di Marina Gersony
«Ebrei e palestinesi, la nostra identità mediterranea come base comune per vivere in pace in Israele». Titola così l’articolo firmato da Abraham B. Yehoshua su La Stampa di lunedì 7 ottobre, in cui lo scrittore israeliano – in passato sostenitore della soluzione dei due Stati – si dice sempre più convinto che la separazione debba concludersi una volta per tutte.
«Noi israeliani e palestinesi, non potendo far altro, stiamo procedendo verso un unico Stato – scrive il drammaturgo e accademico di Haifa –, abbiamo quindi l’urgente bisogno di trovare un’identità comune che ci aiuti a rinsaldare la nostra coesistenza. I palestinesi sono indubbiamente un popolo mediterraneo, e anche metà della popolazione ebraica di Israele proviene dalle sponde del Mare Nostrum. Se potessimo quindi, nonostante tutte le nostre divergenze, accettare un’identità con un denominatore comune, storico e geografico, questa contribuirebbe notevolmente a una futura, possibile convivenza».
Una posizione, quella dell’intellettuale sempre in prima linea nel dibattito pubblico su Israele e sull’ebraismo, che riapre la querelle fra i proponenti di una soluzione «Stato unico», «Stato binazionale» o «Due popoli-due-Stati»; una controversia che non ha mai smesso di accendere gli animi e che fa ormai parte del dibattito politico accettato da molti israeliani.
Per Yehoshua la sfida è guardare avanti, Israele dovrebbe diventare, come già dichiarato in alcune interviste, «una specie di Svizzera con i suoi cantoni, nel rispetto delle diverse identità linguistiche, religiose e nazionali». Perché rimanere ancorati al passato, secondo lo scrittore, vuol dire intrappolare due popoli. Non è dunque più tempo per guardarsi indietro in un mondo che cambia e si evolve a una velocità vertiginosa dove le sfide e le nuove realtà vanno affrontate e accolte.
In quest’ottica andrebbe letto il suo ultimo libro Il Tunnel (Einaudi, 2018), che narra il declino mentale di Zvi Luria, un ingegnere che è sempre stato affidabile e solido, punto di riferimento per famiglia e amici. È una vicenda dolorosa, intima e invalidante, quella dell’oblìo, che ci parla di un’identità individuale lesa e smarrita, ma anche possibile metafora di un’identità politica collettiva che ha perduto se stessa. Come le identità israelo-palestinesi, sembra suggerire Yehoshua, così vicine eppure cosí distanti dal trovare un modo per esistere insieme. Un tema, quello delle politiche identitarie, che riguardano tutte le società del mondo globale, non solo quella israeliana.
Nell’articolo su La Stampa, Yehoshua descrive come ha vissuto il conferimento della laurea honoris causa lo scorso 10 settembre in Scienze Filosofiche e Storiche dall’Università degli Studi di Palermo. Molte emozioni e una visione, ossia l’idea di forgiare un’identità mediterranea con base in Sicilia: «Non esiste luogo più ideale per un centro amministrativo politico, culturale ed economico della Sicilia, posizionata nel cuore del Mediterraneo. Se il governo italiano fosse disponibile a sostenere concretamente questo progetto, i Paesi arabi del Nord Africa, l’Andalusia spagnola, l’Egitto, il Libano e naturalmente Israele potrebbero trarne grandi benefici».
Conclude: «A Palermo ho conosciuto Adham Darawsha, palestinese, assessore alla Cultura del Comune. “Se riesci ad amministrare la vita culturale qui, gli ho detto, potresti fare lo stesso a Haifa o a Tel Aviv. Ma chi te lo permetterebbe?». Adham Darawsha, medico palestinese ed ex presidente della Consulta delle culture di Palermo, è cittadino italiano dal 2017, fortemente voluto dal sindaco Leoluca Orlando.
Il dibattito rimane aperto.