di Roberto Zadik
Dopo la sua morte avvenuta a 76 anni, lo scorso 16 agosto, sulla favolosa Aretha Franklin è stato scritto di tutto. Ma non si sapeva nulla, del suo rapporto stretto e affiatato con musicisti e produttori ebrei. Ebbene, il sito Forward.com svela questo lato inedito in un interessante articolo recentemente pubblicato su questo tema finora sconosciuto.
Fra i tanti aneddoti raccontati nel testo, la storia riguardante la canzone “Respect” uno dei più grandi successi della vocalist afroamericana. Scritta dal grande cantautore Otis Redding, quello di “Dock of the bay”, fu il produttore ebreo americano Jerry Wexler, suo amico e punto di riferimento di un’altra star come Ray Charles, a indirizzarla verso l’interpretazione di questo brano. Successivamente esso ebbe una tale risonanza da ispirare nientemeno che un importante rabbino come Rav Michael Broyde, docente universitario e autorevole membro del Beth Din degli Stati Uniti che tenne un discorso sul rispetto fra padre e figlio stimolato dal testo di questa canzone.
Wexler, Bacharach, Wasserstein e gli altri
Tornando a Wexler, questo personaggio, newyorchese di origini polacco-tedesche e definito “il Re ebreo della musica black” ebbe un ruolo determinante nella carriera della Franklin, dandole preziosi consigli, identificandosi empaticamente nella condizione degli afroamericani e scrivendo il titolo di un altro classico della Franklin “You make me feel like a Natural Woman”.
Sempre in tema di mondo ebraico, molto importante collaborazione fu quella con il geniale compositore Burt Bacharach per la bellissima “Say a little prayer” sempre su indicazione di Wexler. L’articolo racconta della sorella di Aretha, Erma, che lavorò con due compositori ebrei molto dotati come Jerry Ragovoy, di origine ungherese e Bert Berns, russo, per una prima incisione della bellissima “Piece of my heart”, scritta da loro e che poi però venne cantata dalla grande Janis Joplin diventando una delle sue canzoni più acclamate.
Proseguendo in questa lista di collaborazioni “ebraiche” di Aretha, non si possono dimenticare gli autori di capolavori cantati da Elvis Presley – come “Hound dog” -, Jerry Leiber e Mike Stoller che con la Franklin misero a segno un’altra straordinaria canzone come “Spanish Harlem” del 1971.
Col passare degli anni questa artista influenzò diversi personaggi ebrei dello show business come la commediografa Wendy Wasserstein nel lavoro “Una Figlia Americana” del 1996 dove l’artista viene citata diverse volte dai personaggi dell’opera. Musicista sensibile, carismatica e ribelle, refrattaria a qualunque etichetta, Aretha Franklin venne molto sostenuta e incoraggiata da questi personaggi ebrei conosciuti nel suo lungo e glorioso percorso artistico.
Da ricordare poi il suo arrivo in Europa organizzato da David Zard, il produttore musicale ebreo libico morto nel gennaio di quest’ano. In questa intervista esclusiva a Mosaico, Zard ricordava come, arrivato a Roma, contattò l’impresario di Aretha Franklin che gli affidò l’organizzazione del suo tour europeo.
Molto interessata al lato spirituale, nelle sue interviste, non amava definire la propria musica, come racconta il suo biografo Mark Bego e nel 1970 su Jet Magazine l’artista disse: “Non è interessante definirsi ebreo, nero o italiano ma essere vivi e esprimersi. Non devi essere nero per avere un’anima”.
(Fonte foto: Billboard)