di Michael Soncin
«Salvador Dalí era una persona di un’intelligenza, di una fantasia e di una sfacciataggine eccezionale». A raccontarlo a Mosaico Bet Magazine è Beniamino Levi, il più grande collezionista di opere di Dalí nel mondo, esperto di arte moderna riconosciuto a livello internazionale.
Proprio dal 9 luglio fino al 2 ottobre 2021, in Israele sarà possibile ammirare un’ampia parte della produzione artistica dell’artista catalano nella mostra intitolata Salvador Dalí, A Journery into Fantasy, visitabile presso la Herzliya Arena Mall vicino al Herzliya Marina, situata a 16 km a nord di Tel Aviv. L’esposizione organizzata da Hadran si avvale della collaborazione del Dalí Universe, di cui Beniamino Levi è il Presidente ed il curatore.
Illustrazioni, sculture di svariate dimensioni, manufatti in vetro, fotografie in bianco e nero, pezzi d’arredo e i Tarocchi universali: uno spettacolo di circa un centinaio di opere autentiche di uno dei personaggi più importanti del Surrealismo che il pubblico potrà vedere, compiendo un vero e proprio viaggio all’interno della mente del grande artista visionario.
Gli orologi molli di Dalí : ispirazione degli studi di Einstein?
Ideata da Dalí nel 1977, Nobiltà del Tempo è la scultura dalle imponenti dimensioni attraverso la quale ruota intorno l’intera mostra. Essa rappresenta uno dei simboli più caratteristici del panorama daliniano: il concetto del tempo, rappresentato da un orologio molle, deformato; talmente malleabile da adagiarsi sul tronco di un albero, fino a ricalcarne la forma. Parlando sempre di orologi, indimenticabile e famosissimo è il quadro intitolato La persistenza della memoria, dipinto da Dalí nel 1931, un olio su tela di appena 24×33 cm, oggi conservato presso il Museum of Modern Art di New York, dove sono raffigurati più orologi su un panorama desertico; orologi ovviamente anche qui dalle molli sembianze, quasi a dare al tempo una connotazione fluida e sfuggevole che inarrestabilmente, muta in continuazione. “L’oggetto meccanico doveva diventare il mio peggior nemico, e per quanto riguarda gli orologi, dovrebbero essere morbidi, o non essere affatto”, affermava Dalí, un uomo dalla personalità assiduamente turbata dalla scorrevolezza del tempo.
Ci sono varie ipotesi sull’ispirazione degli iconici orologi, vera e propria costante nei suoi lavori, ed una di queste concerne la Teoria della Relatività del grande scienziato ebreo tedesco Albert Einstein; sebbene Dalí stesso affermò ironicamente che non era altro che formaggio fuso che si scioglieva sotto il sole della Catalogna. La persistenza della memoria non fu l’unico quadro dal quale egli isolò l’oggetto centrale per immortalarlo in una scultura di bronzo, ricordiamo anche l’Elefante Spaziale altro lavoro visibile ad Herzliya che Levi iniziò a collezionare a partire dagli anni ’60 dopo l’incontro con l’artista spagnolo.
“Lo incitai a fare delle sculture dei suoi dipinti più noti”
Ma come venne a Dalí l’idea di trasformare in dipinti alcuni protagonisti dei suoi dipinti? Una delle scintille fu proprio l’incontro con Beniamino Levi: “Dalí è stato un pezzo importante della mia vita. L’ho conosciuto personalmente e attorno agli anni ’80 abbiamo lavorato insieme a molti progetti, incitandolo un po’ a fare delle sculture delle sue immagini, le più conosciute. Ha realizzato per me una ventina di opere scultoree che ho poi esposto negli ultimi quarant’anni in oltre cento musei in giro per il mondo”.
Beniamino Levi è una rara combinazione di un personaggio che si dipana tra l’essere al contempo grande curatore museale e grande mercante d’arte. Lungo la sua lunga e costellata carriera ha progettato oltre cento mostre nel mondo, attirando più di 12 milioni di visitatori negli ultimi trent’anni e conoscendo molti nomi celebri del mondo dell’arte tra cui Pablo Picasso, l’artista italiano Lucio Fontana e Andy Warhol, il maggior esponente della Pop Art.
