di Nathan Greppi
Già ad ottobre aveva fatto discutere l’annuncio della pubblicazione di Fursan al-Aqsa: The Knights of the Al-Aqsa Mosque (“I Cavalieri di Al-Aqsa”), videogioco palestinese che incita all’uccisione degli israeliani, anche perché può essere acquistato liberamente su Steam, tra le più importanti piattaforme al mondo per la vendita online di videogiochi. Gli ideatori del gioco sono stati recentemente denunciati dalle Associazioni Italia-Israele di Asti, Savona e Reggio Calabria, per “atti di violenza con finalità di terrorismo, apologia di delitti aggravata dall’utilizzo di strumenti informatici, ed istigazione alla violenza per motivi razziali”, con l’aggravante, così si legge nella denuncia presentata presso la procura di Asti, “dell‘apologia della Shoah.”
Il gioco è stato sviluppato principalmente da Nidal Nijm, brasiliano di 37 anni figlio di un ex-miliziano di Al Fatah fuggito in Sudamerica dopo la Guerra in Libano del 1982. Il protagonista del gioco, Ahmed Al-Falastini, è un giovane palestinese che dopo essere stato incarcerato in Israele si unisce all’organizzazione paramilitare “Cavalieri di Al-Aqsa”, per “combattere il nemico sionista” stando al comunicato degli sviluppatori. Il lancio è avvenuto nel dicembre 2021.
In un’intervista all’agenzia di stampa Quds Press, Nijm aveva dichiarato di non avere nulla contro gli ebrei, aggiungendo tuttavia che sarebbe il sionismo la causa di tanto odio antiebraico nel mondo. E sebbene durante il lancio iniziale avesse detto che nel gioco non si spara sui civili ma solo sui militari, uno dei primi video promozionali istigava la violenza con slogan come questo: “Valoroso eroe! Prenditi la tua vendetta con il pugnale. Il sangue degli oppressi ti chiama. La resistenza non è terrorismo.”
Non sono mancate critiche da parte di altri lavoratori del settore: Luc Bernard, sviluppatore ebreo francese che ha creato un gioco educativo sulla Shoah, ha criticato duramente l’operato di Nijm, affermando che “se da un lato i giochi devono cimentarsi con temi attuali del mondo reale, dall’altro non devono incoraggiare la violenza.” Ha aggiunto che “in quanto creatori di videogiochi, siamo il maggiore pilastro dell’industria dell’intrattenimento, e pertanto siamo responsabili per ciò che può ispirare la violenza nel mondo reale. E non credo che questo sia il tipo di gioco che le compagnie dovrebbero promuovere.” Altrettanto indignato il Centro Simon Wiesenthal, che già a settembre aveva invocato un boicottaggio di Steam qualora quest’ultima non avesse deciso di rimuovere il gioco dalla propria piattaforma di e-commerce.