di Aldo Baquis
Si alza alle prime luci dell’alba. Consuma una colazione spartana, circondato dai giornali del mattino. Poi scrive i testi dei discorsi che pronuncerà nel corso della giornata. Quando, di prima mattina, i funzionari della residenza del Presidente aprono i loro uffici, lui – il quasi noventenne Shimon Peres -, li attende sulla porta con impazienza per poter cominciare finalmente a svolgere le incombenze della giornata: una scatenata sarabanda di incontri, sopralluoghi, cerimonie ed eventi che in genere si conclude solo a tarda sera. Un’agenda giornaliera che stroncherebbe il più gagliardo dei quarantenni.
Chiamarlo Super-Peres – come ormai fanno gli israeliani -, è sminuirlo molto. A marzo, durante la visita dell’atletico Barack Obama a Gerusalemme, Peres è stato sempre al suo fianco: mai stanco, mai affannato, sempre proteso nel tentativo di aggiungere un pensiero in più, una osservazione, un concetto. Obama lo guardava in adorazione. Sembrava dire: “Ah, fosse Lui il primo ministro di Israele…’’. La capacità di reazione del Capo dello Stato, nato in un villaggio della Polonia degli anni Venti del secolo scorso, sono oggi fulminee come gli aggiornamenti dei siti web. Da Washington, un esponente della Lega Araba fa sapere che l’iniziativa di pace saudita del 2002 è ancora valida ? Mezz’ora dopo la residenza del Capo dello Stato è la prima a felicitarsi. Giorgio Napolitano viene rieletto presidente in Italia? Enrico Letta viene nominato Presidente del Consiglio ? Chi è il primo leader straniero in arrivo ? Appunto, Super-Peres, che per tre giorni sfreccerà infaticabile fra Roma, Vaticano ed Assisi. In questi giorni – malgrado i problemi evidenti di Israele con la Siria, con il Libano, con i palestinesi, con l’Iran e con l’Egitto -, Peres sprizza ottimismo da tutti i pori e guarda al futuro con radiosa fiducia. Il mese prossimo pubblicherà un libro, Danzare col futuro, scritto a quattro mani con Jacques Attali, l’ex consigliere-eminenza-grigia di Francois Mitterrand. Nell’aria, scrive Peres, si avverte una rivoluzione globale che renderà obsoleto il modello dello Stato nazionale. Uno dei precursori di questo epocale sommovimento è Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, scrive.«A 28 anni, senza aver letto nemmeno una riga di Karl Marx, ha compiuto la più grande rivoluzione sociale dall’epoca di Lenin senza uccidere nessuno…».
Nelle interviste rilasciate ad aprile in occasione di Yom haHazmaut, l’Indipendenza di Israele, Peres si è lanciato con entusiasmo nella descrizione del suo “Mondo Nuovo” dominato da società multinazionali che avranno sconfitto il razzismo e le rivalità nazionali, che si baseranno sul potenziamento dell’individuo, sulle innovazioni tecnologiche e scientifiche. Dalla residenza ufficiale di Gerusalemme, a due passi dai luoghi sacri e dal deserto della Giudea, Peres ha assunto quasi le vesti di un profeta quando ha stabilito che la nuova frontiera da esplorare è adesso il cervello. «È lo strumento più stupefacente della natura. Questa piccola scatola contiene 360 mila metri di nodi e 20 miliardi di neuroni, grandi un centesimo di un capello. Se comprenderemo come funziona, potremo scegliere fra felicità e mestizia, fra moderazione e estremismo… Il prossimo decennio – ne è certo -, sarà il decennio della ricerca del cervello, sarà il più rivoluzionario nella storia dell’uomo». Alcune settimane fa ha assistito a un esperimento in cui – mediante impulsi cerebrali – sono state mosse le dita artificiali di una protesi: «Stupefacente ! Strabiliante!», ha esclamato.
La prova concreta della fondatezza delle sue tesi è appunto lo Stato di Israele. «All’inizio, qua non avevamo nulla: una terra avara, deludente. Paludi mefitiche al nord, deserto al sud. Due laghi, di cui uno morto e l’altro problematico. Un fiume, il Giordano, molto celebre ma con pochissima acqua. Niente risorse… E noi avremmo avuto un giorno la migliore agricoltura al mondo, contro natura?». Impossibile, sulla carta. Eppure è accaduto: «Questa è una Terra plasmata da uomini».
Ma l’importante, ha detto il Presidente-Profeta ai connazionali, è non essere mai compiaciuti di se stessi, cercare sempre di migliorarsi. In due parole? «Vorrei che fossimo antichi come i Dieci Comandamenti, e proiettati verso il futuro come la ricerca sul cervello».
E se ne parlerà indubbiamente a giugno nella quinta edizione della Conferenza Presidenziale – Facing Tomorrow 2013. Vi prenderanno parte 5 mila ospiti da tutto il mondo fra cui alcuni premi Nobel, nonché gli ex presidenti Bill Clinton, Mikhail Gorbaciov e l’ex premier Tony Blair. Facing Tomorrow esaminerà le prospettive del futuro in campi diversi fra cui la geopolitica, l’economia, la società, l’ambiente, la cultura e i nuovi media. All’inizio di maggio, il fisico britannico Stephen Hawking ha fatto sapere di aver rinunciato a partecipare a quell’evento. Una versione edulcorata adduce motivi di salute. Un’altra, riferita dalla stampa britannica, sostiene invece che le ragioni sono di carattere politico. Hawking, è stato affermato, vuole boicottare Israele perché indignato per il suo comportamento verso i palestinesi.
La direzione della “Conferenza presidenziale” ha reagito parlando di oltraggio. Questo boicottaggio, ha affermato, è “ingiustificato e sbagliato” anche perché, come nel caso di Hawking, giunge da uno scienziato “la cui missione umana ed accademica dovrebbe basarsi sullo spirito di libertà”. Altre critiche ad Hawking sono giunte da Shurat ha-Din, un gruppo locale di opinione, secondo cui l’intero sistema di comunicazione del computer usato da Hawking gira su un chip creato in Israele. Fin dal 1997 il sistema di base del computer di Hawking è stato sponsorizzato e fornito da Intel: il suo ultimo apparecchio si regge su un processore Intel Core i7, la cui architettura è stata disegnata da un team israeliano che ancora prima ha realizzato il processore Pentium M. Quella M – ha spiegato il gruppo -, sta per ‘Merom’ che in ebraico significa “il più alto livello dell’esistenza o il livello del paradiso’’, ed è un nome scelto dal team che lavora a Haifa in Israele. Se Hawking vuole boicottare Israele – argomenta il gruppo – che cominci dal suo stesso computer.
Polemiche che non angustiano più di tanto Peres, che è impegnato fin sopra i capelli negli ultimi ritocchi della “Conferenza presidenziale” concepita come un balcone che da Gerusalemme si affaccerà sugli scenari scientifici del XXI secolo. Tanto più i nemici di Israele si affannano a rappresentare Israele come una Sparta, tanto Super-Peres è proteso a dimostrare che, all’opposto, Gerusalemme vuole semmai essere una nuova Atene.