Ha contribuito a diffondere la conoscenza dell’Arte Moderna Internazionale ai collezionisti in Italia, sensibilizzando anche il grande pubblico italiano. Negli anni ’60 e ’70 a Milano diresse la prestigiosa Galleria Levi in via Montenapoleone. “Negli anni ’60 nella mia galleria d’arte di Milano stavo organizzando una mostra sul surrealismo, avevo già diversi quadri di molti surrealisti ma mi mancava un Dalí. Andai a Parigi dove mi feci presentare Dalì iniziando da quel momento un rapporto con lui”. La collezione delle opere di Dalí del Dalí Universe si è continuamente evoluta nel corso del tempo: “Negli ultimi quarant’anni ho continuato ad acquistare opere che lui aveva eseguito ancora prima che io lo conoscessi”, afferma Levi.
Le surreali Dodici Tribù d’Israele
La creatività di Salvador Dalí (1904-1989) non conosceva confini, una vena artistica pulsante interpretata sotto il ruolo di pittore, scultore, scrittore, fotografo, cineasta, designer e sceneggiatore. Anche il mondo ebraico fu per lui oggetto d’ispirazione. “Ha realizzato molte grafiche, una di queste è quella delle Dodici Tribù d’Israele”, afferma Levi. Una trasposizione delle tribù, fatta di immagini sature di surrealismo, una visione che porta l’inequivocabile segno di Dalí. Tra le più esemplari da menzionare sono: La Tribu de Ruben, La Tribu de Lévi, La Tribu de Benjamin e La Tribu de Nephthali.
Nella mostra, ulteriore testimonianza del suo estro fantasioso sono i Tarocchi creati con la tecnica del collage, acquerello e gouache. Mentre continuando a parlare di Dalí scultore, il suo interesse nell’esprimersi nella tridimensionalità trova sfogo anche nell’utilizzo del vetro, un materiale che plasmandolo gli permetteva di rivelare attraverso un gioco di luci e colori, spazi a più dimensioni, densi di una natura, riflettente la vera essenza espressiva surrealista di Dalí. Ad alcune sculture in vetro collaborò con la prestigiosa vetreria francese Daum Cristallerie realizzando sculture in pasta di vetro colorato come l’Anti-Fleur, Cyclope e Oeil de Pâques.
La Menorah all’aeroporto di Tel Aviv? È un Dalí donato da Levi
Forse non tutti sanno che la grande Menorah che passa davanti allo sguardo di milioni di turisti all’aeroporto di Tel Aviv è una scultura di Dalí. “È una copia autentica che ho dato io stesso all’aeroporto”, dice Levi, “per originale – continua – nelle sculture esiste una legge che determina come originale le opere realizzate in 12 esemplari e quella è una delle 12”.
Si comprende che Dalí è stato senza ombra di dubbio un artista poliedrico, “dipingere è una parte infinitamente piccola delle mia personalità”, affermava. “È forse con Dalí che per la prima volta sono state spalancate le finestre della mente”, diceva di lui il poeta surrealista Paul Eluard.
“Ho ricevuto un’educazione permeata di ebraismo”
Durante la conversazione con Mosaico Bet Magazine, il signor Levi, oltre a parlarci di Dalí e della sua professione nel mondo dell’arte, racconta volentieri anche del suo passato: “Mio padre è morto quando avevo sei anni, mia madre era una donna molto religiosa e molto attiva nella Comunità Ebraica di Milano, ricevetti da lei un’educazione fortemente permeata dei principi ebraici”.
Come tanti ebrei di quel tempo anche Beniamino Levi e la sua famiglia dovette fare i conti con l’antisemitismo scoppiato in Italia durante il nazifascismo. “Prima ancora dell’uscita delle leggi razziali in Italia, mia madre aveva ospitato a Milano degli ebrei che scappavano dall’Austria e dalla Germania. Li nascose per cercare di salvarli. Successivamente quando il pericolo anche in Italia diventò più grave siamo dovuti fuggire via tutti. Dopo varie vicissitudini, nascondendoci nei luoghi più svariati, siamo riusciti a salvarci entrando in Svizzera”.
(Foto delle sculture e di Beniamino Levi: copyright © Art Investment Partners SL)