Post su Tik Tok di Lily Ebert

Lily Ebert, 97 anni, racconta Auschwitz su Tik Tok con 1, 2 milioni di follower

Personaggi e Storie

di Ilaria Ester Ramazzotti
“No, ad Auschwitz non c’erano i fiori. Ma una cosa è sicura. Se ci fossero stati dei fiori, li avremmo mangiati”. Così Lily Ebert, 97 anni, risponde a una domanda che le fanno su Tik Tok. Da quando ha aperto il suo profilo, l’anziana signora inglese di origine ungherese ha raggiunto il milione e 200 mila follower. Instancabile, posta video di testimonianza sulla deportazione e comunica con il giovanissimo pubblico che anima il noto social network. Il suo caso è salito alle cronache della stampa britannica e internazionale.

Proprio di recente avevano fatto notizia gli insulti da lei ricevuti dopo avere postato un augurio di Shabbat Shalom su Tik Tok.

Tutto è iniziato quando il bisnipote di Lily Ebert, il diciassettenne Dov Forman, ha trovato negli album di famiglia la foto di una vecchia banconota con la scritta: “L’inizio di una nuova vita. Buona fortuna e felicità”. A scriverla era stato un soldato americano incontrato dalla bisnonna dopo la liberazione. “Quel soldato è stato il primo essere umano ad essere gentile con noi – ha spiegato online la signora -. Era la prima volta, dopo quella esperienza terribile, che qualcuno si mostrava gentile e voleva darci una mano”. Condivisa su Twitter dal pronipote, l’immagine della banconota ha ottenuto oltre un milione di visualizzazioni, riuscendo a raggiungere la famiglia di quel soldato gentile e misterioso, oggi identificato come Hyman Schulman, morto nel 2013. Una seconda foto della nonna guarita dal Covid, condivisa sempre dal pronipote Dov su Twitter, ha invece registrato milioni di visualizzazioni. Da allora è nata l’idea di aprire un profilo su Tik Tok, dove Lily Ebert ha scelto di condivide con i giovanissimi la sua testimonianza di sopravvissuta alla Shoah e al lager di Auschwitz. 

Era arrivata nel campo di sterminio nel 1944, insieme alla sua famiglia, nel corso delle deportazioni degli ebrei ungheresi. La madre Nina, il fratello Bela e la sorella minore Berta sono morti nelle camere a gas subito dopo l’ingresso nel lager, mentre Lily e le sorelle più giovani Renee e Piri hanno prima lavorato nel campo per poi essere trasferite in una fabbrica di munizioni vicino Lipsia, in Germania, dove sono state liberate dalle forze alleate nel 1945. Un altro fratello, Imre, con cui si è riunita nel 1953 trasferendosi in Israele, è sopravvissuto alla Shoah. “Ci hanno disumanizzati. Eravamo costretti a lavorare per lunghe, estenuanti ore, privati del cibo e del sonno – ha scritto la donna -. Ho promesso a me stessa che se miracolosamente fossi sopravvissuta, avrei raccontato al mondo cosa accadeva lì”.

Sono tante le domande che le fanno ragazzi e ragazze, soprattutto su aspetti quotidiani legati alla sopravvivenza e alle condizioni nel campo. Come si dormiva, che lavori si facevano, che cosa succedeva ai bambini. Emergono così ricordi e dettagli indelebili, ma anche espressioni su suoni e odori che raccontano quello che le parole non riescono. “C’era quel fumo terribile e quell’odore terribile”. “È stato terribile, oggi a distanza di oltre 75 anni fa male anche solo a parlarne”. Ma Lily Ebert ha mantenuto la sua promessa. In Inghilterra, dove abita dal 1967, è un’attiva testimone della Shoah e nei mesi del lockdown ha partecipato a numerosi incontri su Zoom. Il prossimo mese di settembre sarà pubblicato il libro di memorie scritto a quattro mani insieme al pronipote Dov Forman, Lily’s Promise