Alla fine degli anni ’50 il governo italiano si accordò con il governo di Bonn per “insabbiare” la strage delle Fosse Ardeatine. E’ questa la notizia diffusa qualche giorno fa da Der Spiegel e ripresa dai nostri quotidiani, in seguito alla pubblicazione di un articolo dello storico tedesco Felix Bohr sul portale di storia www.europa.clio-online.de
Bohr ha scoperto presso l’Archivio politico dell’Auswaertiges Amt (AA), il ministero degli Esteri tedesco documenti che testimoniano come sul finire degli anni ’50 il governo italiano decise deliberatamente di non procedere al processo dei responsabili delle Fosse Ardeatine. Nella corrispondenza del 1959 fra l’ambasciata tedesca a Roma e il Ministero degli Esteri tedesco emerge infatti che diplomatici italiani e tedeschi lavorarono insieme per evitare che i complici di Herbert Kappler venissero chiamati a rispondere dei loro crimini davanti alla giustizia italiana.
Bohr non è nuovo a questo genere di polemiche sull’atteggiamento del governo italiano; in passato ha documentato la sistematica complicità della diplomazia di Roma con il Terzo Reich; ora porta l’attenzione sul governo di Alcide de De Gasperi.
“Non appena il primo criminale di guerra tedesco verrà consegnato, arriverà una valanga di protesta da ogni paese che richiede l’estradizione di criminali di guerra italiani”, così si leggeva in una lettera di un diplomatico italiano, secondo quanto riportato da Bohr.
Nel 1958, afferma ancora lo storico tedesco, cominciò l’eliminazione o l’archiviazione di documenti compromettenti negli uffici della giustizia militare. L’anno dopo i giudici cominciarono a indagare sulle Ardeatine e il procuratore del Tribunale Militare di Roma Massimo Tringali, scrive Bohr, visitò l’ambasciata della Repubblica federale per portare formali richieste d’indagine. Secondo l’ambasciatore Manfred Kleiber, Tringali “fece chiaramente capire che da parte italiana non c’era interesse a riportare in pubblico il problema dell’esecuzione di ostaggi e specie alle Fosse Ardeatine (…)”.
L’anno successivo, i governi di Roma e Bonn ebbero uno scambio di corrispondenza dalla quale oggi si desume che gli uffici concordarono di insabbiare il caso e di archiviare le indagini, “per generali motivi di politica interna (…)”. “Per questo – si legge ancora nell’articolo di Bohr – egli sarebbe soddisfatto se gli uffici competenti tedeschi, dopo verifiche doverose, saranno nella posizione di confermare alla Procura militare di Roma che nessuno degli indagati è più in vita oppure che risultano non rintracciabili, oppure non identificabili per imprecisa trascrizione del loro nome”. Altrimenti, fu detto da parte italiana ai tedeschi, Bonn sarebbe stata libera di dire “di non poter fornire le richieste informazioni”.
L’ambasciatore Klaiber, con un passato nazista alle spalle, inviando a Bonn le richieste italiane, appoggiò personalmente la “comprensibile richiesta italiana” di una “replica se possibile negativa”. Agli Esteri il messaggio fu ricevuto da Hans Gawlik, ex-nazista e difensore di molti criminali nazisti al processo di Norimberga, che si adeguò al consiglio di Klaiber. Numerosi responsabili dell’eccidio della Ardeatine alla fine risultarono irreperibili.
Il governo italiano, secondo ‘Der Spiegel’, adottò questa linea per non ridare vigore alla memoria della Resistenza che ne avrebbe fatto un elemento di strumentalizzazione e propaganda comunista e anti-democristiana.