di Redazione
Da grande attrice, con i riflettori ancora accesi sui suoi 100 anni, esce di scena Franca Valeri. Raccolti gli auguri e gli applausi, i meritatissimi riconoscimenti e attestati di affetto e stima; icona di ironia, intelligenza e passione per l’arte dello spettacolo in tutte le sue forme e varianti, Franca Norsa, in arte Valeri, lascia al suo pubblico un repertorio straordinario.
La ricordiamo riproponendo l’articolo che le abbiamo dedicato per il suo centesimo compleanno.
di Ilaria Ester Ramazzotti
“Mi ribello all’affermazione corrente che sia un dono di natura. La comicità è un lavoro di cervello”. A scriverlo è Franca Valeri, classe 1920, poliedrica attrice e sceneggiatrice che il prossimo 31 luglio celebrerà il suo centesimo compleanno. Romana d’adozione, nasce e cresce a Milano in una famiglia borghese, fra lezioni di francese e serate alla Scala. Il padre è l’ingegner Luigi Norsa, ebreo di origini mantovane, e la madre è Cecilia Valagotti, cattolica.
Nota al pubblico nei panni della Signorina snob e in quelli della Signora Cecioni, Franca Valeri, all’anagrafe Franca Maria Norsa, attraversa con sottile ironia le scene dalla televisione, del cinema e del teatro insieme ai decenni della storia recente del nostro Paese. Non di meno, intraprende una carriera come regista di opere liriche e autrice di libri, fra cui Non bugiarda, reticente, l’autobiografia edita da Giulio Einaudi nel 2010, in cui “spacca i ricordi come noci, raccontandoci gli spigoli del suo Novecento”.
Per lei, il ‘secolo breve’ precipita nel buio con la pubblicazione delle leggi razziali nel 1938, durante gli anni del liceo. “Il momento più brutto della mia vita fu assistere al pianto di mio padre quando lo lesse sul giornale” dice al Corriere della Sera. Poi, lo scoppio della guerra, l’8 settembre, la fuga in Svizzera del padre e del fratello Giulio. Lei si nasconde con la madre in Brianza e poi di nuovo a Milano. Prima in un palazzo bombardato di via Mozart e dopo a casa di amici. A proteggerla, c’è solo una carta d’identità falsa rilasciata da un impiegato dell’anagrafe del capoluogo. Un giorno vuole tornare in via Mozart, a vedere i suoi gatti. Uno sguardo e un’intuizione veloci la salvano dal peggio: il cancello è rimasto stranamente aperto e capisce che è meglio andare via. Poco dopo, dei nazisti escono con un gruppo di prigionieri fra cui una sposina ebrea che non ritornerà mai più.
Dopo la liberazione, il 29 aprile ’45, Franca va a vedere Mussolini e i fascisti appesi in piazzale Loreto. “Mia mamma era disperata a sapermi in giro da sola. In quei giorni a Milano si sparava ancora per strada – ricorda ancora al Corriere -. Ma io volevo vedere se il duce era morto davvero”. Per lui “nessuna pietà. Ora è comodo giudicare a distanza. Bisogna averle vissute, le cose. E noi avevamo sofferto troppo”. “Per me la giovinezza incominciò il 25 aprile – prosegue -: una giovinezza tardiva. Ma è stata bella. In quell’Italia tutto pareva possibile”.
Ed è così. Fra gli anni Quaranta e Cinquanta fa l’attrice teatrale nella compagnia del Teatro dei Gobbi, a Milano e Parigi, insieme all’attore e regista Vittorio Caprioli, che sposerà nel 1960 in una chiesa di Bordighera. Approda al grande cinema italiano fra i personaggi di Luci del Varietà, realizzato da Federico Fellini con Alberto Lattuada. Seguiranno parti nelle commedie Totò a colori, Piccola posta, Il segno di Venere, Il bigamo, Arrangiatevi, Il vedovo, nelle quali recita accanto a Alberto Sordi, Totò, Sophia Loren, Vittorio De Sica. Successivamente, negli anni Novanta, lavora insieme a Gino Bramieri e Nino Manfredi. Divorziata nel 1974, rimarrà poi sentimentalmente legata al direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi fino alla sua morte nel 1995. Numerosissime le sue partecipazioni a spettacoli e serie televisivi, film, eventi teatrali dei quali scrive da sé le sceneggiature. Fra i suoi libri ricordiamo, fra gli altri, Il secolo della Noia (2019), La vacanza dei superstiti (2016), Il cambio dei cavalli (2014).
Icona di stile, infaticabile, con la sua caratteristica comicità al femminile traccia un segno inconfondibile sulle scene dello spettacolo italiano. Nel 2001 riceve la Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte, nel 2010 l’Università degli Studi di Milano le conferisce la laurea ad honorem in Lettere e nel 2011 è insignita Dama di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Nel 2020 riceve il David di Donatello Speciale. “Sono felice di ricevere questo premio, e ringrazio chi ha pensato di darlo a me: i riconoscimenti fanno piacere, inutile negarlo – spiega a iO Donna -. Però l’unica conferma che ho sempre trovato rassicurante nella mia vita è la risata del pubblico: non c’è nulla di più esaltante”.