Squadra olimpica olandese, con cinque atleti ebrei

Gli atleti ebrei prima della Shoah: una mostra virtuale dello Yad Vashem

Personaggi e Storie

di Nathan Greppi
Prima della Seconda Guerra Mondiale, furono molti gli atleti ebrei in Europa che si distinsero in varie discipline; ma in seguito alcuni di loro dovettero fuggire all’estero durante la Shoah, mentre tanti altri morirono nei campi di sterminio: è stato il caso, ad esempio, di Estella Agsteribbe, ginnasta olandese che alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928 vinse la medaglia d’oro, che purtroppo nel 1943 fu uccisa ad Auschwitz assieme ai due figli.

In occasione delle Olimpiadi di Tokyo, l’Istituto Yad Vashem ha allestito una mostra virtuale intitolata Jews and Sports Before the Holocaust: A Visual Retrospective, dove si possono scoprire le storie di diversi grandi atleti suddivisi per disciplina, attraverso loro foto e articoli che raccontano le loro vite e le competizioni alle quali presero parte. In totale ci sono 13 sezioni sugli atleti più una con foto degli oggetti a loro appartenuti (racchette, tute, coppe, ecc.).

“Per generazioni, atleti ebrei hanno gareggiato in diversi eventi sportivi, e alcuni di loro hanno anche vinto delle medaglie olimpiche,” ha dichiarato Dana Porath, direttrice della comunicazione digitale dello Yad Vashem. “Gli atleti ebrei che si stanno recando a Tokyo per partecipare ai Giochi Olimpici sono solo gli ultimi di una lunga tradizione”.

La squadra di calcio in cui giocò Julius Hirsch (secondo in basso a sinistra)
                            Una delle squadre di calcio in cui giocò Julius Hirsch (secondo in basso a sinistra)

Stessa sorte della Agsteribbe è toccata ai cugini Gustav e Alfred Flatow, ginnasti che hanno rappresentato la Germania alle Olimpiadi di Atene del 1896 vincendo il primo due medaglie d’oro, e il secondo tre d’oro e una d’argento. Non mancano poi le storie di calciatori: nel primo ventennio del ‘900, Julius Hirsch fu centrocampista sia per le squadre di Karlsruher e Greuther Furth, che per la nazionale tedesca; tuttavia, nel 1943 venne deportato ad Auschwitz, dove morì. Non si trovano italiani o persone che hanno vissuto in Italia, nonostante negli ultimi anni da noi sia stata spesso commemorata la figura di Arpad Weisz, allenatore ungherese dell’Inter e del Bologna, anch’egli morto nel campo nazista in Polonia.

Non ci sono atleti italiani, ma in compenso si trovano informazioni su un paio di profughi che hanno transitato per l’Italia e che dopo la guerra si sono recati nella Palestina Mandataria: una era Regina Zimet, una bambina di 7 anni iscritta al circolo Maccabi di Lipsia, che con la sua famiglia sconfinò in Italia e da qui si recò a Bengasi. Ma quando, nel 1940, l’Italia entrò in guerra, vennero riportati in Italia e internati nel campo di concentramento di Ferramonti, dove riuscirono a sopravvivere e vennero nascosti per il resto della guerra a San Bello, frazione di Sorbegno (provincia di Sondrio). Un altro caso è quello di Shimon Schmorak, un medico di Varsavia con l’hobby del tennis, che durante la guerra lasciò la Polonia per Trieste, da dove nel maggio 1940 partì per la Palestina.

Oltre alla mostra in questione lo Yad Vashem ne ha allestita un’altra in rete, The Game of Their Lives, che parla di una decina di atleti non ebrei riconosciuti come Giusti tra le Nazioni per averne salvati durante la Shoah. E qui il caso più importante è senza dubbio quello del ciclista italiano Gino Bartali.

(Foto in alto: nazionale di ginnastica olandese alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928, con 6 ebrei: 5 atlete e l’allenatore. Fonte: Yad Vashem)