di Nathan Greppi
La banca svizzera Credit Suisse (nella foto il quartier generale a Zurigo), finita recentemente al centro dei riflettori per una pesante crisi che l’ha investita, avrebbe ostacolato un’indagine interna durata anni sui conti che hanno tenuto di figure legate alla Germania nazista. Un’accusa fatta tempo addietro dal Centro Simon Wiesenthal, secondo il quale diversi nazisti fuggiti dopo la guerra vi avrebbero depositato beni rubati agli ebrei.
Secondo il Jerusalem Post, l’accusa sarebbe stata rivolta alla società svizzera martedì 18 aprile dalla Commissione per il Budget del Senato americano. Chuck Grassley, senatore repubblicano, ha dichiarato che “le informazioni che abbiamo ottenuto dimostrano che la banca ha adottato una visuale rigida e ristretta, e si è rifiutata di seguire gli indizi emersi nel corso delle ricerche”.
In un comunicato ufficiale, la Credit Suisse ha respinto le accuse, dichiarando che non ci sarebbero prove a dimostrare che le accuse siano fondate. Tuttavia, i senatori americani hanno affermato che c’è ancora molto lavoro davanti per fare luce sulla questione.
Negli anni ’30 e ‘40, la Credit Suisse era in affari con il Terzo Reich, al quale era legata in particolare da una compravendita di oro e nel depositare beni rubati agli ebrei. Ancora nel 2020, la banca ospitava ancora diversi conti appartenenti a nazisti fuggiti in Argentina dopo la guerra.