «I nazisti hanno mentito. Non era una questione razziale. Avevano dei problemi con l’etnia, non con la razza, perché la maggior parte (dei tedeschi) era bianca e la maggior parte delle persone che i nazisti stavano attaccando era bianca. Quindi ho pensato: ‘Come possiamo dire che si tratta di motivi razziali se si combattevano l’un l’altro?’». La Abc ha sospeso la Goldberg per due settimane dalla conduzione dello talk-show The View.
Whoopi Goldberg sospesa dalla TV
Lo aveva annunciato la presidente del network Kim Godwin, definendo le sue dichiarazioni “sbagliate e offensive”. «Se da un lato Whoopi ha chiesto scusa, dall’altra le ho chiesto di prendere tempo per riflettere e imparare in merito all’impatto dei suoi commenti-, ha aggiunto Godwin sottolineando che – l’intera organizzazione di Abc News solidarizza con i nostri colleghi, amici, famigliari ebrei e con le comunità ebraiche». Dopo due settimane di sospensione, l’attrice afroamericana è tornata a fare l’opinionista a The View, ringraziando a inizio puntata chi l’aveva contattata mentre “era via”: «Ho dato ascolto a quello che mi hanno detto tutti e per questo sono grata». Tra coloro che hanno corretto le affermazioni sulla Shoah della Goldberg c’è anche Jonathan Greenblatt, presidente dell’Anti-Defamation League (ADL): «L’Olocausto ha riguardato l’annientamento sistematico del popolo ebraico da parte dei nazisti che consideravano gli ebrei una razza inferiore».
Dopo il caso Goldberg, Greenblatt ha comunicato che l’ADL avrebbe revisionato la definizione di razzismo poiché la precedente era «inefficace e quindi inaccettabile». Nel 2020, l’associazione aveva descritto il razzismo come “emarginazione e/o oppressione delle persone di colore, basata su una gerarchia razziale incentrata socialmente sui privilegi dei bianchi”. Tuttavia questa definizione è stata finalmente aggiornata perché era “troppo limitativa” in quanto “nessun individuo deve essere perseguitato, umiliato o discriminato a causa della propria identità”; ciò comprende anche i pregiudizi su fede, etnia, genere, orientamento sessuale, nazionalità e altro ancora.
Antisemitismo e razzismo: due testimonianze dalla Comunità
Sulla scia di queste considerazioni, Bet Magazine ha intervistato due persone della comunità ebraica di Milano per confrontarsi sulle delicate questioni di antisemitismo e razzismo sul colore della pelle. Come si vive in Italia nella doppia condizione, ebraica e di colore? Per Debora Peters, italiana, milanese 34enne che lavora in un’azienda di organizzazione eventi, il razzismo serpeggia negli ambienti più marginali, risparmiando chi vive in contesti più colti, evoluti, cosmopoliti. «Facciamo una premessa, io sono una ragazza giovane, di colore e di religione ebraica. Se ad esempio parli con mio padre, un uomo di colore di due generazioni precedenti alla mia, racconterebbe casi di razzismo più intensi perché ha vissuto in un’epoca storica diversa da oggi. In più, io sono nata a Milano e ho sempre frequentato scuole del centro. Tuttavia, mi sono confrontata con persone di colore che non hanno frequentato i miei stessi ambienti e mi è capitato di ascoltare osservazioni relative a dispiaceri legati a comportamenti razzisti, magari in zone periferiche o in cittadine più piccole. Personalmente ritengo che il fenomeno sia legato al grado di apertura o chiusura mentale del posto in cui vivi».
Allo stesso modo, la produttrice cinematografica Sara Parker, italiana ed ebrea milanese d’adozione, raccontando del suo lungo soggiorno negli USA, ha sottolineato il disagio provato nello specificare la propria identità a fronte di osservazioni sul colore della sua pelle. «Ho vissuto molti episodi di razzismo, nella vita quotidiana, nelle relazioni, durante i viaggi. Anche all’università di Los Angeles mi hanno detto che ‘ero americana perché nera’. Io ho spiegato però di avere anche una mamma italiana. Sui moduli, dovevo barrare una crocetta sulla casella che rappresentasse il mio ‘colore’: ero caucasica, ispanica, afroamericana o inuit? Alla fine, avendo sangue latino-americano, nero, ebreo e caucasico, mi sono rassegnata a mettermi nel piccolo quadratino ‘other’. All’ospedale di Los Angeles, una florida infermiera afroamericana mi ha chiamato sista (forma slang di sister). Io ero molto contenta, ma quando si è trattato di mettere di nuovo la crocetta sul modulo, chi ero e chi non ero, di fronte alla mia perplessità mi ha guardato stizzita, come per dire: ‘ma chi ti credi di essere? Anche tu sei nera’. La mia incertezza la offendeva».
