di David Zebuloni
L‘attualizzazione della Memoria, senza il suo snaturamento, è forse la sfida più complessa ed impellente della nuova generazione. Se in passato bastava raccontare le atrocità della Seconda Guerra Mondiale e la tragicità delle persecuzioni naziste, oggi il racconto fine a se stesso pare non bastare più. Già a metà del novecento, il sociologo Marshall McLuhan aveva divulgato una teoria tanto semplice quanto memorabile: il medium è il messaggio. Ovvero, non basta curare i contenuti del proprio messaggio, ma bisogna anche curarne la modalità di trasmissione. O in altre parole, non basta fare attenzione a ciò che si dice, ma bisogna anche prendere in considerazione il mezzo attraverso il quale le parole arrivano all’ascoltatore. Nel 2022, dunque, la profezia di McLuhan sembra avverarsi appieno. Oggi, il racconto dei testimoni oculari al nefasto nazista, infatti, necessita sempre più di un filtro che lo permetta di arrivare ai millenials.
Il filtro di TikTok, per esempio, che in Israele nell’ultimo anno ha permesso a molti sopravvissuti di trasmettere la propria storia ai più giovani in piccole pillole, brevi filmati dalla lunghezza di un minuto, sulla piattaforma più social del momento. Incapace di assistere ad una vera e propria testimonianza (o forse semplicemente maldisposta), la generazione Z ha chiesto ai portavoce della Memoria di adattarsi alle proprie esigenze e ha invitato gli influencer ad intermediare per loro. Avviene così l’incontro apparentemente improbabile tra Shoah e Instagram. Un incontro tra passato e presente, tra il racconto dettagliato della storia e quello approssimativo delle stories. Così attenta a questi passaggi generazionali, Liliana Segre, che da sempre si definisce nonna di chi la ascolta e oggi dimostra di esserlo davvero, non esita a convocare la corrispettiva Senatrice a Vita dei social media: Chiara Ferragni.