di Redazione
Ha scritto numerosi libri sull’Olocausto, centinaia di articoli, interventi e conferenze. Venerdì 18 ottobre è scomparso in Israele, all’età di 98 anni, il professore Yehuda Bauer. Tra i più importanti storici del Novecento, i suoi pensieri e le sue parole hanno plasmato e ispirato il dibattito sulla Shoah, il negazionismo e la sfida di preservare la Memoria. Inoltre, è stato una figura chiave nella lotta contro l’antisemitismo, cambiando la narrativa dominante che descriveva gli ebrei come passivi di fronte agli eventi della Shoah, così come l’uso politico e morale della tragedia da parte di chi ha strumentalizzato il dramma del popolo ebraico.
Una vita tra storia e memoria
Yehuda Bauer non era solo uno storico, era un uomo che aveva vissuto la Storia sulla propria pelle. Se chiudiamo gli occhi e immaginiamo quel 15 marzo del 1939, possiamo vedere un giovane Yehuda, seduto su un treno con i suoi genitori, mentre abbandonano la loro Praga. «Lasciammo la città nella notte tra il 14 e il 15 marzo 1939, la notte in cui i tedeschi occuparono la Boemia e la Moravia (oggi Repubblica Ceca), tre settimane prima del mio tredicesimo compleanno», annotava il professore in uno dei suoi preziosi ricordi. Fuori, il mondo stava cambiando, l’ombra del nazismo si allungava su tutta Europa. La famiglia Bauer era tra le poche fortunate a riuscire a lasciare il Paese in fretta e furia, giusto in tempo. Destinazione? La Palestina.
Eppure, sebbene quel treno significasse salvezza, per Yehuda la vera fuga era soprattutto psicologica e mentale. Non aveva vissuto per sua grande fortuna l’orrore dei Lager, tuttavia, suo malgrado, aveva già compreso quello che si stava consumando nel cuore dell’Europa: una tragedia che in seguito avrebbe segnato profondamente la sua vita di uomo e di studioso. A soli 13 anni, si trovava di fronte alla perdita del suo mondo, del suo passato. Ma invece di lasciarsi inghiottire dal dolore, scelse di guardare avanti, di capire cosa stava accadendo al suo popolo e al mondo intero. Arrivati in Palestina, dovette adattarsi in fretta. Imparare una nuova lingua, inserirsi in una società sconosciuta e diversa, eppure non perse mai di vista il filo che lo legava alla sua storia e alle sue radici.
Fu a scuola che qualcosa in lui scattò. Rachel Krulik, la sua insegnante di storia, era capace di far vibrare le lezioni di un’energia speciale. Non erano solo fatti e date: per lei, la storia era fatta di persone, scelte morali, drammi individuali che si intrecciavano con i grandi eventi. Yehuda capì che la Storia, con la “S” maiuscola, non era solo il passato: era il presente, la responsabilità di mantenere viva la memoria di ciò che era successo e di incidere attraverso il Bene, con azioni meritevoli e un senso di responsabilità nella quotidianità.
Dopo il liceo, il giovane aveva un obiettivo chiaro: diventare storico. Ricevette una borsa di studio e partì per il Galles, dove iniziò a studiare all’Università di Cardiff. Sembrava l’inizio di una carriera promettente, eppure nel 1948, quando scoppiò la guerra tra Israele e gli Sati arabi, tornò in patria. Era una scelta difficile: Yehuda sapeva che non bastava capire la Storia, a volte bisognava farne parte. E così, dopo aver combattuto per il neonato stato di Israele, concluse i suoi studi e decise di dedicare la sua vita allo studio dell’Olocausto.
Non si trattava solo di accumulare fatti, documenti, testimonianze. Per Yehuda, studiare la Shoah significava comprendere l’anima dell’umanità, quella capacità di distruzione ma anche di resistenza. E qui stava uno dei punti più controversi delle sue teorie: la resistenza ebraica. Yehuda non accettava l’idea diffusa che gli ebrei fossero andati alla morte senza lottare. Per lui, la resistenza non era solo imbracciare un’arma. Anche un gesto piccolo, un atto di dignità in quei campi di sterminio, era una forma di ribellione contro la disumanizzazione nazista.
Gli anni passarono, e Yehuda Bauer divenne una delle voci più forti nello studio dell’Olocausto. I suoi libri, le sue conferenze, gli articoli, erano una battaglia continua contro il silenzio, i dubbi e il negazionismo. Ma la sua non era certo una missione facile. Negli anni, dovette affrontare critiche, polemiche, anche per la sua difesa di figure come Rudolf Kastner, accusato di aver nascosto importanti informazioni sugli ebrei ungheresi durante la Shoah. Bauer, però, non si piegava alle semplificazioni. Per lui, la storia era complessa, fatta di sfumature, di dettagli, al di là dei categorici bianco-e-nero o decisioni prese in momenti impossibili.
C’era poi la questione del negazionismo. Bauer sapeva che negare l’Olocausto non era solo un’inaccettabile offesa alle vittime, ma un pericolo per l’umanità stessa. Se dimentichiamo o distorciamo il passato, come possiamo evitare di ripetere gli stessi errori? Questo lo spinse a lottare, instancabilmente, per tenere viva la memoria, non solo nei libri di storia, ma nel cuore delle persone.
Verso la fine della sua vita, Yehuda non smise mai di riflettere anche sul presente. Era profondamente preoccupato per il conflitto israelo-palestinese. Nel 2003, fece una dichiarazione che lasciò molti senza parole e anche in disaccordo: disse che, se non si fosse trovata una soluzione, il conflitto avrebbe potuto sfociare in qualcosa di molto più grave e terribile. Non erano parole leggere, soprattutto da parte di uno studioso dell’Olocausto. Eppure, Yehuda non era tipo da evitare la verità, per quanto scomoda potesse essere. Capiva i rischi di un’escalation di odio, e non smise mai di chiedere un dialogo, una pace giusta.
Yehuda Bauer si è spento a 98 anni, il 18 ottobre. Una vita lunga e intensa, la sua, che lascia in eredità preziose riflessioni utili per comprendere. Se oggi possiamo ricordarlo, non è solo per i suoi studi, i suoi libri, ma per il coraggio con cui ha difeso la Memoria in un mondo che troppo spesso preferisce dimenticare.
La Fondazione Gariwo ha diffuso in Italia il pensiero di Bauer attraverso il volume Ebrei, un popolo in disaccordo (Gariwo/Cafoscarina, 2023; € 24, pagg. 512). In questi giorni successivi alla sua morte, Gariwo MAG ha proposto ai suoi lettori una selezione di brani del volume, utili a comprendere le sue idee sull’Olocausto, sulla storia e sul presente di Israele. Di seguito un breve passaggio in cui l’autore, tratteggiando una sorta di autobiografia, spiega perché ha deciso di studiare l’orrore della Shoah che potete leggere cliccando QUI.