di Redazione
Da lunedì 4 novembre lo storico e docente universitario Claudio Vercelli terrà un corso settimanale online di storia contemporanea fino ai primi di giugno 2025, dalle ore 19,20 alle 20,50, organizzato dalla Fondazione Università Popolare di Torino.
Nel primo semestre accademico (ottobre 2024-gennaio 2025) saranno oggetto di studio:
1)memorie e storia: cosa sono, cosa si comunicano e scambiano reciprocamente; perché non possono essere sovrapposte ma, semmai, integrate;
2)il calendario civile della Repubblica italiana: perché è composto in un certo modo e come è cambiato dal dopoguerra ad oggi;
3)i dispositivi memorialistici adottati dall’Unione europea, dalla sua costituzione ad oggi: un’analisi dei contenuti e della loro evoluzione;
4)le memorie pubbliche della Shoah e il lascito del comunismo: perché le memoria dell’Europa dell’Est differiscono da quelle occidentali e in che cosa;
5)genocidi, vittime, oppressi e oppressori: una cartografia delle figure della scena pubblica dalla Prima guerra mondiale ad oggi.
Nel secondo semestre (febbraio 2025-giugno 2025)
6)l’età della post-testimonianza: come si lavora sul passato dopo l’ultimo testimone;
7)il problema di una corretta prospettiva: negare, banalizzare e sacralizzare come tre modi distinti di rimuovere l’inquietudine di ciò che chiamiamo con il nome di«genocidio»;
8)l’uso delle fonti: dai documenti scritti alla storia orale, dalla carta stampata al web;
Qui l’introduzione del corso:
“Il calendario civile, soprattutto quello italiano, in questi ultimi anni ha registrato un significativo incremento delle giornate dedicate alla commemorazione e alla riflessioni sui fatti storici. In immediato riflesso, soprattutto dinanzi ad eventi tragici o comunque luttuosi per l’intera collettività italiana così come mondiale, particolare attenzione viene dedicata alla memoria di coloro che ne furono vittime. Comunque protagonisti, sia pure a vario titolo. Nel nostro Paese, oltre alla festività laiche legate al calendario democratico e costituzionale (ed in particolare il 25 aprile, il 1° maggio, il 2 giugno, il 4 novembre ma non, per esempio, il 20 settembre, quando la cessazione dell’esistenza dell’allora Stato pontificio decretò l’avvenuta unificazione del territorio nazionale), si sono quindi aggiunte le solennità civili (come il Giorno del Ricordo) e le giornate celebrative nazionali ed internazionali (tra di esse il Giorno della Memoria così come la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo). In Parlamento è intenzione, da parte di alcuni esponenti politici, di dare corso alla trasformazione in solenne ricorrenza del giorno della proclamazione dell’Unità d’Italia, ovvero il 17 marzo 1861. Peraltro già da adesso quella data costituisce la Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, della bandiera e dell’inno nazionali. È quindi possibile che nel corso di questa legislatura si addivenga ad ulteriori integrazioni. Una di esse è comunque effettiva, posto che il 26 gennaio è stato proclamato Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini. La ricorrenza celebra «l’eroismo dimostrato dal Corpo d’armata alpino nella battaglia di Nikolajewka durante la seconda guerra mondiale». Vi è un rilevante particolare, in tutto ciò: la spedizione italiana in Russia stava concorrendo all’occupazione di quelle terre, in accordo alle mire imperialiste e razziste dell’alleato nazista. Insieme agli efferati crimini contro i civili, a partire dallo sterminio degli ebrei, che quell’invasione portava con sé come effetto non collaterale ma, per molti aspetti, principale. Il paradosso che il legislatore ha generato è quello di mettere in successione tre ricorrenze (il 26 e il 27 gennaio così come il 10 febbraio) che non comunicano tra di loro, venendo semmai vissute da molti secondo logiche di competizione se non di contrapposizione. La memoria non è un’essenza statica, permanente bensì materia e prodotto dell’evoluzione socioculturale. Men che meno rivendica a priori «condivisioni», «parificazioni» e «pacificazioni» obbligate. La forte politicizzazione di queste ricorrenze, quindi, invece che essere uno strumento di condivisione, sia pure critica, si trasforma in una sorta di segmentazione della cognizione del passato, dove l’intercambiabilità dei dolori e delle sofferenze subite produce l’incomprensione del contesto storico così come della specificità di ogni evento ricordato. Non di meno, la retorica del «mai più» rischia di smentirsi da sé, dinanzi al preoccupante scenario internazionale, dove ogni giorno si registra un significativo scarto tra dichiarazioni di principio e comportamenti di fatto, a partire dalla condotta di molti Stati che ledono apertamente i diritti elementari. Le vicende russo-ucraine, così come quelle israelo-palestinesi, si inscrivono in questo orizzonte problematico. Parleremo quindi di come queste ed altre questioni aperte possano essere affrontate all’interno di un percorso critico che riesca a restituire ad ognuno di noi l’idea della complessità del Novecento”.
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