Dunque, ci sarebbe da chiedersi che cosa ne pensino Sara Parker e Debora Peters delle frasi di Whoopi Goldberg. Se, in parte, le parole dell’attrice rappresentino la sensibilità di chi ha vissuto i pregiudizi sul colore della pelle. «Non penso che ci sia moltissimo da dire riguardo alle sue affermazioni. Mi sono stupita perché è un personaggio pubblico ed è molto apprezzata. – sottolinea Debora Peters -. Non credo ci siano differenze se parliamo di razzismo. Le sue affermazioni sono state partorite da pura ignoranza. Parlando di Shoah, è assurdo non tenere conto dell’importanza del concetto di ‘razza’ per i nazisti, visto che era il fondamento di quell’ideologia – se la vogliamo chiamare ideologia. Sicuramente le due cose (razzismo nazista e razzismo contro i neri, ndr) hanno radici storiche diverse, premesse non identiche, differenti, ma comunque si parla di razzismo sia in un caso sia nell’altro. Inoltre, ci sono anche ebrei di colore. La Shoah è stata una questione di razzismo nei confronti dell’identinità e ‘religione’ ebraica», sottolinea Debora Peters.
L’esperienza negli USA
Commento più netto quello di Sara Parker che si è domandata per quale motivo la Goldberg abbia potuto fare una “sparata” del genere pur avendo intensi rapporti con la Comunità ebraica statunitense: «Ho vissuto a lungo negli Stati Uniti, ho studiato lì. C’è assolutamente un fraintendimento sulla parola ‘race’ (in inglese razza). Di certo, sono argomenti molto delicati. Da un punto di vista genetico la razza umana secondo me è unica. E lo afferma anche quello che è stato l’assistente del genetista Luigi Luca Cavalli-Sforza, David Goldstein, il quale sostiene che il panorama genomico è in veloce cambiamento e che lo studio della genetica sta alterando le nozioni di identità ebraica e di cosa rende un popolo tale. Detto ciò, bisognerebbe sottolineare che il nome Whoopi Goldberg è un’invenzione. Il suo vero nome è Caryn Elaine Johnson. Il cognome Goldberg, che vuol dire “montagna d’oro”, si rifà ai cognomi che venivano adottati da molti ebrei tedeschi già nel corso del XVII e XVIII secolo costretti a germanizzare le proprie origini. Onestamente, per queste e altre ragioni una signora che si chiama Johnson e che si fa soprannominare Goldberg non è il mio maître à penser».
L’attrice americana ha fatto intendere che antisemitismo e razzismo siano due discriminazioni di diverso tipo. Ma è davvero così? Il pregiudizio antiebraico è forse meno percepibile, evidente e immediato rispetto all’intolleranza verso chi ha la pelle nera? «Mi state dicendo che se sei un bianco ebreo non si nota, mentre se sei un nero ti sparano in auto? Sì, può essere. E con ciò? – commenta Sara Parker – Sappiamo che ci sono ancora molti circoli e club esclusivi degli Stati Uniti, in cui fino a 10 anni fa gli ebrei non erano ammessi. Uno di questi era il Maidstone agli Hampton. Il razzismo è un fenomeno unitario, non separabile sia se si tratta di ebrei, neri o rom. Certamente, le storie, le sofferenze, le umiliazioni, le stragi patite possono distinguersi nella loro modalità e nelle atrocità. Tuttavia, quello che ha detto Whoopi Goldberg non ha senso. Nei territori nazisti c’era una discriminazione che veniva suffragata da teorie razziste ed è stata sistematizzata con lo sterminio. Nel contempo, anche gli afroamericani sono stati trattati come esseri non di pari dignità e ridotti in schiavitù per secoli.
Ricordiamoci che gli Stati Uniti sono una nazione che ha abolito la schiavitù con il 13° Emendamento nel 1865, ma poi ha applicato la segregazione razziale de facto con le famigerate Leggi Jim Crow per altri 100 anni», specifica Parker
A conti fatti, un ebreo di colore vive una “doppia esposizione” al pregiudizio; quali sono le esperienze più spiacevoli sperimentate in proposito? «Secondo me il discorso è un po’ tricky, ingannevole, perché è sicuramente vero che di primo acchito – a meno che un ebreo non abbia un segno di riconoscimento come un cognome, una kippà o un ciondolo -, vedere una persona di colore inibisce il commento antisemita – dice Peters. – Allo stesso tempo succede il contrario. Capita che qualcuno si soffermi sulla mia carnagione, con giudizio positivo o negativo, ed esprima commenti antisemiti, non immaginando che io sia di religione ebraica (“tranquilla, non ce l’ho con i neri ma con gli ebrei!”). Comunque, nel mio lavoro non mi è mai capitato di subire del razzismo: lavoro in un ambiente abbastanza giovane, dinamico e misto. Mentre fuori dal contesto lavorativo, capita la battuta stupida come ‘sei un rabbino’ o ‘la lobby ebraica’», osserva Debora Peters.
A parte i commenti di Whoopi Goldberg sulla Shoah, di recente, sul palco del Festival di Sanremo, l’attrice Lorena Cesarini ha pronunciato un monologo sul razzismo, citando il libro dello scrittore Tahar Ben Jelloun intitolato Il razzismo spiegato a mia figlia (Nave di Teseo). Dopo la sua presenza all’Ariston, Cesarini è stata insultata sul Web con simili frasi: “Non se lo merita, l’hanno chiamata lì perché è nera”. Come reagire a simili giudizi? Secondo Sara Parker non bisogna mai smettere di lottare contro gli intolleranti: «Credo che l’importante non sia percepirsi vittima. Perché si usa l’espressione ‘è stata fatta oggetto di discriminazioni o vittima di razzismo’? Oggetto? Vittima di cosa? Se tu controbatti ogni volta, se ti confronti, cessi di essere vittima, bensì soggetto pensante».