di Roberto Zadik
Un grande narratore, dallo stile semplice e diretto, come lo scrittore ebreo francese di origini russe, Joseph Joffo, si è spento a 87 anni, dopo una lunga malattia, lo scorso 6 dicembre dopo aver raggiunto fama internazionale nel 1973 con il suo romanzo autobiografico Un sacchetto di biglie. Egli visse una vita intensa e avventurosa e nel testo, tradotto in 18 lingue e di cui sono state vendute 28 milioni di copie nel mondo, racconta la sua infanzia tormentata dalle persecuzioni naziste nella Francia di Vichy. A ricostruirne la biografia e la personalità una lunga serie di articoli usciti su vari siti, primi fra tutti quelli francesi. Il sito di Le Monde riporta che l’autore nato a Parigi il 2 aprile 1931 da padre parrucchiere e madre violinista, visse un infanzia felice nel quartiere parigino di Montmartre immerso nella sua atmosfera bohemien e liberale fino all’occupazione nazista della Francia. Proprio in quelli anni si svolgono le trame del suo celebre romanzo che ha per protagonisti lui e suo fratello Maurice narrando la fuga, le speranze, le paure degli ebrei di allora attraverso gli occhi innocenti ma osservatori e curiosi dell’infanzia. Rincorsi dalla Gestapo, fuggirono verso la Francia del Sud, Nizza e Mentone, dove i genitori li aspettavano nella loro nuova vita. Però i nazisti poco dopo, nel 1943 arrivarono anche lì e i due vennero salvati da un prete che li procurò certificati di battesimo falsi mentre il loro papà venne arrestato e deportato a Auschwitz morendo nel lager.
Una nuova vita come parrucchiere e poi la fama letteraria
Prima di manifestare la propria vocazione letteraria, egli ereditò il mestiere paterno diventando abile parrucchiere. Sempre sul sito di “Le Monde” ricordava con orgoglio l’anno scorso in un’intervista a “Le Parisien” “ero il migliore parrucchiere di Parigi e da me venivano grandi celebrità del cinema, della musica e della politica. Da Mitterand, a Chirac, da Delon a Belmondo”. Tutto questo fino all’anno in cui a quasi 30 anni dalla Liberazione egli decise di darsi alla scrittura delle sue memorie. Gli inizi non furono semplici e il suo manoscritto venne rifiutato varie volte, ma egli non si arrese e con la sua tenacia continuò a proporsi fino a quando il suo amico Jean Claude Lattes decide di lanciarlo sul mercato. E fu un enorme successo che gli permise di diventare un difensore della tolleranza e di battersi contro l’antisemitismo. Divenuto per due volte un film, prima diretto da Jacques Doillon quando uscì il testo nel 1973 e poi ripreso l’anno scorso da Christian Duguay. Sempre le Monde, citando l’intervista da “le Parisien” sottolinea la sorpresa e l’incredulità di Joffo verso il suo trionfo letterario e umano. “Quando ho scritto questo libro pensavo semplicemente di raccontare quello che avevo vissuto ai miei figli e nipoti e questo mi permise di esorcizzare la mia esperienza” aveva dichiarato ai giornalisti.